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Quesito

Caro Padre Angelo, Laudetur Jesus Christus!
Ho una domanda da farle; quando è lecito per un cattolico mentire? E se il cattolico in questione ricoprisse un ruolo all’interno della Gerarchia Ecclesiastica, e più precisamente dell’alta gerarchia, magari un prelato molto vicino al Santo Padre, è autorizzato a mentire se vincolato dal segreto del Sigillo Pontificio? 
Grazie per l’eventuale risposta.
Flavio


Risposta del sacerdote

Caro Flavio,
1. nessuno è autorizzato a mentire, così come nessuno può autorizzare a mentire.
Il comandamento “non dire falsa testimonianza” rientra tra i precetti morali negativi.
I precetti morali negativi sono quelli che proibiscono di fare il male e pertanto obbligano sempre e in ogni caso.

2. Il Santo Papa Giovanni Paolo II a questo proposito insegna: “Se gli atti sono intrinsecamente cattivi, un’intenzione buona o circostanze particolari possono attenuarne la malizia, ma non possono sopprimerla: sono atti «irrimediabilmente» cattivi, per se stessi e in se stessi non sono ordinabili a Dio e al bene della persona: «Quanto agli atti che sono per se stessi dei peccati – scrive sant’Agostino -, come il furto, la fornicazione, la bestemmia, o altri atti simili, chi oserebbe affermare che, compiendoli per buoni motivi, non sarebbero più peccati o, conclusione ancora più assurda, che sarebbero peccati giustificati?».
Per questo, le circostanze o le intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto per il suo oggetto in un atto «soggettivamente» onesto o difendibile come scelta” (Veritatis splendor, 81).

3. E ancora: “I precetti negativi della legge naturale sono universalmente validi: essi obbligano tutti e ciascuno, sempre e in ogni circostanza. Si tratta infatti di proibizioni che vietano una determinata azione semper et pro semper, senza eccezioni, perché la scelta di un tale comportamento non è in nessun caso compatibile con la bontà della volontà della persona che agisce, con la sua vocazione alla vita con Dio e alla comunione col prossimo. È proibito ad ognuno e sempre di infrangere precetti che vincolano, tutti e a qualunque costo, a non offendere in alcuno e, prima di tutto, in se stessi la dignità personale e comune a tutti” (VS 52).

4. Insistendo su questa affermazione, ribadisce che “i precetti morali negativi, cioè quelli che proibiscono alcuni atti o comportamenti concreti perché intrinsecamente cattivi, non ammettono alcuna legittima eccezione; essi non lasciano alcuno spazio moralmente accettabile per la «creatività» di una qualche determinazione contraria. Una volta riconosciuta in concreto la specie morale di un’azione proibita da una regola universale, il solo atto moralmente buono è quello di obbedire alla legge morale e di astenersi dall’azione che essa proibisce” (V 67).

5. Sicché “di fronte alle norme morali che proibiscono il male intrinseco non ci sono privilegi né eccezioni per nessuno. Essere il padrone del mondo o l’ultimo «miserabile» sulla faccia della terra non fa alcuna differenza: davanti alle esigenze morali siamo tutti assolutamente uguali” (VS 96).

6. È lecito invece ricorrere alla restrizione mentale.
Per restrizione mentale s’intende quell’atto della mente per cui si cambia dentro di sé il significato che le parole proferite hanno presso l’interlocutore. 
Ad esempio, si compie una restrizione mentale quando si dice di ignorare una determinata realtà quando invece la si conosce bene. Ma vien detto che la si ignora nel senso che non si è tenuti a rivelarla. Anzi ci può essere addirittura il dovere di tenerla nascosta. È il caso degli infermieri, dei medici, degli avvocati, dei confessori…

7. Gesù Cristo ha fatto uso della restrizione mentale quando ha risposto a chi gli chiedeva quando sarebbe avvenuto il giudizio universale: “Nessuno, neanche il Figlio dell’uomo, conosce l’ora del giudizio” (Mc 13,22): qui è sottinteso che il Figlio non lo sa allo scopo di rivelarlo agli altri.

8. I teologi distinguono poi tra restrizione mentale stretta e restrizione mentale larga e affermano che è lecita solo la restrizione mentale larga perché tiene nascosta una verità che non si è tenuti a rivelare. L’interlocutore lo può comprendere.
Mentre non è lecita la restrizione mentale stretta perché equivale ad una bugia vera e propria e inganna l’interlocutore.
Pertanto, in risposta al tuo quesito, un prelato molto vicino al Papa può dire di ignorare determinate cose perché non è tenuto a rivelarle, anzi ha l’obbligo di tenerle nascoste, mentre non può dire una cosa al posto di un’altra.
Può fare una restrizione mentale oppure, più semplicemente, si appella al segreto professionale.

Con l’augurio di ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo