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Quesito
Caro Padre,
le trasmetto quanto segue:
Papa Gregorio X, Concilio di Lione II, 1274: “Noi definiamo anche che… **le anime di coloro che escono da questa vita in peccato mortale attuale, o solo nel peccato originale vanno subito all’inferno, ma per subire pene di diversa generi.” (Denz. 464).
La punizione del peccato originale è la privazione della visione di Dio, ma la punizione del peccato attuale sono i tormenti dell’inferno eterno.
Papa Innocenzo III (Denz. 410)
Papa Giovanni XXII dalla lettera “Nequaquam sine dolore” agli Armeni, 21 novembre 1321: Essa (la Chiesa Romana) insegna che le anime di coloro che muoiono in peccato mortale, o con il solo peccato originale, scendono immediatamente all’inferno; però da punire con pene diverse e in luoghi diversi. (Denz. 493a)
Papa Sant’Innocenzo I, nel 417, scrisse al Sinodo di Milevis, che: «L’idea che ai bambini possano essere concessi i premi della vita eterna anche senza la grazia del battesimo è assolutamente stolta» (DS 219).
Io condivido teologicamente l’idea del limbo ma sono contrario all’idea che ci sia qualcuno lì.
Dio vuole salvare tutti, e proprio i bimbi che sono privi di peccato personale, non saranno salvati dal Signore con grazia particolare?
In particolare coloro che non poterono essere battezzati, per colpa propria.
Martin
Risposta del sacerdote
Caro Martin,
1. come prima cosa devo dire che le affermazioni che tu riporti non sono all’interno di una definizione: Noi definiamo anche che…
No, queste parole non ci sono.
Non si tratta di una definizione dogmatica del concilio, ma di una professione di fede sottoscritta dall’imperatore greco Michele Paleologo, contenuta nella sua lettera Quoniam missi sunt letta alla presenza del Papa durante la sessione quarta del concilio di Lione. Siamo nel 1274.
2. Questa formula di professione di fede era già stata sottoposta alla firma dell’imperatore da Clemente IV nel 1267.
Questa formula il 1 agosto 1385 fu prescritta da Urbano VI per i greci che passavano alla Chiesa Cattolica.
Si trova nel Denzinger, che è una raccolta delle affermazioni più importanti del magistero, alcune delle quali hanno valore dogmatico.
L’edizione primitiva del Denzinger è stata successivamente ampliata da A. Schönmetzer, con una numerazione nuova e che pertanto viene indicata non semplicemente con la sigla D, ma DS.
3. Si capisce come mai non ci siano le parole: “Noi definiamo che…”.
Michele Paleologo, imperatore greco, non poteva definire nulla in materia di fede.
Poteva soltanto fare una confessione della propria fede.
4. Ma veniamo adesso nel merito delle affermazioni contenute in quella professione di fede.
Va detto anzitutto che sono esatte perché nessuno può entrare in paradiso senza essere rivestito della grazia santificante.
Ora chi muore col peccato mortale o con il solo peccato originale è privo della grazia santificante.
Gesù ha detto: “Io sono la porta delle pecore” (Gv 10,7).
È lui la porta attraverso la quale si deve passare “per entrare nella sua gloria” (Lc 24,26) e cioè nel paradiso.
In altre parole, è necessario possedere “la veste nuziale” (Mt 22,11) perché nella Gerusalemme celeste “non entrerà nulla di impuro” (Ap 21,27).
5. A questo punto sorgono due problemi:
primo, che cosa si intende con la parola inferno.
Secondo, se ci siano delle persone che muoiono con il solo peccato originale.
6. Alle nostre orecchie la parola inferno rimanda al luogo di dannazione, all’abitazione (se ci si può esprimere così) dei demoni.
Ma in passato non era questo l’esclusivo significato di tale parola.
È sufficiente far riferimento al Simbolo apostolico, che è una professione di fede di origine apostolica nella quale si diceva: “… fu crocifisso. Morì e fu sepolto. Discese all’inferno e il terzo giorno risuscitò da morte”.
7.Il Catechismo Romano del concilio di Trento commenta così le parole “discese all’inferno, il terzo giorno risuscitò da morte”:
“Ma che cosa si intende qui con il termine inferno?
Alcuni interpreti vollero farne sinonimo di sepolcro, ma l’interpretazione non regge né alla scienza né alla fede. L’articolo precedente aveva già infatti espressamente affermato che Gesù Cristo fu sepolto; non vi era quindi ragione che nella redazione del Simbolo, gli apostoli ripetessero la stessa verità con una formula più oscura.
