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Quesito
Rev. mo Padre,
quando un’anima "possiede" la Trinità quali sono i frutti?
In attesa della sua risposta, la ringrazio di cuore.
Grazie ancora
Simone
Risposta del sacerdote
Carissimo,
i frutti o effetti dell’inabitazione di Dio nelle anime sono molti, ma i principali sono tre: la conoscenza sperimentale di Dio, una straordinaria dolcezza nell’anima, una particolare comunione col Paradiso.
1. Circa la conoscenza sperimentale di Dio Gesù, parlando dell’inabitazione, aggiunge anche un effetto particolare, frutto di questa presenza di Dio nell’anima: “Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14,21).
Parlando dello Spirito Santo che porta in noi l’amore divino Gesù dice: “Egli vi insegnerà ogni cosa” (Gv14,26).
S. Giovanni, nella sua prima lettera, lo testimonia: “Non avete bisogno che alcuno vi ammaestri, ma la sua unzione vi insegna ogni cosa” (1 Gv 2,27). Questo avviene perché la carità, che è il primo effetto della presenza dello Spirito Santo ed è come la sua unzione, “causa l’illuminazione del cuore” (S. Tommaso, In duo praecepta caritatis et in decem legis praecepta expositio, n. 1148).
“La carità insegna tutto ciò che è necessario alla salvezza (1 Gv 2,27). E questo avviene perché dove c’è la carità, c’è lo Spirito Santo, che conosce ogni cosa e che ci conduce per la via retta, come si legge nel Sal 142 e anche in Sir 2,10: “Voi che temete il Signore, amatelo; e saranno illuminati vostri cuori”, cioè per conoscere ciò che è necessario alla salvezza” (Ib.).
S. Tommaso è particolarmente incline a sottolineare l’importanza di questo nuovo tipo di apprendimento, di cui parla fin dalla prima questione della Somma teologica (cfr. Somma teologica, I, 1, 6).
“Quando viene donato lo Spirito Santo, si realizza in noi una congiunzione con Dio che si esprime secondo il modo proprio di quella divina Persona e cioè per amore… Perciò questa conoscenza è quasi sperimentale” (S. Tommaso, In I Sent., d. 14, q. 2, a. 2, ad 3).
Altrove dice che “per l’ardore della carità si realizza la conoscenza della verità” (S. Tommaso, Commento al Vangelo di Giovanni, 5,35).
2. Il secondo effetto consiste in una certa esperienza di dolcezza (S. Tommaso, Somma teologica, II-II, 112, 5).
Per S. Tommaso si tratta di uno di quei segni per i quali possiamo congetturare il nostro stato di grazia.
È vero che il concilio di Trento ha affermato che “nessuno sa con certezza di fede, incompatibile con ogni errore, se sia in stato di grazia” (DS 1534). Tuttavia, come ricorda S. Paolo, “lo Spirito attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio” (Rm8,16). Non lo si percepisce dall’esterno, ma “mediante l’effetto dell’amore filiale che egli produce in noi” (S. Tommaso, Commento alla lettera ai Romani, VIII, 8)
Lo si può congetturare da tre segni.
Il primo risulta dalla testimonianza della propria coscienza, per cui si è consapevoli di amare il Signore e di essere pronti a qualsiasi cosa pur di non offenderlo.
Il secondo è costituito dall’ascolto della parola di Dio e soprattutto dal metterla in pratica.
Il terzo è dato dall’interno assaporamento della divina sapienza, che avviene come una certa prelibazione della beatitudine futura (S. Tommaso, Opusc. LX, De Humanitate Christi, 24).
È un’esperienza, questa, sempre legata alla carità e alla presenza dello Spirito Santo, e la si può notare anche in persone incolte, ma unite al Signore: “Vediamo persone semplici che sono ferventi nell’amor di Dio, sebbene abbiano una mente molto tarda nella conoscenza della divina sapienza” (S. Tommaso, In I Sent., d. XV, q. 4, a. 2, ob. 4).
Queste persone sono in grado di giudicare la verità o la falsità di ciò che viene loro proposto nelle cose divine. Magari non sanno contraddire gli interlocutori che sbagliano, ma sentono, per la testimonianza di Dio che hanno dentro di loro (1 Gv 5,10), che quanto essi dicono non è conforme alla vera dottrina e non li seguono.
S. Bernardo dice che questa presenza può essere percepita ex motu cordis, dal movimento del cuore: “Tu mi domandi come io posso conoscere la presenza di Colui le cui vie sono impenetrabili. Appena è presente, egli ridesta l’anima mia addormentata: egli muove, intenerisce, ferisce il mio cuore duro come una pietra e malato; si adopera a strappare e a distruggere, a edificare e a piantare, ad irrigare ciò che è arido e secco, ad illuminare quello che è nelle tenebre, ad aprire quello che è chiuso, a riscaldare quello che è freddo, a raddrizzare quello che è tortuoso, ad appianare quello che è accidentato. E così, quando lo sposo entra nell’anima mia, io riconosco la sua presenza, come ho detto, dal movimento del mio cuore” (S. Bernardo, Sermone 74 in Cant.).
3. Il terzo effetto è dato da una particolare comunione col Paradiso.
Nel commento al Padre nostro, S. Teresa d’Avila dice che per “cieli” si intende l’interno delle nostre anime: “Dio è dovunque. Ma dove sta il re, ivi è la sua corte. Perciò, dove sta Dio, ivi è il cielo. Sappiate dunque che dove si trova la maestà di Dio, ivi è tutta la gloria. Ricordate ciò che disse S. Agostino, il quale dopo aver cercato Dio in molti luoghi, lo trovò finalmente in se stesso (s. agostino, Confessioni, X, 27)… Pensate forse che egli venga da solo? Non udite suo Figlio che dice: che sei nei cieli? Ed è forse possibile che un Re così grande si muova senza seguito? No, i suoi cortigiani li ha sempre con sé; e poiché essi sono pieni di carità, lo pregano continuamente per noi e per i nostri bisogni” (S. Teresa d’Avila, Cammino di perfezione, XXVIII, 2.13).
Come vedi, ha ragione san Tommaso a dire che qui si gusta una prelibazione del Paradiso.
Te la auguro di cuore, anche in mezzo ai turbamenti della vita.
Ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo