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Vergini, monache (sec. XIII)

Diana (c. 1200 – 1236)

Cecilia (c. 1201-1290)

Il culto delle Beate Diana, Cecilia e Amata fu approvato il 24 dicembre 1891 dal Papa Leone XIII, dopo un processo ecclesiastico basato sull’accertamento del culto immemorabile attribuito alle Beate, cioè sul fatto che nei secoli precedenti erano già venerate come tali nella Chiesa.

Esse sono, tra le figure femminili, le più care alla spiritualità domenicana perché si trovano proprio al centro delle sue origini: nelle mani di S. Domenico fecero voto di vita religiosa e dal suo cuore paterno attinsero le direttive per realizzare quel tipo di vita contemplativa e di collaborazione apostolica che il genio di quell’uomo attivo e mistico, combattente ed orante, seppe istituire agli inizi del secolo XIII.

Sotto la guida di S. Domenico, queste giovani anime generose, primogenite di una lunga schiera, si trasformarono in fiori di autentica santità.

Diana era nata a Bologna intorno al 1200 da agiati e nobili genitori. Suo padre, Andrea Lovello, fu chiamato Andalò e lasciò questo nome come cognome ai suoi discendenti. La famiglia era nota presso i Bolognesi per nobiltà, per ricchezza e per sperimentata capacità nel governo.

In Diana, giovane sui 18 anni, si trovavano riunite l’intelligenza, la grandezza d’animo e il valore di suo padre e dei suoi fratelli, insieme ad un animo sensibile, ad un cuore espansivo e compassionevole, ad una parola attraente, ad una volontà ferma; la sua bellezza fisica era come specchio nel quale si riflettevano i doni del suo animo.

Mostrava una certa inclinazione alla mondanità, specialmente al lusso nell’abbigliamento, come del resto conveniva alla sua posizione sociale, e la sua pietà non dimostrava ispirazioni precoci ad una vita di… santità.

Ma nel 1218 giunsero per la prima volta a Bologna i figli di S. Domenico. Diana andò a sentire i novelli Predicatori e quando il 21 dicembre vi giunse il Maestro Reginaldo, ella, attirata dalla sua parola evangelica severa ed infiammata, ne divenne fervorosa discepola.

In breve tempo cambiò modo di vivere, dedicandosi alla preghiera e all’ascolto della Parola di Dio. Ottenne che il nonno, Pietro Lovello, vendesse ai Frati Predicatori il terreno contiguo alla Chiesa di S. Nicolò, dove sarebbero sorti il Convento e la futura Chiesa di S. Domenico.

Quando, nell’agosto del 1219, a Bologna giunse S. Domenico, Diana ne diventò figlia spirituale ed Egli la plasmò secondo il suo programma di perfezione apostolica evangelica. Presto ella gli manifestò il desiderio di consacrarsi totalmente a Dio e, nelle mani del Santo Fondatore, presenti Fra Reginaldo, Fra Guala e Fra Rodolfo, emise la sua professione obbligandosi con voto ad entrare in religione nell’Ordine dei Frati Predicatori appena si fossero create le condizioni indispensabili, cioè fosse fondato un monastero di suore.

Quando S. Domenico incaricò alcuni Frati di occuparsi della costruzione del Monastero, nacquero gravi difficoltà e Diana incontrò una forte opposizione alla realizzazione dei suoi desideri da parte della famiglia. Fuggì di casa ed entrò nel Convento della Trinità di Ronzano, vicino a Bologna, dal quale però i parenti la portarono via con la forza, causandole anche la rottura di una costola.

S. Domenico, saputo l’accaduto, le inviò segretamente alcune lettere per confortarla ed animarla a perseverare nella sua consacrazione a Dio.

Ben presto però Dio le tolse anche questo conforto, chiamando a Sè l’anima del Santo Fondatore, come già le aveva tolto il Beato Reginaldo, inviato a Parigi subito dopo aver assistito alla sua consacrazione e ivi morto pochissimo tempo dopo il suo arrivo.

Diana si rifugiò ancora una volta a Ronzano e questa volta i parenti la lasciarono in pace. Si abbandonò alla volontà dello Sposo e restò vigilante in attesa che si compissero i voti del suo cuore.

Poco dopo Dio provvide attraverso la persona del successore di S. Domenico: Giordano di Sassonia. Fu acquistato un terreno per la costruzione del monastero in una località chiamata Monte S. Agnese e fu, da principio, preparata una piccola casa dove Diana potè entrare subito con quattro signore di Bologna: ad esse Giordano diede l’abito domenicano e le preparò a lungo alla professione dei voti.

Diana affidò a Giordano la sua anima perché la guidasse sulla via dell’ascesa e della conquista interiore ed egli fu per lei padre, maestro, guida, amico sulla via dell’amore di Dio da cui ha origine sia la contemplazione che l’azione, il silenzio adorante e l’ardente predicazione, la mortificazione dei sensi e la fraternità nella vita comune.

Ricaviamo queste notizie dalle lettere che in diverse occasioni Giordano fece pervenire alla Beata: lettere permeate di profonda spiritualità e contemporaneamente di un caldo afflato umano.

Perché nel Monastero di S. Agnese si formassero suore secondo lo spirito autentico che il S. Fondatore aveva prescritto e raccomandato, Giordano ottenne che venissero dal Monastero di S. Sisto di Roma alcune religiose munite delle direttive da lui lasciate: « Prima di tutto le suore devono mantenere l’unione nella carità e poi l’uniformità nelle osservanze che regolano la clausura, il lavoro, il silenzio, la preghiera e gli uffici del monastero > .

Tra le quattro suore inviate ci furono Sr. Cecilia e Sr. Amata. Alla prima fu assegnato l’incarico di Priora, mentre Diana, fondatrice ed anima della casa, impiegò la sua autorità morale per mantenere unite le consorelle e sorreggerle nella via della perfezione.

Sr. Cecilia era nata a Roma nei primi anni del 1200, anch’essa da nobile famiglia, ed era fra quelle suore di S. Maria in Tempulo che accettarono la riforma voluta dal Papa Onorio III, della cui attuazione aveva incaricato S. Domenico. Nel febbraio del 1221 erano entrate nel monastero di S. Sisto ed avevano iniziato la nuova vita ricevendo da S. Domenico l’abito delle suore di Prouille e promettendo obbedienza a quella regola e a quelle Costituzioni che egli avrebbe loro dato.

Cecilia, come essa stessa asserisce, aveva 17 anni e abbracciò con grande entusiasmo l’ideale proposto, imprimendo nella sua mente i fatti e gli insegnamenti che provenivano dal Santo spagnolo, « tenero come una madre, forte come il diamante », ma ormai consumato nel fisico e prossimo alla nascita al cielo.

Quando giunse a Bologna, Sr. Cecilia aveva 20 anni e portò con sè un ricco bagaglio di esperienze che ben volentieri trasmise alla nascente comunità. Sulla base dei suoi racconti, molti anni dopo nel monastero di S. Agnese furono scritti da Sr. Angelica “I miracoli del Beato Domenico” da cui si ricavano la fisionomia spirituale e le caratteristiche umane del Santo Fondatore.

La scrittrice chiude il prezioso manoscritto dicendo: “Tutti gli avvenimenti riguardanti il Beato Domenico finora narrati, li ha riferiti Sr. Cecilia, la quale ha affermato che essi sono tutti così veri, da essere pronta, se necessario, a confermarli con giuramento. Ma è di tanta santità ed è talmente religiosa che le si può facilmente credere sulla parola”.

All’inizio del manoscritto si legge: “Ella (Sr. Cecilia) ha ricevuto l’abito religioso dalle mani dello stesso Beato Domenico e nelle di Lui mani ha fatto tre volte la sua Professione; attualmente vive ancora nel monastero di S. Agnese in grande fervore di santità”.

Sr. Cecilia chiuse la sua vita terrena il 4 agosto 1290 e fu sepolta accanto alla Beata Diana, che l’aveva preceduta in cielo fino dal 1236. Erano quindi rimaste insieme circa 13 anni, durante i quali Diana aveva molto sofferto per lo sviluppo e la stabilità del monastero.

Da principio infatti fu provata dai pericoli della guerra contro l’imperatore Federico, poi da un’estrema povertà, nella quale si preoccupava perché le consorelle mancavano del necessario e non si trovava chi le soccorresse; venne in seguito il gran dolore per la perdita del fratello Brancaleone, al quale era teneramente affezionata per le sue nobili ed amabili qualità, e pochi anni dopo, quello per la morte del padre. Ma la prova più grande e dolorosa fu quella che le procurarono gli stessi Frati Predicatori, minacciando di abbandonare la cura del monastero. Diana dovette ricorrere direttamente al Papa perché ciò che era stato chiaro nelle intenzioni di S. Domenico venisse rispettato e la direzione delle suore non passasse nelle mani del Vescovo. In tali contrarietà la Beata Diana poté contare sul consiglio prudente e sul sostegno amorevole che il Maestro Giordano le faceva giungere per lettera. Nonostante tutte queste prove, ella fu sempre osservantissima della vita regolare: eseguiva con zelo le più piccole cose, soprattutto se erano state ordinate e raccomandate da S. Domenico.

Si distinse per la sua umiltà profonda, per lo spirito di povertà estremo, per il distacco assai grande dalle cose terrene. Dio la purificò con momenti di abbandono interiore e con la grazia della compunzione, che le procurava abbondanti lacrime di amore; infine le fece sbocciare in cuore il desiderio di morire per essere con Cristo che la chiamò a Sè l’anno avanti la morte del maestro Giordano, quasi che le volesse evitare il dolore di restare senza la sua guida spirituale e senza il suo benefattore.

Il venerabile corpo di Diana fu sepolto presso l’altare di S. Agnese, con tutti gli onori dovuti. Quando alcuni anni dopo, il monastero fu ricostruito in luogo migliore, mantenendo il titolo di S. Agnese, anche le reliquie di Diana furono trasportate, aggiungendo sull’epigrafe il titolo di Beata, che già veniva dato pubblicamente alla serva di Cristo. Al tempo di questa traslazione erano vive sia Sr. Cecilia che Sr. Amata. che poi furono a Lei associate nella pubblica venerazione. Non si sa il tempo né della nascita né della morte di Sr. Amata e non resta alcuna testimonianza speciale delle sue virtù. La sua vocazione fu di vivere nascosta e morire sotto gli occhi di Dio solo.

 Essa fu una vera religiosa e questo dovrebbe bastare per glorificare la sua tomba. Con Cecilia e con Diana, con le quali aveva avuto un solo fine, una sola vita e un solo cuore, ebbe in comune anche la pace e la gloria del sepolcro. Diversi agiografi del passato la confondono con un’Amata che S. Domenico liberò dal demonio a S. Sisto, come racconta nella sua storia la beata Cecilia, ma oggi non pare possibile affermare che si tratti della stessa persona. Le reliquie delle tre Beate, dopo la soppressione del monastero di S. Agnese nel 1796, subirono svariate vicende. Il capo della Beata Diana è esposto nella basilica di S. Domenico a Bologna, quelli delle Beate Cecilia ed Amata sono venerati nel Monastero del S. Rosario a Monte Mario (Roma); le altre reliquie sono conservate nel nuovo monastero di S. Agnese a Bologna.

Leone XIII

È bello concludere con le parole del Beato Giacinto Cormier, che ne scrisse la vita in occasione della beatificazione voluta da Papa Leone XIII (della Beata Diana l’8 agosto 1888 e della Beata Cecilia il 24 dicembre 1891): “Voi, care ed amabili Beate, belle intelligenze, anime nobili, caratteri generosi, cuori sensibili e compassionevoli, pregate per tutti noi; diffondete nell’Ordine di S. Domenico quello spirito primitivo, vero, semplice, profondo e comunicativo che vi ha reso ciò che siete”.