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Tra le prerogative della sapienza si annoverano l’Intelligenza e la conoscenza perfetta delle cose divine (1). Salomone, con parola ispirata, ci narra il motivo più forte che lo indusse a domandare al Signore il dono della sapienza (2) e cioè: perchè è proprietà della sapienza legare strettamente l’anima a Dio, essendo essa, sopra tutti gli altri doni, il più stimabile e prezioso. Sotto rispetti però ancora più estesi ed elevati, ma sempre in relazione a tale intimo legame tra un più perfetto tenore di vita e l’amore della sapienza, questa stessa si rende amabile alle nobili aspirazioni dei cuori cristiani, dal momento che i fedeli, per l’effusione ricevuta nei loro cuori della carità divina, sono ricolmi di tutte le ricchezze dell’intelligenza e quasi introdotti nella penetrazione della vita misteriosa di Dio Padre e del Figlio suo, Gesù Cristo, nel quale si trovano racchiusi tutti i tesori della sapienza e della scienza (3).
Da ciò deriva che quanto più uno si accosta a Dio per il dono della sapienza, tanto più la sua anima si spinge ad un grado maggiore di elevatezza spirituale. Ben a ragione, infatti, la sapienza viene chiamata maestra e guida nella conoscenza di Dio, mostrandoci essa i suoi capolavori più grandi (4). Ora, tanto più fedelmente l’uomo ritrae in sé tale divino sembiante della sapienza, quanto maggiormente si studia di modellare se stesso secondo l’esempio di vita e di azione datoci da Cristo, il quale ammoniva: Quegli sarà ritenuto veramente grande nel regno dei cieli, che avrà per primo messo in pratica quanto insegna (5).
Ed ecco che, fedele agli esempi e agli insegnamenti del Signor Nostro Gesù Cristo, Alberto Magno rifulse di gloria tutta singolare. Egli infatti, da umile frate dell’Ordine dei Predicatori, divenuto poi Maestro in Teologia, e, per un certo tempo, Vescovo di Ratisbona, apparve ai suoi contemporanei, come pure ai pastori tutti, veramente grande. E questo sempre a ragione di quell’amabile connubio, ch’Ei seppe in se stesso avverare, tra l’eccellenza della sua vita contemplativa e l’attività più vasta, illustrando l’una e l’altra coi fulgori vari e molteplici di eccezionali doti di alta speculazione dottrinale e di ampissima conoscenza in ogni campo dello scibile umano, tanto da ben meritarsi l’appellativo di Grande.
Nacque Alberto di cavalleresca famiglia a Lauingen nella Svevia, in diocesi di Augusta, sul finire del secolo dodicesimo. Si allontanò ben presto dalla patria per avviarsi allo studio, e si recò in Italia, dove si applicò in Padova agli studi liberali, alla medicina e alle scienze naturali. Quivi fu preso da singolare amore verso il nascente Ordine dei Frati Predicatori; e, dopo aver felicemente superato, per incitamento del Beato Giordano di Sassonia, allora Maestro Generale di detto Ordine ed eminentissimo predicatore, la resistenza dello zio, dette il suo nome all’Ordine e fu ascritto fra le file del Patriarca San Domenico. Non è a dire come Alberto si mostrasse, in breve, tutto sollecito del divino servizio animato da singolare devozione verso la Vergine Santissima. Dopo poco tempo, fu inviato a Colonia, perché vi terminasse gli studi di teologia. Ma Egli non interrompeva intanto quella cura assidua e vigile con la quale, «come il gigante corre veloce sulla via intrapresa», si studiava di educare l’animo ad intemerata purezza e di arricchirlo coi doni più nobili della intelligenza. Allo studio mandando innanzi una vita intensa di preghiera, ordinò così la propria attività intellettuale e tutto l’insieme della sua giornata, da rendersi idoneo a quel ministero di predicazione per la salute delle anime, che l’Istituto dei Frati Predicatori, apostolico di sua natura, richiedeva da lui, quale suo membro. Poiché egli, vigilando tra i portici della sapienza, sorpassò tanto i coetanei, che con molta facilità raggiunse il vertice di tutte le scienze secolari; e alla fonte della divina legge si dissetò così largamente nelle acque della dottrina salutare, che il suo cuore ne tutto ripieno, come di lui non dubitò di asserire il Nostro Predecessore Alessandro IV.
Ordinato Sacerdote, fu mandato come lettore a Hildengheim, a Friburgo, a Ratisbona e a Strasburgo, per effondere sugli altri la luce e i tesori della contemplazione e della scienza. Dovunque si acquistò fama straordinaria, ma specialmente nell’inclita Università di Parigi, ove tenne con sommo onore la cattedra della sacra Facoltà ed ove poi fu insignito del magistero in sacra Teologia. Quindi Alberto continuò a formare le giovani intelligenze a Colonia, ove, per volontà dei superiori, fondò e diresse uno Studio Generale del suo Ordine.
In quel tempo, fra i molti e celebri discepoli, ebbe, celeberrimo, Tommaso di Aquino, il cui nobilissimo ingegno Egli per il primo intuì ed esaltò, ed al quale per tutta la vita fu unito in intima emulazione di santità e di studio, difendendone poi, dopo morte, la purezza della dottrina, strenuamente, e celebrandone con giuste lodi l’altezza dell’ingegno.
Inoltre, mentre Alberto risplendeva in mezzo a tutti per le virtù della prudenza e della giustizia, non è sorprendente che spesso fosse scelto arbitro nelle pubbliche e private questioni e contese, le quali egli sempre compose con un senso rettissimo di equità e con una singolare destrezza e fortezza.
La sua mirabile alacrità nell’agire, congiunta al culto dell’osservanza religiosa e all’amore della perfezione cristiana, fu causa che i Frati Predicatori di Germania, riuniti in Capitolo provinciale nella città di Worms, ponendo in Lui ogni speranza, lo eleggessero con voti unanimi a Priore Provinciale.
Ben sapevano i padri capitolari che la vanità del secolo, per la forza delle cose e dei tempi, era talora insensibilmente penetrata anche tra i religiosi, di modo che era necessario, per conservarli nella perfetta vita regolare, un regime tenuto da un uomo veramente santo, di ferrea volontà, di consiglio prudente, adorno di ogni virtù. La speranza non li illuse. Alberto spiegò un’opera indefessa e feconda nell’adempiere con grande impegno l’ufficio di Priore della provincia teutonica, che si estendeva dalla Fiandra, per la Germania, fino alla Polonia e all’Ungheria; e non solo visitava spesso i conventi, ma anche celebrava Capitoli, per incitare coll’esempio e colla parola, i suoi sudditi a seguire la via della virtù e dell’osservanza regolare, imitando mirabilmente l’esempio del Divino Maestro, che cominciò ad operare e ad insegnare.
La prudenza di S. Alberto nel trattare gli affari, la sua perizia nei negoziati civili, la fama della sua santità e della sua dottrina, arrivarono fino ai Sommi Pontefici, che non dubitarono di affidargli gravi e delicati uffici.
Degno di speciale ricordo è che il Papa Alessandro IV affidasse ad Alberto ed ai suoi confratelli la valida difesa della religione cattolica e la sua propagazione tra i pagani della Livenia e della Russia. Lo stesso Papa gli commise inoltre altri incarichi nella regione del Brandeburgo.
Designato dal suo Ordine a difendere la causa dei religiosi mendicanti e i diritti della Sede Apostolica, si recò alla Corte papale, che era allora in Anagni, ed ivi, nel Concistoro, fiaccò l’impeto dei suoi avversari, e colla sua limpida dottrina entusiasmò tanto gli animi, che non solo, ubbidendo al comando del Pontefice, con una pubblica disputa dissipò gli errori degli Averroisti, ma spiegò anche con chiarezza nella scuola della Corte pontificia il Vangelo secondo S. Giovanni.
Alberto lasciò un ricordo sì grande della sua straordinaria erudizione e della sua singolarissima virtù nella stessa Curia Romana, che il medesimo Sommo Pontefice Alessandro IV, dovendo provvedere di un nuovo Pastore la chiesa di Ratisbona, che lasciava molto a desiderare nell’amministrazione spirituale e in quella temporale, scelse Alberto Magno affinché governasse e reggesse colla dottrina e coll’esempio il gregge affidatogli e rimettesse in buono stato la sede episcopale, gravata da debiti.
Anche insignito della dignità episcopale, Alberto con tanto più piacere conservò la povertà, in quanto che la stimava efficacissima a restaurare la disciplina ecclesiastica e a riformare i costumi.
Sempre attirato dall’inesausto amore dello studio e della contemplazione, il Santo Vescovo, indefesso nell’estirpare i vizi, sollecito nel riformare i costumi decaduti, prudente nel comporre le liti, diligentissimo nell’amministrare i Sacramenti, non cessò mai dallo scrivere, promovendo così la dottrina e contemporaneamente provvedendo al gregge affidatogli.
Ottenuta la rinunzia all’episcopale di Ratisbona, che aveva chiesta al Papa Urbano IV, compì, secondo il desiderio dello stesso Sommo Pontefice, con diligenza, l’opera propria, non appena fu dichiarato dall’autorità della Sede Apostolica predicatore della Crociata per la Germania e per la Boemia, allo scopo di raccogliere elemosine per la Terra Santa.
Adempiuto in modo splendido tale dovere, ritornò di nuovo alla regolare osservanza del suo Ordine e trascorse gli anni di vita che gli rimanevano ancora nel predicare, nell’insegnare e nello scrivere. In moltissime diocesi, dovunque richiesto, compì cerimonie pontificali ed altri uffici proprii del Vescovo, di modo che con faticosissimi viaggi si recò in varie nazioni, e, per motivi di religione e di pietà, visitò pure diverse città, quali Nimega, Anversa, Basilea ed altre ancora. Dopo essersi fermato a Strasburgo e a Visburgo, ritornò a Colonia, dove ormai l’attendeva l’estremo riposo. Mosso da speciale affetto per i religiosi d’ambedue i sessi, si dette ogni premura per loro, e, per ordine dei Vescovi, visitò spessissimo i loro conventi e monasteri con grande incremento della vita regolare, suscitando ovunque l’ardore della santità e gli splendori della contemplazione. Estese ancora generosamente a tutti i cristiani i devoti uffici atti a promuovere la pietà o la religione, non negando ad alcuno il suo aiuto e la sua buona parola. Né si deve tacere che Alberto visse legato di pio affetto con S. Lodovico Re di Francia.
Peraltro, sebbene Alberto, per rispetto, fosse chiamato per lo più Signore, tuttavia egli si mostrò piuttosto padre, facendo convergere sopra di sé la fiducia filiale di tutti, imitando l’apostolo Paolo, il quale volentierissimo sacrificava se stesso per le anime dei suoi fedeli (7).
Quantunque logorato dagli anni, volle tuttavia andare al secondo Concilio di Lione, in cui i Greci, emessa la professione di fede, previe le esposizioni dei dottori, colla grazia divina ritornarono felicemente all’unità della Chiesa. In occasione di questo Concilio, il Nostro Predecessore B. Gregorio X approvò, per le preghiere di Alberto, l’elezione di Rodolfo d’Asburgo a Re dei Romani. Per la qual cosa si può affermare senza alcun dubbio che Alberto provvedesse nuovamente al duplice ordine della società, ossia all’ecclesiastico e al civile.
Pertanto sì gran copia d’affari, che abbiamo visto, sembrerebbe quasi doversi stimare poca cosa, se si paragona colle grandissime fatiche sostenute negli studi, coi volumi scritti dottissimamente da lui; volumi in cui eminentemente risplendono l’acutezza e la forza straordinaria del suo ingegno, l’altezza e la vastità della mente, l’abbondante ricchezza di erudizione e finalmente un indefesso ardore nell’illustrare e difendere la fede.
Per questi motivi gli storiografi e gli scrittori della sua vita, a buon diritto, l’esaltano per la singolare universalità dell’intelletto, poiché non solo si elevò alle speculazioni teologiche e filosofiche, ma toccò ed illustrò ancora tutte le altre scienze umane, che oggi vanno col nome di scienze naturali.
Già per primo Bartolomeo da Lucca, suo coetaneo e Vescovo di Torcelli, affermò che Alberto, in ciò che riguarda lo studio di tutte le scienze e il metodo di insegnamento, si eleva sovranamente fra i dottori.
E infatti, anche ad uno che si limiti a percorrere i titoli delle numerose opere di lui, subito apparisce chiaramente come nessuna scienza gli fosse estranea, avendo trattato splendidamente di astronomia, cosmografia, metereologia, climatologia, fisica, meccanica, architettura, chimica, mineralogia, antropologia, zoologia e botanica. Ai quali scritti si devono aggiungere varie opere intorno alle arti pratiche, come l’arte tessile, la nautica, l’agricoltura e simili.
Però Alberto Magno, per un proposito costante del suo animo, da vero dottore cattolico, non si arresta alla contemplazione di questo mondo visibile, come accade molto spesso ai moderni indagatori dei fenomeni naturali, ma s’innalza fino alle cose spirituali e soprannaturali, coordinando e subordinando tutte le scienze, secondo la dignità dei rispettivi soggetti, ascendendo mirabilmente dagli esseri inanimati ai viventi, dai viventi alle creature spirituali, dagli spiriti a Dio.
Senza dubbio Dio medesimo, datore m munificentissimo di ogni bene, lo aveva arricchito delle qualità e degli aiuti necessari per compiere sì nobile impresa. Erano suoi pregi un insaziabile desiderio del vero, un’indefessa osservazione ed investigazione dei fenomeni naturali, fervida immaginazione, tenace memoria, amore verso i monumenti dell’antica sapienza e, particolarmente, un alto spirito religioso, per il quale percepisce l’ammirabile sapienza di Dio, che risplende nelle stesse creature; onde il Salmista invitava tutti gli elementi a lodare Iddio, cosi come in Giobbe, nel libro della Sapienza e nell’Ecclesiastico, lo Spirito Santo muove gli uomini a benedire ed esaltare il Datore munificentissimo di tali beni.
Sopratutto è degno di menzione il fatto che egli, con grandissimo studio, raccogliesse il fiore dell’antica sapienza, e quanto di vero l’umana ragione, per forza innata, aveva acutamente investigato, profondamente meditò purgandolo dagli errori e, spesso, valendosene felicemente per illustrare le verità della fede, e per difenderla da vari attacchi.
Tale sussidio derivò in modo particolare dalle opere di Aristotile, che in quel tempo cominciavano a diffondersi in Europa. Difatti, ripudiate le false interpretazioni dell’aristotelismo, non solo dissipò il pericolo che incombeva sulla dottrina cattolica, ma quasi strappando l’arma dell’antica filosofia dalle mani dei nemici, la rivolse efficacemente alla difesa della verità rivelata.
Auspice pertanto lui, anzitutto la Scolastica, aggregandosi i genuini tesori del più sano aristotelismo, intraprese una via più spedita per illustrare il mirabile e reale accordo della retta ragione colla fede. Dietro le orme di Alberto, Tommaso d’Aquino, suo diletto discepolo, con felice ardimento raggiunse di poi il culmine della filosofia perenne e i sublimi fastigi della sacra Teologia.
Quindi per il suo studio e per la sua opera, tutta la filosofia specialmente l’aristotelica. Sotto la luce della rivelazione soprannaturale, divenne il valido e potente aiuto della Teologia cristiana. Questo fu il supremo e costante proposito di tutta la vita intellettuale di Alberto, che volle apprendere tutto ciò che di vero, di bello e di sublime, si trovasse nella sapienza dei Pagani, e offrirlo e quasi consacrarlo allo stesso Creatore, che è la Prima Verità, la Somma Bellezza e l’Essenziale Perfezione. Così Alberto spezzò i vincoli coi quali la scienza naturale era tenuta in potere dei Pagani, dei Maomettani e dei Giudei, vincendo insieme una certa diffidenza con cui questa scienza, per gli abusi che n’erano derivati, era guardata da alcuni uomini pii di quel tempo, quasi celasse un grande pericolo per i fedeli. Vero Teologo, egli non temette alcun danno dalle opere della natura e della ragione naturale, rettamente investigate, giacché queste recano in se stesse il lume dello stesso Creatore.
Tra i Dottori del Medio Evo, è specialmente Alberto che, in modo veramente organico, con la sua grande enciclopedia, la quale si estende dalle infime nozioni fino alla Sacra Teologia, ha trasmesso egregiamente le ricchezze della cultura scientifica degli antichi alle scuole del suo tempo. Nessuna meraviglia perciò, se presso gli antichi si proclami che Alberto Magno sapesse tutto ciò che si può sapere, non ignorasse alcun genere di dottrina (Pio II) tanto da poter essere detto meritamente lo stupore e il miracolo del suo tempo (Ulrico di Strasburgo). Ancora nessuna meraviglia se presso gli antichi egli avesse il titolo di «Dottore universale», e la fama di splendidissimo sole fra tutti i filosofi della Cristianità (Enrico di Ervordia).
