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Quesito

Caro Padre Angelo,
ho due quesiti da esporle
1) Mi è stato insegnato che chi commette peccati mortali non può fare la comunione prima di essersi confessato, e che chi si confessa deve, in primo luogo, essere pentito dei peccati che ha commesso e deve proporsi di non commetterli più. La mia domanda è, se una persona non è pentita di un’azione che ha commesso e ne è fermamente convinta, di conseguenza non può più comunicarsi?
Esempio pratico: se due persone hanno rapporti sessuali prematrimoniali (da quello che so è un peccato mortale, non so se lo siano anche i rapporti non completi), ma non sono pentite delle loro azioni, devono confessarsi sapendo che comunque non si impegneranno nel non commettere più quel peccato?
Forse il mio discorso non sta in piedi visto che il cristiano cattolico ha imparato che il rapporto sessuale in una coppia rappresenta un dono completo, gratuito e unico di sé, aperto alla vita e che quindi i rapporti prematrimoniali di conseguenza non sono altro che atti di egoismo perché non sono aperti ad accogliere una possibile nuova vita; di conseguenza la persona dovrebbe ritenere questo un peccato. Se sa che secondo la sua religione è peccato, ma non riesce a pentirsi del suo atto, deve rinunciare a comunicarsi fino a quando non si pente? Vuol dire che c’è del marcio nella sua coscienza di cristiano e che dovrebbe “farsi curare”?

2) Mi è stato insegnato inoltre che il sacramento del matrimonio deve essere responsabilmente fecondo e che quindi bisogna essere in grado di creare un ambiente ideale per il futuro nato (genitori pronti ad accoglierlo con tutte le attenzioni, ambiente circostante, ecc… ).
Supponiamo che una coppia sposata si ritrovi ad affrontare un anno di crisi e non abbia la disponibilità economica per accogliere al meglio un bambino (parliamo di casi estremi), secondo la religione cattolica la coppia dovrebbe astenersi per un anno da rapporti o dovrebbe affidarsi solamente al “metodo naturale” per controllare le nascite. Il punto è che non mi risulta un metodo tra i più affidabili quello “naturale” del quale la buona riuscita è affidata alla precisa regolarità (che in molti casi è assente) del ciclo mestruale. In questi casi l’uso di anticoncezionali come il preservativo, che impediscono il completo dono di sé, è da considerarsi peccato?
La ringrazio per la pazienza e per l’attenzione che mi presta
Cordiali saluti,
Ross


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. La confessione non è valida, anzi si compie un sacrilegio, se non c’è il dolore dei peccati e un dolore vero che impegni la persona a non più commetterli.
Si compie sacrilegio perché c’è profanazione di un bene o di una realtà sacra?
La confessione per sua natura è il segno della nostra conversione, il segno del nostro ritorno a Dio.
Ma se uno non vuole tornare al Signore, per quante volte si accosti al confessionale, anche se il sacerdote desse l’assoluzione, rimane sempre nei suoi peccati, anzi si carica di un nuovo peccato, di un sacrilegio.

2. I rapporti prematrimoniali sono un peccato grave per le ragioni che mi hai portato.
E lo sono anche i rapporti non completi, perché si tratta di atti impuri commessi con altra persona.

3. Che fare se uno si trova in peccato mortale e non è pentito?
Va ricordato anzitutto che non si richiede il dolore sensibile, come quello che capita quando ad esempio si ferisce una persona o si compie un furto. In questi casi è più facile sentire subito il rimorso della coscienza.
È sufficiente il dolore spirituale, la consapevolezza che Dio non lo vuole e che questo atto è stato causa della passione e della morte del Signore.
Inoltre poiché il pentimento soprannaturale dei peccati è un dono del Signore, bisogna domandarlo.
Dice il profeta Geremia: “Fammi ritornare e io ritornerò”
E Isaia: “Convertimi e io mi convertirò”.
A questo proposito perché non chiedere la grazia del pentimento e di un buon proposito alla Madonna dicendo prima un’Ave Maria perché si possa fare una buona confessione?
So che alcune persone prima di confessarsi fanno così. È sbagliato? Non lo credo, anzi sono convinto che sia ottima cosa.

4. Circa la seconda domanda: la procreazione deve essere responsabile, ma nel senso pieno di questa parola.
Deve essere certo responsabile nei confronti dei figli che si hanno e di quelli che si potrebbero generare.
Ma vi è anche responsabilità nel tenersi conformi alla legge di Dio.
Vi è una responsabilità anche nei confronti dell’amore coniugale, che mediante la contraccezione viene sempre contraffatto, non trattandosi di dono totale e sincero di sé.
Vi è una responsabilità anche nei confronti della propria salute. Credi che la pillola imposta alla donna per anni e anni giovi al suo corpo?
Vi è una responsabilità anche nei confronti della propria anima e del proprio rapporto con Dio: perché quegli atti ci confermino nella grazia e non ce la facciano perdere.

5. Se poi per responsabilità intendi sicurezza, l’uso corretto dei metodi naturali non ha una sicurezza inferiore della contraccezione.
Vi sono dei metodi che possono essere usati anche per le donne che hanno il ciclo irregolare. E non mi riferisco solo al metodo Billings, ma anche ad altri, che in farmacia magari, per motivi di cassetta, vengono presentati come contraccettivi, ma che in realtà non lo sono, perché servono solo a conoscere con esattezza il tempo della fertilità e dell’infertilità.
Ti voglio riportare quanto mi ha scritto una visitatrice (nel frattempo l’ho fatto conoscere a molte persone in privato): “Gli apparecchi come “Persona”, dato che, ripeto, ho cicli irregolari non fanno per me. La tecnologia fa passi da gigante anche in questo campo e, sempre per caso, ho trovato alcuni siti che commercializzano apparecchi che permettono di riconoscere il periodo  fertile della donna  da quello “naturalmente” non fertile attraverso una precisa misurazione della temperatura basale. L’attendibilità é pari a quella della “pillola”.
La mia scelta si è rivolta su un apparecchio acquistato su questo sito che segnalo: http://www.babycomp-it.org/, ma ce ne sono molti altri…
Mi permetto di suggerirvelo perché spesso questo argomento é al centro di discussioni morali e molti, per comodità o per altri motivi ma credo anche per poca pubblicità di questi apparecchi ora molto attendibili, preferiscono utilizzare metodi contraccettivi non ammessi dalla Chiesa”.

6. Per rispondere concretamente anche all’ultima domanda: “In questi casi l’uso di anticoncezionali come il preservativo, che impediscono il completo dono di sé, è da considerarsi peccato?”, la risposta è sì, perché l’immoralità dell’atto non dipende anzitutto dall’intenzione o dalle circostanze in cui uno si trova, ma dalla natura dell’atto in se stesso. Ora l’uso del preservativo è una palese distorsione del significato dell’atto, così come è stato pensato e voluto da Dio: non soltanto vanifica esplicitamente la finalità procreativa, ma falsifica il dono totale di sé, perché non avviene, anzi lo si esclude esplicitamente.

Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo