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Quesito
Caro Padre Angelo,
in una giornata di scuola mi è capitato di sentire una professoressa che diceva che il matrimonio dei preti potrebbe essere una soluzione ai ben noti casi di pedofilia e anche all’omosessualità, ma anche alle infedeltà commesse dai sacerdoti.
Inoltre sosteneva che gli apostoli erano sposati e quindi sarebbe giusto avere anche preti sposati. (aggiungo anche che lei parlava anche delle infedeltà delle suore).
Insomma lei ha detto che il celibato sacerdotale e anche monacale sia contro natura e che il matrimonio porrebbe fine a tutte le infedeltà e agli scandali.
Naturalmente io ero molto arrabbiato a sentire queste cose contro la chiesa ma non ho avuto il coraggio di controbattere anche perchè molti dei miei compagni erano concordi e poi perchè non avevo argomenti adatti per controbattere questa tesi.
Ma di recente su internet e precisamente sul giornale "la stampa" ho trovato un libro scritto da don Arturo Cattaneo intitolato " Preti sposati? 30 domande scottanti sul celibato sacerdotale” in cui ho trovato le risposte necessarie per controbattere queste tesi perchè questo libro difende la tradizione e al progetto di questo libro hanno collaborato anche numerosi teologi e medici.
Tuttavia volevo chiederle cosa ne pensa la scienza sul celibato e sopratutto quali altri argomenti posso usare per controbattere la tesi di questa mia professoressa.
Di recente su internet mi è capitato di leggere l’enciclica di Paolo VI "caelibatus sacerdotalis" e mi è piaciuto molto il modo in cui Papa Paolo VI difende la tradizione e leggendola mi sono emozionato molto nel leggere le splendide frasi di Paolo VI di cui ne posso riportare una che fa al caso nostro e che risponde a tutte le obiezioni proposte qui sopra "ancora oggi si possono trovare diaconi, sacerdoti, vescovi oltre ai religiosi e alle religiose e ai laici che vivono in modo illibato su di essi soffia lo spirito di Cristo". E anche "l’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio non è soltanto carne e sesso ma anche intelligenza, libertà, facoltà e valori per cui egli è e deve ritenersi superiore all’universo”.
La ringrazio in anticipo per la risposta e prometto una mia preghiere a lei e a tutti i sacerdoti affinché vivano con gioia e serenità il loro celibato
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. ti rispondo con quanto ha scritto un Accademico di Francia, Jean Guitton, in un bel saggio intitolato L’amore umano.
J. Guitton parte rilevando con un’osservazione fenomenologica la superiorità della sessualità umana su quella animale.
Scrive: “Se si paragona la vita degli animali con il comportamento della specie umana, ci si accorge che la sessualità negli animali ha un ruolo molto più limitato. Si produce per fasi e periodi limitati, almeno nelle specie superiori. Fatta eccezione per le grandi scimmie, che sono certamente delle degenerate, la femmina accetta il maschio soltanto per lo stretto necessario ai suoi doveri verso la specie. Ci sono anche casi, lo si sa, in cui un solo contatto rende la femmina idonea a generare molte volte, come per le api e gli afidi. Del resto la sessualità animale è limitata strettamente alla sua funzione e non crea comunità di vita tra gli individui. Si conoscono certamente delle simbiosi di accoppiamento, per esempio nelle rane e nelle tartarughe, ma l’accoppiamento non è una società” (j. guitton, L’amore umano, p. 162).
2. Dopo aver osservato che per gli animali lo stimolo sessuale porta a bisogni incontenibili, afferma: “C’è tutta una letteratura che vorrebbe presentare la soddisfazione dell’istinto sessuale come una necessità.
Ma i ragionamenti dei fisiologi e il lirismo non potranno mai prevalere sulla realtà che la continenza non nuoce alla salute fisica e psichica e non altera gli organi di riproduzione.
È appunto in questo senso che l’istinto sessuale, che nell’uomo e solamente nell’uomo è indipendente dall’istinto vitale, permette all’uomo di affrancarsi…
D’altra parte, mentre nell’animale l’istinto segue una regola ed è sottomesso al ritmo cosmico, nell’uomo – e soprattutto nel maschio – può essere eccitato quasi in continuazione. Non è legato alle necessità vitali e si presenta a proposito e a sproposito. Si direbbe che nell’uomo l’istinto si disinnesti dalla vita per innestarsi nello spirito… Tutto avviene come se la natura avesse, in questo istinto più che in ogni altro, staccato il desiderio dal bisogno… Il bisogno, ridotto al puro bisogno reale, è raro e si deve notare che non è mai costrittivo” (Ib., pp. 164-165).
3. Un autore di bioetica, Ramòn Lucas Lucas, sottolinea l’importanza di questo dato: “Nell’animale l’attività istintiva sessuale ha un carattere totalmente automatico. L’incontro del maschio con la femmina in estro non è subordinato a nessuna decisione o scelta; ha qualche cosa di fatale. Allo stesso modo, il ritmo dei periodi di estro è regolato in maniera automatica.
Questo carattere automatico non si riscontra nell’uomo. Non esiste nell’uomo ‘normale’ nessuna attività istintiva vincolante per sé. La ragione di questo, riguardo alla sessualità, è l’assenza dei periodi di estro; al più esistono determinati stimoli ormonali, che si manifestano nell’intensificazione dell’istinto. In virtù di quest’assenza, l’uomo sfugge al ciclo del tempo” (r. lucas lucas, Antropologia e problemi bioetica, p. 69).
4. E aggiunge: “L’esclusione dell’uomo dalla determinazione istintiva non è un minus, ma un’altra opportunità come segno della sua grandezza. La diminuzione della sua potenza come essere naturale offre l’opportunità di orientarsi verso la sua determinazione. La vita non gli viene data già organizzata né determinata per il ciclo degli istinti; così l’uomo è esposto al rischio, e ha l’opportunità e il dovere di chiedersi quale è il senso della sua attività sessuale. Con ciò, la possibilità di sbagliare si converte in privilegio del quale gode soltanto l’uomo; errare è umano.
La mancanza di determinazione della forza naturale della sessualità umana e dei rapporti dei sessi produce paradossalmente una forza di umanizzazione” (Ib., p. 70).
5. Va notato ancora che i fenomeni della pedofilia si attuano nella stragrande maggioranza all’interno dell’ambiente familiare e parentale.
Non c’entra la solitudine di una persona.
Inoltre anche l’omosessualità non c’entra di per sé con la pedofilia. L’omosessuale cerca un’integrazione fisica, psicologica e affettiva con persone dello stesso sesso e la cerca con persone che con le quali può instaurare un certo tipo di rapporto. In genere sono della sua stessa età.
Il pedofilo non cerca integrazione fisica, psicologica e affettiva con i bambini. La sua è pura perversione.
6. Ora che alcuni omosessuali siano nel contempo anche pedofili è un fatto, come del resto è un fatto che vi sono persone sposate ed eterosessuali che sono pedofile.
Ma come non si può dire che le persone sposate ed eterosessuali siano pedofile, così non lo si può dire neanche degli omosessuali.
7. Infine il fatto che alcuni preti siano omosessuali non dipende dal fatto che sono celibi, ma da problemi personali e antecedenti al sacerdozio.
Sarebbero stati omosessuali anche se non si fossero fatti preti.
8. Sono contento che sei andato a leggere l’enciclica “sacerdotalis coelibatus” di Paolo VI dove vengono presentate in maniera molto persuasiva le motivazioni cristologiche, ecclesiologiche ed escatologiche del celebrato sacerdotale. Motivazioni che molto probabilmente sono del tutto ignare alla tua professoressa.
Mi limito invece a presentarti la testimonianza di un non cristiano sul valore del celibato, quella del maatma Gandhi.
Egli scrive: “Non si pensi che la castità è impossibile perché è difficile. La castità è il più alto ideale, non deve quindi far meraviglia che richieda il più alto sforzo per raggiungerla. Una vita senza castità mi sembrerebbe insipida e animalesca: il bruto, per natura sua, non ha autocontrollo, l’uomo è uomo perché è capace di averlo” (gandhi, La mia vita per la libertà, pp. 193-194).
E continua: “Attorno ai 30 anni, insieme alla moglie, Gandhi fece voto solenne e perpetuo di castità: “Quando io guardo indietro mi sento pieno di gioia e di meraviglia. La libertà e la gioia che mi riempirono dopo aver fatto il voto di castità, non l’avevo mai sperimentata prima del 1906 (data del suo voto solenne).
Prima di fare il voto io ero in balìa di ogni tentazione impura a ogni momento. Ora il voto diventò per me uno scudo sicuro contro la tentazione.
La grande potenza della castità divenne in me sempre più palese. Ogni giorno che è passato mi ha sempre fatto comprendere di più che la castità è una protezione del corpo, della mente, dell’anima. Il praticare la castità non diventò il praticare un’ardua penitenza, fu invece una consolazione ed una gioia. Ogni giorno mi svelava una fresca bellezza: è stata per me una gioia sempre crescente” (Ib.).
9. Ed ecco come è nata nell’anima di Gandhi la decisione per la castità: “Io vidi con chiarezza che uno che aspira a servire gli altri in modo totale non può non fare a meno di fare il voto di castità. Il voto di castità mi diede la gioia: diventai libero e disponibile a ogni servizio del prossimo” (Ib.).
10. Come puoi vedere, la tua professoressa è stata molto pressappochista e abbastanza ignorante. Sarebbe stato più corretto se avesse parlato agli alunni di quello che le competeva e per cui le è stato affidato il compito di insegnante.
Sono contento della tua indignata reazione, che ti rende gradito a Cristo nel medesimo modo in cui gli è gradito il celibato dei sacerdoti.
Ti ringrazio molto per la preghiera per me e per gli altri sacerdoti. Ne abbiamo tutti molto bisogno.
Ti assicuro la mia e ti benedico.
Padre Angelo