A questi encomi del dotto uomo non mancano di dare il loro suffragio anche gli acattolici del nostro tempo, quando in lui ammirano il più grande investigatore della natura di tutto il Medio Evo.
Tra questi un esimo scrittore chiama debitamente Alberto l’araldo perspicacissimo degli studi naturali in Occidente, che primo diede e innestò nella religione cristiana le fonti sublimi della sapienza greca, che primo associò la storia naturale alla dottrina ecclesiastica, che primo descrisse scientificamente la storia naturale germanica, che primo si sforzò di ricondurre le forme delle cose create a ragioni morfologiche, che infine primo e unico sviluppò in fui tutte le sue parti la storia di tutta la natura (Carlo Jessen).
Inoltre egli ha raggiunto quest’onore che in filosofia, in teologia, e nell’interprelazione delle Scritture non è esistito altro dottore, eccetto San Tommaso, il quale si sia acquistato un’autorità pari alla sua. Ma sarebbe troppo lungo mostrare ed illustrare i meriti di Alberto Magno per l’incremento della scienza teologica.
A dedicarsi infatti alla Teologia era sospinto dal suo stesso animo. L’autorità che si era acquistata in filosofia egli l’accrebbe in un modo meraviglioso quando, come dicemmo, usò della filosofia come di uno strumento per rettamente spiegare la Teologia col sistema scolastico. Per la qual cosa vien detto primo autore di quel metodo di Teologia, che nella Chiesa di Cristo è rimasto per i chierici regola e norma sicurissima fino ai nostri tempi.
Le magnifiche opere teologiche del Beato Alberto, come i mirabili suoi commentari sulla Sacra Scrittura, non soltanto mostrano una mente lucidissima e una conoscenza profonda della dottrina cattolica, ma anche una soave pietà e un fortissimo desiderio di portare anime a Cristo, così che in queste opere massimamente noi conosciamo un santo che tratta di cose sante.
Qui giovo ricordare la sua Somma Teologica, che mostra ugualmente pietà e sapienza; il Commento al Vangelo di San Luca, clic lo dimostra perito e sicuro interprete della Sacra Scrittura; i dolci e soavi Trattati delle lodi della Beata Vergine, in cui si palesano il suo amore e i suoi ardenti affetti verso la Madre di Dio; quegli scritti incomparabili Intorno al Sacramento dell’Altare, nei quali benissimo fa vedere la sua fede sincera in Dio, e una fervida divozione nel venerare il mister dell’Incarnazione divina. Bisogna ricordare finalmente le sue «trattazioni mistiche» che lo mostrano, per la grazia dello Spirito Santo, elevato all’altezza di una contemplazione infusa, e dalle quali sappiamo che nel secolo XIV ebbe principio una direttiva di vita mistica in Germania.
Tutte queste opere di Alberto sono monumenti di così grande autorità nella scienza teologica, che non periranno giammai; anzi col nostro Predecessore Leone XIII di f. m.,. Noi possiamo giustamente affermare di tutta la dottrina di Alberto Magno che, «sebbene dopo l’età di Alberto il tempo abbia dato molto incremento ad ogni genere di scienza, tuttavia la forza e l’abbondanza della sua dottrina, che alimentò Tommaso d’Aquino e che fu un miracolo per i suoi contemporanei, non può in nessun tempo invecchiare.
Ciò che abbiamo detto fin qui è sufficiente ad adombrare in qualche maniera la grandezza sia dell’esimia santità di vita sia della meravigliosa dottrina di Alberto, il quale dopo tante e sì grandi fatiche spese nella vigna del Signore, benemerito in ogni cosa della Chiesa Cattolica, il 15 Novembre del 1280 abbandonò placidamente quest’ esilio, per godere dell’eternità beata.
Tuttavia, anche dopo il tramonto di un così grande luminare, mai se ne estinse lo splendido fulgore. Alberto Magno, in verità, risplende ancora nella Chiesa di Cristo per l’altezza della sua scienza, risplende per la fama dei miracoli, che in vita e dopo morte scrittori degni di fede in ogni tempo asseriscono essere stati da lui operati. Cosicché anche Noi, con S. Pietro Canisio, Dottore della Chiesa, che lo chiamava luminare della Germania, possiamo affermare questo di Alberto Magno: che «egli fu eccellente per purezza di vita, per sapienza e per sublimi scienze»; e che «il Signore Iddio mostrò l’onore e la santità di lui con moltissimi miracoli».
