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Quesito
Caro Padre Angelo Bellon,
mi permetto di sottoporle un quesito morale.
Come è noto, esistono delle azioni dette “intrinsecamente malvagie”, le quali sono sempre cattive, a prescindere dalle circostanze e dalle intenzioni, e quindi devono essere sempre evitate, come l’omicidio di un innocente.
Tra queste azioni penso che ci sia anche la bugia, cioè la non consonanza tra quello che si pensa e quello che si dice, che è venir meno alla tendenza dell’uomo alla verità.
Esistono però delle situazioni in cui, pragmaticamente, si mente pur di salvare qualche bene. Mi permetta un esempio un po’ estremo: dei nazisti suonano alla porta di un monastero chiedendo se ci sono degli ebrei ospitati all’interno. Ipotizziamo che ci siano. Naturalmente i padri mentiranno, dicendo che non ci sono ebrei, così da salvare loro la vita.
E’ un esempio estremo, me ne rendo conto, però spesso nella vita quotidiana incontriamo persone che affermano di aver detto bugie, ma a fin di bene. Certo, si tratta di solito di piccolo bugie solitamente, ma la questione di principio resta la medesima, credo.
Mi chiedo: può un fine buono giustificare una azione che è per se cattiva? Oppure non è mai lecito dire bugie?
Omettere la verità, invece, penso che sia, in certi casi circostanziati, non solo lecito, ma anche doveroso. Mi sbaglio?
La ringrazio per la disponibilità
G. G.
Risposta del sacerdote
Caro G.G.,
1. dici giusto quanto affermi che il male non va mai fatto, neanche a fin di bene.
E la bugia, in se stessa, è sempre, un male. Pertanto non va mai detta.
2. Tuttavia, a volte, quelle che sembrano bugie, in realtà non lo sono o perché non c’è il dovere di rispondere su cose di cui l’interlocutore non ha diritto di conoscere la verità, oppure perché di fatto si fa una restrizione mentale.
3. Per restrizione mentale s’intende il restringere dentro la propria mente il significato delle parole che si stanno dicendo.
I moralisti distinguono tra restrizione mentale stretta (quando assolutamente non è possibile, da ciò che si dice, conoscere la verità) e restrizione mentale larga (quando è possibile conoscere la verità che rimane solo velata).
La restrizione mentale stretta non è lecita ed è stata condannata dal S. Ufficio (DS 2126-2128).
È lecita invece la restrizione mentale larga. Non essendoci altro modo per esprimersi, si permette che l’interlocutore intenda la frase in un significato più ampio, mentre in realtà chi parla la intende in senso più ristretto.
Pertanto la risposta “in convento non custodiamo ebrei” può significare che non li custodiamo per consegnarli a chi li vuole deportare o uccidere.
Ti saluto, ti prometto un ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo