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Quesito

Caro Padre Angelo,
Vorrei sottoporLe una questione sicuramente dettata dalla mia ignoranza teologica e perfino del catechismo (devo ancora acquistarne una copia) – perlomeno su non poche questioni.
Nel matrimonio cattolico si parla di fedeltà, di diventare una sola carne, eccetera, e la liturgia recita “finché morte non vi separi”.
Bene, ma questo “morte” riguarda uno dei due o entrambi?
Mi spiego: se uno dei coniugi muore, lasciando l’altro non necessariamente in condizioni di ristrettezze economiche, come deve comportarsi il sopravvissuto?
Può legittimamente donarsi ad un’altra persona, terminato un periodo più o meno lungo di lutto, e quindi risposarsi? Oppure con quest’ipotesi si configura il venir meno del giuramento di fedeltà eterna?
Grazie se mi vorrà rispondere o segnalarmi dove nella nostra letteratura si parla di ciò.
Diego.


Risposta del sacerdote

Caro Diego,
il matrimonio viene meno con la morte di uno dei due coniugi.
Per questo la Chiesa ha sempre acconsentito alle seconde nozze per qualsiasi motivo.
San Paolo, parlando delle vedove più giovani, dice a Timoteo: “Desidero quindi che le più giovani si risposino” (1 Tm 5,14).
Il motivo è semplice: il matrimonio stabilisce dei doveri e dei diritti reciproci tra marito e moglie. Ma quando uno non esiste più nell’integralità della persona, che è costituita di anima e di corpo, viene meno anche la reciprocità dei diritti e dei doveri.
Vi può essere una fedeltà spirituale. Ma i coniugi nel giorno delle lori nozze promettono di amarsi e di rispettarsi per tutta la vita. Non dicono: per tutta l’eternità.
San Paolo esorta le vedove a comportarsi come le vergini (1 Cor 7,8) per stare unite al Signore senza distrazione. E noi potremmo dire anche per conservare una fedeltà spirituale. Ma San Paolo stesso, tenendo i piedi per terra, desidera che le vedove giovani si risposino.

Ti ringrazio, ti prometto una preghiera e ti benedico.
Padre Angelo