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Quesito
Caro Padre Angelo,
ho letto con attenzione le sue risposte agli ultimi quesiti in materia di etica coniugale, in particolare nelle parti riferite ai preliminari del rapporto, dalle quali ho percepito, non senza un certo sgomento, quasi una condanna verso preliminari un po’ “spinti” al rapporto sessuale propriamente detto.
Il mio quesito è questo.
E’ peccato grave se nei preliminari del rapporto fra marito e moglie ci si abbandona reciprocamente ad una genitalità “spinta” finalizzata ad aumentare l’eccitazione e l’appagamento reciproco, accettata con soddisfazione da entrambi e senza ripugnanza alcuna, fermo restando il fine ultimo procreativo e la congiunzione sessuale che ne consegue?
Mi perdoni se sono stato troppo diretto e che Dio la benedica.
A.
Risposta del sacerdote
Caro A.,
da quanto mi dici, tutto quello che voi fate come preliminare è destinato ad un rapporto coniugale che risulta perfettamente appagante.
Tuttavia gli atti che tu chiami preliminari spinti, cercati per se stessi, potrebbero snaturare il significato della sessualità.
Non è così per voi.
Inoltre mi piace sottolineare che la ricerca del piacere, se è legata ad un’azione degna della persona, non ha nulla di riprovevole. Non si fa questo anche a tavola?
S. Tommaso insegna che “la sovrabbondanza del piacere che è nell’atto venereo ordinato secondo ragione non esclude il giusto mezzo della virtù. Inoltre alla virtù non interessa quanto sia il piacere dei sensi esterni, ma quanto l’inclinazione interiore sia affezionata a tale piacere” (s. tommaso, Somma teologica, II-II, 153, 2, ad 2).
Il compito della temperanza non sta nel reprimere i piaceri, ma nel signoreggiarli (Somma teologica, II-II, 153, 2, ad 2).
Ciò che importa pertanto è che l’uomo conservi la signoria sui piaceri e che custodisca la libertà interiore, in modo tale che l’atto coniugale sia sempre un atto di vero amore e non semplicemente di libidine.
Ti ringrazio per la puntualizzazione che mi hai permesso di fare, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo