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Caro Padre Angelo,
Le scrivo perché vorrei delle indicazioni chiare in merito ad una questione a mio parere sempre più difficile da definire nel contesto in cui viviamo: quali sono i criteri in base ai quali una persona credente e praticante può individuare l’uomo (o la donna) “giusto” da sposare, per assicurarsi un futuro felice e gradito al Signore?
Per quel che vedo, oggi la maggior parte delle persone decide di sposarsi sulla base di elementi che a me sembrano piuttosto fugaci: siamo innamorati, proviamo una forte attrazione reciproca, ci sembra che l’altro/a sia la persona giusta con la quale condividere la vita… poi spesso accade che la passione iniziale si spegne, l’amore sembra sparire, e il matrimonio finisce per naufragare miseramente o per trascinarsi stancamente nell’infelicità o nella noia.
Io penso invece che i matrimoni davvero riusciti siano quelli che prendono avvio non da una passione travolgente, ma da una relazione in cui si condividono i valori fondamentali e ci si impegna a vivere secondo la volontà di Dio.
Tuttavia mi domando: l’attrazione fisica e il desiderio istintivo dato dal cosiddetto innamoramento sono elementi necessari per una decisione importante come quella che conduce al matrimonio? Oppure ci si può sposare anche fondando la propria scelta quasi esclusivamente su criteri “razionali”, come forse si faceva maggiormente in passato?
Grazie per la sua eventuale risposta. 
Roberta


Cara Roberta,
1. l’attrazione fisica è importante per una vita di coppia.
È come la molla che fa scattare la simpatia e la frequentazione iniziale.
Oggi, giustamente, è considerata una premessa quasi insostituibile.

2. Tuttavia, a rigore, non è così indispensabile per cui, qualora non ci fosse, vizierebbe il consenso matrimoniale e lo renderebbe nullo.
In passato, e ancor oggi in alcune parti del mondo, il matrimonio era combinato dai genitori. Gli sposi davano il consenso.
L’amore e l’affiatamento tra gli sposi nasceva dopo la celebrazione delle nozze.

3. In passato il matrimonio corrispondeva proprio alla definizione che gli veniva data: “società permanente ordinata alla generazione dei figli” (societas permanens ad filios procreandos).
Oggi giustamente si dà molta importanza all’amore tra gli sposi.
Il Concilio Vaticano II, cogliendo un segno dei tempi, ha messo in risalto quest’aspetto mettendo il perfezionamento degli sposi tra gli obiettivi primari del matrimonio.
Nella Gaudium et spes si legge:“Il matrimonio è dotato di molteplici valori e fini, tutti di somma importanza (maximi momenti)per la continuità del genere umano, il progresso personale e il destino eterno di ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità, la stabilità, la pace e la prosperità della famiglia stessa e di tutta la società umana”(GS 48).

4. Tra i vari beni che i coniugi condividono e in ordine ai quali si promettono il reciproco aiuto c’è anche quello della loro vita spirituale.
Dice il Concilio: “I coniugi e i genitori cristiani, seguendo la loro propria via, devono con un amore fedele sostenersi a vicenda nella grazia” (Lumen gentium, 41) “per raggiungere la santità nella vita coniugale” (LG 11).

5. Pertanto al di sopra della simpatia e dell’attrazione vicendevole, che come sentimento può essere altalenante e qualche volta addirittura spegnersi, ci dev’essere qualcosa d’altro che tiene unita la famiglia.
E questo qualcosa d’altro è la tensione individuale e comunitaria verso la santità.

6. Il sostegno reciproco nella grazia non comporta necessariamente che si debba fare tutto insieme.
I singoli coniugi hanno anche un percorso personale, al quale non si può obbligare la comparte. Il matrimonio non annulla i gusti e le sensibilità personali.

7. Ma una cosa dev’essere ben chiara: nella coppia e nella famiglia si deve tendere ad esercitare quella maniera divina di amare che nella Sacra Scrittura ha un nome nuovo: la carità.
La, questa maniera divina di amare, “è magnanima, benevola, non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità.
Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1 Cor 13,3-7).
Si diventa santi proprio esercitando la carità, amando come ama Dio.

8. Se si tiene presente questo obiettivo il matrimonio viene fondato su solida roccia ed è difficile che possa naufragare.
Se c’è la tensione a crescere nella carità ci si accorge che tutto torna a proprio vantaggio.
Il Signore si serve anche dei limiti e dei peccati del nostro prossimo per farci crescere nel suo instancabile amore.

9. Per tenere viva la carità è indispensabile la preghiera.
All’interno di quella chiesa domestica che è il matrimonio la preghiera deve avere anche una dimensione comunitaria e familiare.
Giovanni Paolo II dice che “alla preghiera fatta in comune, marito e moglie insieme, genitori e figli insieme… il Signore Gesù promette la sua presenza: «In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,19)” (Familiaris consortio 59).
A questo ci si deve abituare e preparare già da fidanzati.

10. Non ho detto tutti i motivi su cui si basa la vita di una coppia cristiana.
Ma ho evidenziato il principale, che è poi l’obiettivo ultimo del vivere insieme.
E ho detto anche di un altro aspetto che è indispensabile per l’unità della famiglia e per la santificazione personale e comunitaria: la preghiera.

Ti auguro tutto questo e accompagno l’augurio con un ricordo al Signore e con una benedizione.
Padre Angelo