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Quesito
Gentile Padre Angelo,
Le chiedo chiarimenti intorno al concetto di meditazione, alla preghiera di meditazione. Se quando medito su un passo del Vangelo mi metto a pensare a cosa significa ad esempio amare, aver fede, salvezza, ecc. sto ancora pregando o sto pensando, facendo delle riflessioni teologiche o filosofiche?. Che differenza c’è tra la preghiera come meditazione e queste riflessioni. Un filosofo o teologo che pensano a Dio stanno pregando? Io mi interrogo spesso intorno a questioni filosofiche e religiose, ma non credo che si possa dire che stia pregando. O forse sbaglio?
In altri termini in cosa si specificherebbe l’atto della preghiera e precisamente quello della meditazione, cioè dell’orazione mentale, dall’atto dello studiare e pensare, se l’oggetto è lo stesso e in entrambi i casi si deve usare l’intelligenza per compiere un atto di conoscenza?
Grazie.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. San Giovanni Damasceno († 749) ha definito la preghiera con un’espressione che è poi diventata classica: “La preghiera è un’elevazione dell’anima a Dio” (Oratio est ascensus mentis in Deum).
Qualcuno ha osservato che questa definizione non sarebbe perfetta perché è applicabile ad ogni tipo di preghiera, compresa quella pagana e, anzi, potrebbe dare l’impressione che la riflessione su Dio fatta da un ateo per combattere la religione possae essere definita preghiera, la qual cosa sarebbe assurda.
Sarebbe come dire che chi bestemmia, dal momento che pensa a Dio, dice una preghiera!
Sebbene un’affermazione del genere sia uscita dalla bocca di qualcuno, si tratta però di una stupidaggine enorme. Chi potrebbe rispondere alla moglie che si lamenta degli insulti ricevuti dal marito: “Ma non prendertela, perché dicendoti quelle parole pensa a te!”.
2. Per questo i teologi, in particolare san Bonaventura, hanno aggiunta un aggettivo alla definizione del Damasceno: la preghiera è una pia elevazione dell’anima a Dio.
Questo aggettivo pia ha il significato che a questa parola davano gli antichi romani quando parlavano di “pietas erga parentes” e cioè di affetto filiale verso i genitori.
Allora è preghiera anche quel pensiero su Dio (la meditazione) e anche quello studio che è accompagnato da affetto perché realmente unisce il nostro cuore con il cuore di Dio.
Questo, ad esempio, è lo studio che fanno i domenicani. Studiando e pensando a Dio non compiono solo un’attività intellettuale, ma anche affettiva perché nello stesso tempo si uniscono a Lui, lo ringraziano dei lumi ricevuti e gli danno il loro affetto e il loro cuore per un più pronto servizio.
In questo senso aveva ragione il santo Curato d’Ars quando diceva che la preghiera non è altro che l’unione della nostra anima con Dio.
Pertanto l’elemento decisivo perché il pensiero su Dio sia anche preghiera e non solo pensiero deriva dalla presenza dell’affetto, dall’unione del cuore.
Ti saluto cordialmente, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo