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Quesito

Gentile Padre Bellon,
Le scrissi già, per questioni di diverso carattere, un anno fa; quale suo lettore La ringrazio nuovamente di tutto cuore per la Sua attività che tanto utile è a chi, spesso come me giovane, cerca e trova autorevolezza e carità come quelle che in tanti modi Lei ci dona.
Questa mattina, prima della Santa Messa, mi trovavo a leggere il libro dell’Apocalisse, testo di cui conosco bene i rischi esegetici. Non mi hanno disturbato i luoghi di solito più problematici, però, essendo io ormai familiare con quei passaggi che in passato furono per me più critici; piuttosto, riflettevo (proprio verso l’epilogo, al capitolo 22), sull’identità dell’angelo che parla a San Giovanni. I commentari cui ho fatto riferimento danno spesso per scontato che si tratti di un essere angelico stricto sensu, il quale magari riferisce, “bocca e orecchi” del proprio Sovrano proprio come suggerirebbe il suo significato etimologico di “messaggero”, le parole di Nostro Signore (per cui dice, al verso 13: “Io sono l’Alpha e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine”).
Subito prima, però – e qui è la difficoltà testuale – l’angelo, all’atto di adorazione di San Giovanni (interessante il verbo usato qua nel testo greco), risponde: “Guardati bene dal farlo! Io sono servo con te, i tuoi fratelli […]” (v. 9).
Allo stesso tempo, però, la dichiarazione succitata (“Io sono l’Alpha e l’Omega”, appunto) sembrerebbe affermare la natura divina di chi parla.
Al netto di una considerazione complessiva del testo, sono rimasto confuso: si tratta dunque di un angelo nel modo in cui lo intendiamo modernamente, o di una epifania di Gesù? Da una parte, grazie ad una rapida riflessione si sono dissolte le ansie derivate dalla difficoltà in sé (…), allo stesso tempo però permane il dubbio originario: qual è dunque l’identità dell’angelo? Sotto quale lente va interpretato il monito di cui sopra?
Le chiedo perdono per il lungo quesito, la cui risoluzione, probabilmente, è più semplice di quanto la mia esposizione non induca a credere.
Ne approfitto per chiedere, conscio di poter su essa fare affidamento, la Sua preghiera per il cammino quaresimale appena cominciato, e Le assicuro la mia nel Santo Rosario.
Davide


Risposta del sacerdote

Caro Davide, 
1. come in altri passi dell’Apocalisse non viene determinato il soggetto che parla. Talvolta è l’angelo, talvolta è Gesù. Talvolta è anche Giovanni.
La Bibbia di Gerusalemme ad Ap 22,6 annota: “Tutto il seguito appare come un epilogo. È una specie di conversazione tra l’angelo (o Gesù) e il veggente, commento alle visioni riportate nel libro e all’uso che bisogna farne.
La maggior parte delle espressioni si trova già disseminata nel libro.
L’epilogo (vv.16-20) è chiaramente attribuito a Gesù”.

2. Più circostanziato e di più grande aiuto è il commento di Marco Sales: “Nell’epilogo (6-21) tutte le promesse dell’Apocalisse vengono solennemente confermate da un angelo (6-7), e poi da San Giovanni (8-9), e di nuovo da un angelo (10-11) e finalmente da Gesù Cristo (12-17).
I fedeli sono scongiurati di rispettare il testo del libro (18-19), e poi si ha una nuova affermazione di Gesù Cristo (20) e si chiude con un augurio a tutti i fedeli (21)”.

3. Commentando in maniera dettagliata i singoli versetti, Marco Sales prosegue: “mi disse. Anche qui (cf. Ap 19.9) non è indicato il soggetto che parla, ma dal contesto si deduce che è un angelo (v. 8), probabilmente quello che ha fatto vedere a Giovanni la Gerusalemme celeste (21,9), oppure quello menzionato al capitolo 1,1”.

4. Al v.7 “L’angelo parla a nome di Gesù Cristo, e le sue parole riassumono tutto lo scopo dell’Apocalisse, che è quello di preparare gli uomini alla venuta del Giudice divino.
Ai vv 8-9 San Giovanni attesta solennemente di essere stato testimonio delle cose scritte in questo libro”.

5. “Al v. 12 è Gesù Cristo che parla. Egli verrà presto (3,11) come Giudice supremo e renderà a ciascuno il premio o il castigo a seconda delle opere che avrà fatto (cf. 2,23).
Al v. 13 Gesù attesta di essere l’alfa e l’omega, mostrando così che egli è Dio, uguale al Padre e che perciò è in grado di mantenere le sue promesse e le sue minacce”.

6. Al v. 20: “È di nuovo Gesù Cristo che parla. Egli promette prossima la sua venuta e l’Apostolo a nome suo e di tutta la chiesa lo invita a mantenere la parola e gli dice: “Amen. Vieni, Signore Gesù”.
 La Bibbia si apre così con la creazione del mondo e termina con la glorificazione dell’umanità in Dio”.

7. “Vieni, Signore Gesù” è la traduzione della formula aramaica Maranathà, che si usava nella comunità di Gerusalemme.
Quest’invocazione viene riportata anche da San Paolo in 1 Cor 16,22 e nella Didaché 10,6.

Con questa bella invocazione, ti benedico, ti ringrazio del prezioso ricordo nella preghiera e ti assicuro la mia. 
Padre Angelo