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Quesito
Carissimo Padre Angelo,
ho bisogno di un chiarimento.
Nel giudizio finale di Mt 25,31-46 si dice che coloro che hanno operato facendo del bene o del male non erano consapevoli che stavano agendo verso Gesù o contro di Lui (vv 37-39). Qui sembra che per la vita eterna basti un amore del prossimo senza amore per Dio, una specie di umanesimo capace di osservare la legge di Dio non per amore di Dio ma come puro atto filantropico: dare da mangiare a chi ha fame, da bere a chi ha sete, ospitare il forestiero, vestire chi è nudo, visitare l’ammalato, andare a trovare i carcerati. La priorità dell’amore per Dio sembra arrivare per ultimo ma non pare la causa dell’amore compiuto per il prossimo. Comprendo che Matteo voglia affermare che ogni uomo, anche inconsapevolmente, può osservare la Torah e appartenere al popolo dei giusti, ma l’amore di carità, cioè il primo e più grande comandamento della legge. “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” (Mt 22,37) come fondamento per l’amore di carità verso il prossimo, sembra diventato non necessario.
Le chiedo di indicarmi dove sto sbagliando, perché da questo problema non riesco ad uscire.
Un caro ringraziamento per il tanto bene che sta compiendo
Gianmario
Buonasera,
Ho un piccolo quesito..
“Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano”(Gv 15,6).
In questo passo requisito fondamentale per la salvezza sembra essere il comunicarsi e restare in Lui per portare molto frutto, in un altro passo solo chi viene battezzato e crede si salva Mc 16,16: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato”.
“Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?” in questo terzo passo, un affresco del giudizio finale, sembra che i meritevoli di salvezza non abbiano mai conosciuto Dio sembra che non importi l’appartenenza formale a una Chiesa rispetto a un’altra anche se Dio l’ha fondata su Pietro, sembra che conti unicamente la carità e l’amore per gli altri anche quel bicchiere d’acqua che però in questo caso non è dato in suo nome, anche se “senza di Me non potete fare nulla”.. di bene, di sinceramente caritatevole.. Può aiutarmi?
La ringrazio molto per la pazienza .
A risentirci.. Grazie!
Risposta del sacerdote
Carissimi,
1. riporto il pensiero di San Tommaso d’Aquino, al quale nel suo commento al Vangelo di San Matteo non sfugge che “qui si fa menzione solo delle opere di misericordia”.
E dice che da questo “alcuni presero l’occasione per sbagliare, dicendo che ci si salva solo per le opere di misericordia, o ci si danna per la loro omissione; così che se qualcuno avrà commesso molti peccati, e si esercita nelle opere di misericordia, sarà salvato, secondo le parole di Dn 4,24: «Sconta i tuoi peccati con l’elemosina, e le tue iniquità con atti di misericordia verso i poveri»”.
2. Ma, osserva San Tommaso, contro questo pensiero sbagliato si oppone ciò che si legge nella Lettera ai Romani a proposito di quelli che “non hanno glorificato Dio né lo hanno ringraziato, ma si sono perduti nei loro vari ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata” (Rm 1,22).
“Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scuse” (Rm 1,20.
E dopo aver detto che costoro “sono stati abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi” (Rm 1,24) aggiunge che “gli autori di tali cose meritano la morte perché non solo li commettono, ma anche approvano chi li fa” (Rm 1,32).
Evidentemente si fa riferimento alla morte spirituale, alla morte della vita di grazia e alla sua conseguenza che è la perdizione eterna, se nel frattempo non c’è il pentimento.
Dice infatti Sant’Agostino che tutti peccano nel mondo, tuttavia non tutti si dannano; ma quelli che non si pentono e non soddisfano. Chi invece si pente e promette di soddisfare con le opere di misericordia, si salva.
3. Nostro Signore lega la salvezza anche alla fede. Dice infatti in maniera molto chiara: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16,16).
Il motivo è che non è possibile orientare in maniera integra la propria vita senza conoscere l’obiettivo cui si è destinati.
Tanto più che questo obiettivo è di ordine soprannaturale.
Per questo nella Lettera agli Ebrei si legge: “Senza la fede è impossibile piacere a Dio” (Eb 11,6).
4. A questo punto San Tommaso si domanda: “E perché fa menzione più di queste opere che di altre?”, perché tutto sommato dare da mangiare, dare da bere, visitare, età…, sono opere minori rispetto al salvataggio di una persona oppure al dare la propria vita per la collettività.
Risponde così: “Bisogna dire, secondo san Gregorio, che propone queste come minori: se infatti non compiono queste che detta la natura, molto meno le altre. E ciò è consonante con le parole del Vangelo, poiché questi dicono: Quando ti abbiamo visto affamato, e ti abbiamo dato da mangiare? ecc., come se dicessero: Questo è poco. E quanto più lo ritengono poco, tanto più il Signore li esalta dicendo: Tutte le volte che l’avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
5. Marco Sales, il biblista domenicano che fu “maestro del sacro palazzo” (oggi si dice “teologo della casa pontificia”) scrive: “Gesù motiva la sentenza pronunziata. Egli rammenta solo le opere di misericordia, non perché bastino da sole a salvare, ma perché la loro presenza suppone ordinariamente l’amore di Dio, e non è possibile l’amore di Dio senza di esse; e d’altra parte nessuna cosa fu maggiormente raccomandata da Gesù ai suoi discepoli quanto la carità del prossimo” (Commento a Mt 25,35).
Con l’augurio di ogni bene, vi benedico e vi ricordo nella preghiera.
Padre Angelo