Nessuno dunque si meravigli che al Beato Alberto, dopo la sua morte, sia stato attribuito il culto ecclesiastico e pubblico le cui manifestazioni e prerogative sono tante e di tanto interesse. E in ciò godiamo che parecchi dei Nostri Predecessori «considerati gli illustri meriti nella Chiesa del Beato Uomo» (Clemente X) abbiano concesso preziosi favori per l’estensione del culto. E precisamente, Innocenzo VIII, l’anno 1484, benignamente concesse ai Frati dell’Ordine dei Predicatori di Colonia e di Ratisbona che erigessero altari in onore del B. Alberto e ne celebrassero la festa liturgica; la quale concessione equivale invero alla Beatificazione. Gregorio XV poi si degnò concedere, a viva voce, tale privilegio al Capitolo della Cattedrale di Ratisbona e al clero l’anno 1622. Urbano VIII concesse alla città di Lauingen la festa liturgica del B. Alberto l’anno 1631 e poi, nell’anno 1635, ad istanza dell’Imperatore dei Romani, l’estese ai Frati Predicatori di tutta la Germania. Alessandro VII concesse l’anno 1664 il medesimo indulto ai Frati dello stesso Ordine dimoranti nel territorio veneto e infine Clemente X nel 1670 benignamente concesse che si celebrasse in tutto l’Ordine dei Predicatori ogni anno in perpetuo la festa del B. Alberto Magno con l’ufficio e la Messa in rito solenne. Inoltre Pio IX concesse a tutta l’Arcidiocesi di Colonia, nel 1856, di celebrare detta festa in rito semidoppio, elevato poi, l’anno 1870, a rito doppio. Tre anni dopo, lo stesso Pontefice concesse che fosse letta la Messa del B. Alberto Magno dai Sacerdoti che usavano celebrare nella Chiesa di S. Elisabetta, esistente un tempo presso la «Curia Riaria», nella quale era stata costituita una società di uomini cattolici della nazione germanica nell’Urbe. In questi ultimi tempi poi è stata concessa la festa liturgica del B. Alberto ad altre diocesi della Germania, come a quelle di Monaco, Frisinga, Friburgo, Ratisbona, Angusta, Visburgo, Rottenburgo, e in Francia, all’Arcidiocesi di Parigi. Non si deve dimenticare ch’è stata benignamente concessa qua e là, anzi in questa stessa città di Roma, l’indulgenza plenaria nella festa del medesimo; e giova anche ricordare un tempio dedicato in Riga a S. Alberto, come pure l’indulgenza plenaria concessa benignamente in perpetuo da Leone XIII ai fedeli, che visitino lo stesso tempio.
Perciò niente da meravigliarsi se per la grande eccellenza della santità e della dottrina di quest’uomo, già da molto tempo si sia pensato di ottenere dalla Sede Apostolica la sua canonizzazione, e il titolo per lui di Dottore della Chiesa. Soprattutto poi si è indefessamente lavorato a questo scopo, dopo la traslazione del suo sacro corpo fatta nell’anno 1483, e di nuovo ancora, con maggior ardore, all’inizio del secolo XVII; sebbene la cosa, per motivo dei danni delle guerre e per le difficoltà delle relazioni epistolari con questa Curia Romana non potesse giungere ad un felice risultato. Desiderosi pertanto di veder compiuto un voto secolare tanto pio, i Vescovi ed i Prelati della Germania, al tempo del Concilio Vaticano, domandarono vivamente a questa Sede Apostolica che fosse ripresa la causa del B. Alberto Magno; ma per le note tempeste sorte contro la Chiesa, che in Italia, sia in Germania, queste suppliche non poterono in nessun modo essere esaudite.
Nuovamente ai nostri giorni i Cardinali di S. Romana Chiesa, i Patriarchi, gli Arcivescovi e moltissimi Vescovi e Prelati di tutte le nazioni del mondo, nonché gli Abati ed i Generali delle Famiglie Religiose, particolarmente le Università e le Facoltà degli Studi, i Seminari e i Collegi, le Società di uomini dotti, uomini e donne di tutta la Germania cattolica, eminenti per la loro nobiltà, per la scienza e l’amministrazioni degli affari pubblici, supplichevoli Ci pregarono, con molta insistenza; affinché coronassimo il B. Alberto Magno dell’aureola dei Santi e del titolo di Dottore della Chiesa.
La qual cosa adunque, conforme pienamente ai Nostri desideri, giudicammo bene che fosse accuratamente esaminata, tanto più che l’esaltazione di Alberto Magno, oggi specialmente, sembra opportuna per meglio sottomettere le anime al soavissimo giogo di Cristo.
E infatti Alberto Magno è un Santo sì grande che la nostra età, la quale va ansiosamente in cerca della pace e si ripromette grandi meraviglie dai ritrovati della scienza, può mirare al suo esempio con massimo profitto. Ma, benché ai tempi nostri tutti i popoli desiderino appassionatamente la pace, non convengono però affatto nel modo e nei mezzi più adatti per conquistarla; ché anzi, di fatto, trascurano gli stessi principi della vera pace, la giustizia cioè e la carità. Tutti dunque rivolgano fiduciosamente gli sguardi a S. Alberto Magno, poiché egli stesso, con tutta l’anima e tutte le forze, si unì al gloriosissimo Dio, il quale non è davvero il Dio del disordine ma della pace (7), di quella pace, cioè, che sorpassa ogni intendimento, custodisce i cuori e le intelligenze dei fedeli (8).
Quest’Alberto, il quale durante la sua vita si adoprò grandemente e con esito felice a comporre accordi di pace tra cittadini e principi, tra popolo e singoli cittadini, ci si offre quale perfetto modello di arbitro di pace, per quell’autorità che aveva nel conciliare gli animi, aumentata dalla fama della sua dottrina e della sua persona, nobilitata dal sacro carattere sacerdotale. In verità Egli espresse in sé la viva immagine di Cristo Salvatore, il quale nelle Sacre Scritture è proclamato Principe della pace. Anche la scienza è un ottimo mezzo per istabilire la pace, se è assoggettata alla retta ragione e alla fede soprannaturale. La quale subordinazione sembra molto necessaria per la nobiltà, sodezza e verità della stessa scienza. Quanto frequentemente al contrario, ai nostri giorni, si trascura e si disprezza questa sottomissione nelle ricerche scientifiche! Anzi, contro la fede e la ragione si adopera la scienza, la quale, abbandonato il Signore Dio delle scienze, confidando nelle sole sue forze, cade senza dubbio in quel materialismo, che non sarà mai abbastanza deplorato; il quale, come è ben noto, è causa della depravazione dei costumi e dei tanti mali dell’economia sociale, da cui le nazioni di tutta la terra sono funestamente sconvolte e duramente afflitte.
In Alberto Magno meravigliosamente convergono i raggi della scienza divina e di quella umana, formando intorno a Lui un’aureola luminosa. Egli, col suo chiarissimo esempio, ci ammonisce che tra la scienza e la fede, tra la verità e il bene, tra la dottrina e la santità, non vi è opposizione alcuna, ma vi è piuttosto intima connessione. Così ancora, a somiglianza di S. Girolamo dal deserto, lo stesso Alberto Magno coi suoi meravigliosi scritti, al pari di una voce potente, alza forte il grido, e magnificamente dimostra che la vera scienza, la fede e la vita, santamente menata in ispirito di fede, possono, anzi devono, andare unite negli uomini, essendo la fede soprannaturale un validissimo complemento e una perfezione della scienza.
Né è vero, come gli atei vanno propalando anche ai nostri giorni, che la disciplina cristiana e lo studio della cristiana perfezione distruggano o fiacchino i caratteri umani, il vigore della volontà, l’operosità civile, l’altezza dell’umano ingegno; ma al contrario la grazia perfeziona la natura, la sviluppa, la innalza e la nobilita meravigliosamente.
Le quali cose avendo Noi diligentemente esaminate, affinché Alberto Magno, con pieno diritto, sia invocato Santo e gli si prestino culto ed onore sempre maggiori dai fedeli cristiani, affinché egli stesso, collocato quale lucerna sul candelabro, risplenda di più chiara luce in tutta la Chiesa e si supplisca così a ciò che sembra ancora mancare alla gloria di lui abbiamo determinato di compiere, con la canonizzazione equipollente, lo stesso nostro desiderio, divenuto di giorno in giorno più veemente.
Sembrando dunque i nostri tempi abbastanza maturi per così grande evento, e ritrovandosi in questa causa tutte le condizioni richieste in simili casi dall’antichissimo uso della Chiesa e dal diritto, decretammo di servirci di quella speciale norma e via, di cui già avevano giudicato di valersi e si erano valsi molti Nostri Predecessori per la canonizzazione di altri Servi di Dio.
Avendo dunque devoluto l’esame della cosa alla Sacra Congregazione dei Riti; avendo dipoi i diletti Nostri Figli Cardinali di S. R. C. preposti alla stessa Sacra Congregazione ascoltata nella riunione ordinaria del giorno 15 di queste mese di dicembre la relazione del diletto Nostro Figlio Francesco Card. Ehrle, relatore della causa; ponderata l’indagine fatta d’ufficio dalla Sezione Storica riguardo alla santità della vita del B. Alberto e alla legittimità del culto a lui attribuito, ed anche la sentenza, data in iscritto, parimente d’ufficio, da due uomini dotti, a pieno versati nelle opere dello stesso Beato, sopra la sua dottrina; ascoltato anche il voto dei Prelati Ufficiali della stessa Sacra Congregazione dei Riti; esaminate con ogni cura tutte le circostanze e maturamente discussele, con unanime consenso tutti coloro che erano presenti stabilirono di rivolgersi a Noi perché concedessimo la grazia necessaria. Noi, poi, nel giorno seguente, cioè oggi, ascoltata attentamente la relazione di tutto ciò riferitaci dal Diletto Figlio Salvatore Natucci, Promotore Generale della fede, consentendo in tutto, molto volentieri pensammo di accogliere il voto della Sacra Congregazione. Colla Suprema Autorità Nostra, dunque, comandiamo che ogni anno in tutta la Chiesa si celebri la Festa di Sant’Alberto Magno, coll’Ufficio e la Messa di Confessore Pontefice, aggiuntovi il titolo di Dottore, con rito doppio minore, nel giorno natalizio di Lui, cioè nel 15 del mese di Novembre.
Si rendano quindi grazie infinite a Dio benignissimo, che con ammirabile disposizione della sua Provvidenza, si è degnato per la Nostra umile Persona di rendere perfetta dinanzi alla Chiesa militante la gloria di Alberto Magno, mostrandolo, segnatamente alla nostra età, come «faro luminoso, che illumina colla sua fecondità il corpo di tutta la Chiesa, quasi stella mattutina» (9), come colui che lavorò non per sé solo, ma per tutti coloro che cercano la verità (10).
Ci assista, adunque, colla sua intercessione, S. Alberto Magno, il quale, cercando con amore fin dai primi anni la sapienza e la santità, portando volentieri il giogo del Signore, come l’Apostolo Paolo, non stimò nessun dovere più sacro che il ridurre in servitù ogni intelletto in ossequio a Cristo (11).
EGO PIUS
CATHOLICAE ECCLESIAE EPISCOPUS.
Fr. ANDREAS CARD. FRUHWITR. Cancellarius S. R. E.
CAMILLUS CARD. LAURENTI. S. R. C. Praefectus.
VINCENTIIJS BIANCHI CAGLIESI, Cancellariae Apostolicae Regens.
J0SEPHUS WILPERT, Decanus Coll. Proton. Apost.
ALPHONSUS CARINCI, Protonotarius Apostolicus.
Can. ALFRIDUS LIBERATI. Canc. Apost. Adiutor a Studiis.
GEORGIUS STARA-TEDDE, Canc. Apost. Adiutor a Studiis.
Loco + Plumbi
EXPEDITA
die trigesima mensis Decembris anno decimo.
ALFRIDUS MARINI, Plumbator.
Reg. in Cancellaria Apostolica, vol. XLV n. B – n. RIGGI.
DOMINICUS FRANCIN, Scriptor Apostolicus.
16 dicembre 1931
NOTE
- Eccle. I, 26.
- Sap. VIII, 2.
- Coloss. II, 2-3.
- Sap. VIII, 4.
- Matt. V, 19.
- II Cor. XII, 15.
- Cor. XIV, 33.
- Filip. IV, 7.
- Anonim Ord. Praed. saec XIV.
- Eccli. XXIV,47.
- II Cor. X, 5