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Quesito

Carissimo Padre Angelo,
sono un giovane insegnante, per caso sono transitato sul sito degli amici domenicani per il motivo di approfondire con i miei la figura di San Domenico e per parlare un pò sul tema della vocazione e dell’amicizia.
Mi sono imbattuto sulla pagina: "un sacerdote risponde"…. La ringrazio per tutte quelle risposte chiare e precise che ci portano comunque all’unica Verità.
Ne farò uso personalmente e per alcune tematiche anche con i miei alunni.
Vorrei per cortesia potere avere dei pensieri sull’amicizia da parlarne in classe… forse mi potrebbe consigliare qualcosa.
Bene, buona domenica padre Angelo, ora vado avanti nella lettura del suo forum.
Un ricordo vero e sincero nella preghiera.
Stefano T.


Risposta del sacerdote

Caro Stefano,
1. ti ringrazio per quello che hai scritto. Il nostro intento è proprio quello di servire gli uomini donando ad essi la Verità prima delle cose, quella che si legge nel disegno di Dio. Lo sappiamo a priori che si tratta di un disegno di amore. E derogare dalle vie di Dio, significa allontanarsi da ciò che giova al nostro vero bene.

2. Detto questo vengo a comunicarti qualche riflessione sull’amicizia.
S. Tommaso dice che “non ogni amore merita il nome di amicizia, ma solo quell’amore che è accompagnato da benevolenza, cioè, quando amiamo una persona in modo da desiderarle qualche bene. Poiché, quando amiamo una cosa non per desiderarle qualche bene, ma allo scopo d’approfittare del bene che v’è in essa, non abbiamo un amore di amicizia, bensì di concupiscenza, come quando diciamo d’amare il vino, il cavallo o altre cose simili. Ma la stessa benevolenza non basta a darci il concetto di amicizia: si richiede, in più, che, fra i due amici, vi sia una certa reciprocità o amore scambievole, giacché l’amico è amico di colui che è suo amico (amicus est amico amicus). Questa benevolenza reciproca si basa su una certa comunicazione di beni” (Somma teologica, II-II,23,1).
Da queste riflessioni di san Tommaso possiamo ricavare la seguente definizione: l’amicizia è un amore di benevolenza, mutuo, fondato su qualche cosa che si possiede in comune (Ib.).

3. Ed ecco il commento alla definizione:
È amore: e cioè una “vis coniunctiva”, una attrazione che spinge la volontà ad unirsi al bene. Solo il bene è oggetto della volontà. L’attrazione verso il bene è il suo peso (pondus), la sua inclinazione o pendìo.
di benevolenza: nell’amicizia l’amico è amato per se stesso, perché è degno di essere amato. Differisce dall’amore di concupiscenza perché non cerca il proprio interesse, ma quello dell’altro.
Per questo “non un amore qualsiasi, ma solo quello accompagnato dalla benevolenza ha natura di amicizia” (Ib.).
mutuo: perché vi sia amicizia non è sufficiente l’amore di benevolenza. Si richiede che l’amore sia corrisposto e cioè che l’amico sia amico dell’amico. Pertanto la benevolenza non è ancora amicizia, ma ne è il principio. E questa reciprocità, a detta di san Tommaso e come consta anche dall’esoperinza, aggiunge una certa intensità all’amore, un certo fervore (III Sent., d. 27, q.2, a.l).
In questo amore ciò che attrae non è l’utile e neanche di per sé il dilettevole. Ancor meno il dovere o l’obbligo morale. Si ama una persona perché merita di essere amata per se stessa, perché merita che si viva e ci si perda per lei.
Questo amore reciproco crea in coloro che si amano una certa uscita da se stessi (estasi) e fa sì che colui che ama viva più dentro l’amato che dentro se stesso (“amans magis in amato quam in seipso”).
Questa estasi, quando è totale per l’intensità dell’amore, porta colui che ama a immolarsi, a perdersi per il bene della persona amata, a vivere addirittura nella povertà e perfino nel dolore. Ciò che è preminente è il suo bene. È il perdersi per l’altro.
fondato su qualcosa di comune. A S. Tommaso non è sfuggita l’importanza di questo elemento che costituisce il fondamento dell’amicizia: la comunione o comunicazione tra i due.
L’amicizia suppone una certa affinità: o di carattere, o di idee, o di professione, o di vita, o di sentimenti, o di volontà… Se in tutto uno fosse diverso dall’altro, i motivi di divergenza e di contrasto sarebbero continui, rendendo impossibile la mutua frequentazione.
Fra gli amici vi è tale affinità che l’uno si può dire il prolungamento dell’altro. Aristotele dice che l’amico è un altro se stesso.
Per questo tutti gli antichi, in particolare Sallustio, Seneca, Cicerone, S. Girolamo, San Tommaso affermano che amicitia aut similes invenit aut facit (l’amicizia o trova uguali o rende uguali).
Da queste affermazioni scaturiscono due conseguenze.
La prima, che l’amicizia richiede una certa comunione di vita. Aristotele dice che “il silenzio e la lontananza hanno dissolto molto amicizie” (Etica a Nicomaco, VIII,5.5).
La seconda, che vi sia una certa identità di volontà. Gli amici hanno un idem velle e un idem nolle (“un identico volere e disvolere”). Se uno fa tranquillamente ciò che dispiace all’altro, l’amicizia subisce un contraccolpo e si spezza.

Potresti trasferire tutte queste riflessioni all’ordine soprannaturale e allora capiresti che cosa è la vita cristiana, l’amicizia con Gesù Cristo.
Per ora forse è sufficiente così.

Ti ringrazio ancora, ti saluto, ti prometto una preghiera e ti benedico.
Padre Angelo