Inferno qui significa la sede in cui erano raccolte le anime di coloro che, morti prima di Cristo, non erano saliti alla beatitudine celeste.
La Sacra Scrittura offre infiniti esempi di questo significato. San Paolo per esempio scrive: “Perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e nell’inferno” (Fil 2,10) (la traduzione della conferenza episcopale italiana scrive: “e sotto terra”, n. d. r).
Negli Atti degli apostoli Pietro afferma che Gesù Cristo risuscitò dopo aver vinto i dolori dell’inferno (cfr At 2,24 )” (la traduzione della conferenza episcopale italiana scrive: “liberandolo dai dolori della morte” n. d. r) (§ 67).
8. Per evitare l’equivoco che sorge dalla parola inferno nella traduzione attuale si dice discese agli inferi, e cioè nel regno dei morti.
In questo regno dei morti vi erano – sebbene in situazioni diverse – anzitutto quelli che si trovavano nello stato di dannazione. Questi non attendevano la redenzione di Cristo perché la respingevano.
Vi erano poi i patriarchi e i giusti dell’Antico Testamento che attendevano il Messia ed erano in stato di grazia.
Vi erano anche le anime dei bambini morti prima dell’uso di ragione e sprovvisti della grazia.
Tutti coloro che non erano dannati stavano nell’imbocco degli inferi, e cioè nella realtà chiamata limbo.
A questi andavano aggiunti quelli che si trovavano in uno stato di purificazione, quello stato che noi oggi chiamiamo purgatorio.
9. Ebbene, Gesù discese nell’inferno dove si trovavano coloro che non avevano alcun peccato mortale da rimediare.
Li ha portati con sé in paradiso. C’è da pensare che li abbia portati tutti.
E c’è da sperare che a quelli che avevano solo il peccato originale abbia dato un’illuminazione che li abbia messi in grado di accogliere la grazia e di entrare in paradiso insieme con i giusti.
10. Ciò che tu riporti da D. 410 si trova così nel suo testo originale: “Noi diciamo, operando una distinzione, che vi è un duplice peccato, quello originale e quello attuale: il peccato originale è contratto senza il consenso, e quello attuale è commesso in virtù del consenso.
Il peccato originale quindi, che è contratto senza consenso, senza il consenso viene rimesso in forza del sacramento; quello attuale invece, che è contratto in virtù del consenso, non viene sciolto in nessun modo senza il consenso…
La pena del peccato originale è la mancanza della visione di Dio, mentre la pena del peccato attuale è il tormento dell’inferno eterno” (DS 780).
11. Resta da esaminare il secondo punto, circa il quale Innocenzo I dichiara “stoltezza affermare che possano ricevere il premio della vita eterna coloro che sono senza la grazia del battesimo”.
Come si è visto, non si può entrare in paradiso senza passare attraverso “la porta delle pecore”, senza la veste nuziale, senza la grazia.
Che la grazia sia assolutamente necessaria viene ricordato da Gesù nel dialogo con Nicodemo: “In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio” (Gv 3,3) e anche dalle altre parole riportate da Papa Innocenzo: “Se non avranno mangiato la carne del figlio dell’uomo e non avranno bevuto il suo sangue non avranno in sé la vita” (Gv 6,53).
12. Rimane ancora da vedere se vi siano persone che muoiono con il solo peccato originale.
È il caso dei bambini morti senza battesimo privi dell’uso di ragione. Non hanno peccati mortali, ma solo il peccato originale che non è un peccato personale.
Oggi, partendo dal principio espresso dalla prima lettera a Timoteo che “Dio vuole salvi tutti gli uomini e che giungano alla conoscenza della verità” (1 Tm 2,4) si è inclinati a pensare che Dio, attraverso vie a lui solo note, fornisca anche a questi bambini la possibilità di essere rivestiti della grazia santificante.
Quanto afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Quanto ai bambini morti senza Battesimo, la Chiesa non può che affidarli alla misericordia di Dio, come appunto fa nel rito dei funerali per loro. Infatti, la grande misericordia di Dio che vuole salvi tutti gli uomini (cfr. 1 Tm 2,4) e la tenerezza di Gesù verso i bambini, che gli ha fatto dire: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite” (Mc 10,14), ci consentono di sperare che vi sia una via di salvezza per i bambini morti senza Battesimo.
Tanto più pressante è perciò l’invito della Chiesa a non impedire che i bambini vengano a Cristo mediante il dono del santo Battesimo” (CCC 1261).
La via di salvezza è quella per mezzo della quale dona loro la grazia santificante.
Con l’augurio che tu possa ben presto essere rivestito della veste nuziale con il sacramento del battesimo, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo