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Quesito

Caro Padre,
la ringrazio per la disponibilità e ne approfitto per una nuova domanda sulla liturgia: infatti, noto che il mio parroco fa tutta una serie di piccoli abusi liturgici, che certo non sono belli a vedersi, ma tuttavia non penso possano inficiare la validità della Messa.
Proprio a tal proposito vorrei chiedere: quali sono gli abusi che potrebbero addirittura annullare la validità di una celebrazione?
Oppure, detto in altro modo, quali sono le condizioni strettamente necessarie perché una messa possa considerarsi valida a tutti gli effetti?
Riguardo agli abusi a cui mi riferivo sopra, almeno per quanto mi accorgo si tratta spesso dell’aggiunta di qualche parola a quelle previste, che purtroppo non sembra prerogativa solo del mio parroco, e l’andare a fare il segno della pace con i fedeli, mentre invece so che di norma ciò non è permesso…
Ripeto, non mi sembrano grandi abusi, anche se danno noia, più che edificare.
La saluto affidandola a San Domenico, insieme agli amici domenicani che gestiscono il sito
Lorenzo


Risposta del sacerdote

Caro Lorenzo,
1. gli abusi liturgici che possono toccare invalidare un sacramento sono quelli che toccano la materia e la forma del sacramento.
La materia in genere consiste in alcuni elementi materiali indispensabili per la celebrazione del sacramento. Ad esempio l’acqua per il Battesimo, per l’eucaristia la materia è costituita da pane di frumento e da vino.
Per venire alla tua domanda: se il sacerdote usasse pane di mais, di riso o altro materiale il sacramento non sarebbe valido.
Ugualmente se il vino non fosse di vite, oppure, se mescolasse al vino un quantità d’acqua uguale a quella vino, il sacramento non sarebbe valido.
Le gocce d’acqua da unire al vino, segno dell’unione dei nostri sacrifici con quello ben più prezioso di Cristo, sono prescritte, ma non sono ad validitatem.
La forma del sacramento è costituita dalle parole. Nel nostro caso dalle parole consacratorie.
Le parole consacratorie sono quelle pronunziate da Cristo nell’ultima cena e che il sacerdote ripete: “Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”; “Questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”.
Perché la Messa sia valida è necessario che il sacerdote pronunci almeno le seguenti parole: “Questo è il mio corpo” e “Questo è il calice del mio sangue”. Se omette o cambia le altre fa male, anzi malissimo, ma la sostanza del sacramento è salva.

2. Come mi dici tu stesso, il tuo sacerdote e anche altri commettono degli abusi, ma sostanzialmente si tratta di abusi lievi.
Tuttavia non è bere fare neanche così. Il sacerdote non è proprietario del sacramento. I sacramenti sono della Chiesa e lui è un ministro e ai ministri si richiede di essere fedeli.
Pensa un pò se i fedeli cominciassero a rispondere alla acclamazioni liturigiche come ad ognuno pare. Ne verrebbe fuori una Babilonia. E il primo a non volere queste cose sarebbe il sacerdote stesso.
Ebbene, quello che lui non tollererebbe nei fedeli (che, bisogna riconoscerlo, si mostrano più obbedienti di lui), non dovrebbe tollerarlo neanche per se stesso.

3. Giovanni Paolo II fin dall’inizio del suo pontificato scrisse: “Il sacerdote come ministro, come celebrante, come colui che presiede all’assemblea eucaristica dei fedeli, deve avere un particolare senso del bene comune della Chiesa, che egli rappresenta mediante il suo ministero, ma al quale deve essere anche subordinato, secondo la retta disciplina della fede. Egli non può considerarsi come proprietario che liberamente disponga del testo liturgico e del sacro rito come di un suo bene peculiare così da dargli uno stile personale e arbitrario. Questo può talvolta sembrare di maggiore effetto, può anche maggiormente corrispondere ad una pietà soggettiva, tuttavia oggettivamente è sempre un tradimento di quell’unione che, soprattutto nel Sacramento dell’unità, deve trovare la propria espressione” (Dominicae cenae, n. 12, 24.2.1980).
La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, nell’istruzione Redemptionis sacramentum (marzo 2004) ha chiesto di evitare ogni abuso nella celebrazione dell’Eucaristia.
Di questa istruzione riporto solo un numero:
 “Gli abusi non di rado si radicano in un falso concetto di libertà. Dio, però, ci concede in Cristo non quella illusoria libertà in base alla quale facciamo tutto ciò che vogliamo, ma la libertà, per mezzo della quale possiamo fare ciò che è degno e giusto. Ciò vale invero non soltanto per quei precetti derivati direttamente da Dio, ma anche, considerando convenientemente l’indole di ciascuna norma, per le leggi promulgate dalla Chiesa. Da ciò la necessità che tutti si conformino agli ordinamenti stabiliti dalla legittima autorità ecclesiastica” (n. 7).

Ti ringrazio, ti assicuro il mio ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo