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Quesito

Caro padre,
chi era per i medievali il predicatore grazioso?
La ringrazio in anticipo e le porgo distinti saluti.
Eugenio


Risposta del sacerdote

Caro Eugenio,
1. Papa Francesco per l’ottavo centenario della morte del Santo Padre Domenico ho scritto una lettera al Maestro generale dell’Ordine intitolata “Praedicator gratiae”, predicatore di grazia.
Certamente il Santo Padre Domenico, desideroso com’era della salvezza di tutti, non aveva altro intento che portare nel cuore degli uomini la salvezza stessa, e cioè Gesù Cristo.
Ma la presenza di Gesù è legata alla grazia, che suscita la conversione del cuore e la volontà di cambiare vita perché Dio non entra in un’anima inquinata dal peccato (cfr. Sap 1,4).
Il mezzo di cui il Signore si serve ordinariamente per entrare nel cuore degli uomini è la predicazione secondo quanto lo Spirito Santo ha detto per bocca di Paolo: “La fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo” (Rm 10,17).
Di qui si evince il servizio indispensabile della predicazione e dei predicatori.

2. Per un compito così alto, che è di ordine soprannaturale, le risorse umane sono del tutto inadeguate e sproporzionate. Ciò che è di ordine naturale (come il saper parlare, l’essere dotti, l’uso delle moderne tecnologie, ecc…, che sono tutte realtà importanti) non può produrre nulla nell’ordine soprannaturale.
La conversione è un’opera talmente grande da superare la stessa creazione del cosmo perché questa è una realtà di ordine naturale e destinata prima o poi ad esaurirsi, mentre quella è di ordine soprannaturale e, proprio per questo, è eterna.
San Tommaso dice che “il bene della grazia di una sola persona è più grande del bene naturale di tutto l’universo” (Somma teologica,. I-II, 113, 9, ad 2) e che “la conversione di un peccatore è un’opera più grande della creazione del cielo della terra perché questa termina ad un bene mutevole mentre la conversione termina nel bene eterno della partecipazione della vita di Dio” (Ib., I-II, 113, 9).

3. Ebbene, perché la parola possa produrre l’effetto della conversione nostro Signore l’accompagna con una grazia particolare, come si evince da San Paolo in 1 Cor 12,8.
Si tratta di un carisma che Dio dona perché si possa parlare con efficacia.
E si parla con efficacia quando il discorso è solido, capace di rispondere alle domande dell’intelligenza, quando piace, si ascolta volentieri e suscita entusiasmo, quando è capace di piegare l’animo degli interlocutori a fare quanto si è udito.

4. Ecco in proposito quanto scrive San Tommaso: “Poiché lo Spirito Santo non fa mancare nulla di quanto giova al bene della Chiesa, così egli ha provveduto ai membri di essa anche riguardo ai loro discorsi: facendo sì che non solo parlassero in modo da poter essere compresi da genti diverse, mediante il dono delle lingue, ma anche parlassero con efficacia, mediante il carisma della parola.
E tale efficacia si esplica in tre modi.
Primo, istruendo l’intelletto dell’ascoltatore: e ciò avviene quando uno parla in modo “da insegnare” (ut doceat).
Secondo, muovendo gli affetti, così da fare ascoltare volentieri la parola di Dio: il che avviene quando uno parla in modo “da piacere” agli uditori (ut delectet).
Terzo, facendo sì che uno ami le cose che vengono espresse dalla parola, e voglia metterle in pratica: e ciò avviene quando uno parla in modo “da piegare” l’ascoltatore (ut flectat).
E per compiere tutto ciò lo Spirito Santo si serve della parola umana come di un certo strumento, ma è lui che porta a termine l’opera interiormente. Perciò San Gregorio dice: Se lo Spirito Santo non riempie il cuore degli uditori, invano risuona agli orecchi del corpo la voce dei predicatori” (Somma teologica, II-II, 177, 1).

5. Alcuni bravi oratori potrebbero acquisirle tale capacità con la loro arte. Ma “qualche volta Dio compie miracolosamente anche ciò che la natura stessa può produrre. In tal senso lo Spirito Santo con il carisma della parola compie in un modo più eccellente quanto può compiere l’arte oratoria in un grado minore” (Somma teologica, II-II, 177, 1, ad 1).
È l’esperienza fatta da San Paolo a Corinto, della quale egli stesso scrive: “La mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di umana sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza” (1 Cor 2,4).

6. Il nostro confratello G. Bedouelle osserva che “se il predicatore ha credito, se parla con autorità, se è grazioso, lo è solo per quella forza soprannaturale che lo possiede, se consente a darle corpo.
Si comprende allora perché si dedurrà questa grazia a partire dal risultato della conversione o della santificazione; e diciamo piuttosto che la si indovinerà, o che se ne avrà il presentimento” (Domenico, la grazia della parola, p. 127).
San Giuseppe Cafasso, consigliere e direttore spirituale di San Giovanni Bosco, nonché ricercato predicatore e formatore di giovani preti, diceva che la gente ascolta volentieri non tanto il predicatore che parla in modo eccellente ma quello che parla accompagnato dalla grazia della parola: “Mancassero anche altre doti oratorie, si dicessero quasi spropositi, ciò nonostante voi vi accorgereste che quella parola ha un valore segreto, nascosto, di cui non potete a meno di sentirne l’effetto; non capirete alle volte la forza di certe ragioni, o le troverete insufficienti a convincervi; ma in loro vece vi commuove quell’unzione, quel cuore che le accompagna” (Homo Dei, p. 228).

7. È vero che si tratta di una grazia gratis data, come dice San Tommaso, e quindi viene concessa indipendentemente dai meriti di una persona. Tuttavia la si può domandare e molto spesso viene data a chi presenta un terreno ben disposto.
Per questo Sant’Agostino dice: “L’oratore nostro, quando parla… non tema di attribuire piuttosto alla sua fervente preghiera che alla sua dote oratoria tutto quello che può compiere, se lo può e quanto lo può; e pregando per sé e per gli altri cui parlerà, egli sia prima mediatore che parlatore” (De Doctrina Christiana, 15,31).
Il nostro beato Umberto de Romans, quinto maestro dell’Ordine, è sulla stessa linea quando asserisce che lo sforzo umano non è efficace senza l’aiuto di Dio. Per questo afferma che “il predicatore deve, sopra ogni altra cosa, ricorrere all’orazione, perché gli venga data una parola efficace per la salvezza degli ascoltatori” (De eruditione praedicatorum, p. 398).
Se alla preghiera si aggiunge l’esemplarità del predicatore e la sua forte vita interiore, la sua predicazione inevitabilmente sgorga dal suo cuore come una preghiera e un canto che attira gli uditori verso il Signore.
Ti benedico, ti auguro ogni bene e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo