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Quesito
Caro Padre Angelo,
prendo spunto per questa mia domanda da un recentissimo fatto di cronaca, che mi ha colpito : la morte della nota scrittrice e giornalista Oriana Fallaci, che ha voluto accanto a sé, negli ultimi istanti della sua esistenza, l’amico mons. Rino Fisichella.
Oriana Fallaci era stata battezzata e cresimata in gioventù, ma si era poi allontanata dalla fede e si era sempre definita non credente. Recentemente amava definirsi “ atea cristiana” – dove l’aggettivo “cristiana” era da intendersi in senso soprattutto culturale e identitario -, aveva condotto un’aspra e polemica battaglia culturale sull’identità occidentale e le radici cristiane dell’Europa (rinnegate purtroppo nella stessa costituzione dell’unione europea) abiurate dalla gran parte degli intellettuali “alla moda”e stimava Papa Benedetto XVI (di cui condivideva l’analisi intellettuale sulla crisi dell’Occidente e che volle incontrare lo scorso anno) . In un’ intervista pubblicata su un quotidiano, mons. Fisichella ha detto che la Fallaci ultimamente si era in qualche modo riavvicinata alla Chiesa, che lui pregherà per la sua anima, ma che in ogni caso continuava a proclamarsi non credente e che comunque non si può parlare di conversione (la stessa Fallaci anzi, con l’ironia graffiante che la caratterizzava, disse al monsignore di volere proprio lui accanto in punto di morte, perchè sicura -in nome della loro amicizia- “che non avrebbe provato a convertirla in extremis”); ad una precisa domanda, mons. Fisichella ha poi precisato di non averle impartito il Sacramento dell’Estrema Unzione per rispettare la volontà della donna.
Fermo restando che, data la drammaticità e la delicatezza della situazione, null’altro è trapelato dalle parole dell’alto prelato, e che noi non sappiamo – e non sapremo mai – che cosa si siano detti i due e che cosa sia realmente accaduto in quel frangente, e meno che mai sapremo (solo il Padre Eterno può tanto!) quali fossero le reali inclinazioni dell’anima della povera Oriana Fallaci (che, come ha detto mons. Fisichella, affidiamo comunque alla Misericordia di Dio) e lungi da me l’intenzione di giudicare o criticare l’operato dell’alto prelato in questione (di cui nutro peraltro profonda stima e simpatia), la mia domanda si concentra su quest’ultimo punto e, aldilà del caso specifico in questione, vuole essere generale.
Le chiedo:
di fronte ad un uomo (battezzato) in fin di vita e in stato di incoscienza, che in vita sua avesse abbandonato la fede ed avesse espresso chiaramente (prima di perder conoscenza) la volontà di rifiutare la riconciliazione con il Padre Eterno attraverso la Confessione ed il Sacramento dell’Unzione degli infermi, come si dovrebbe comportare un sacerdote lì presente, per amicizia (come nel caso di mons. Fisichella) o perchè eventualmente chiamato al capezzale del morente da un famigliare credente? Dovrebbe far prevalere il rispetto della volontà del morente oppure, spinto da carità cristiana e dal desiderio di salvare un’anima in extremis (ricordando che, essendo incosciente il malato, l’unzione ha il potere di rimettere i peccati del morente) dovrebbe comunque impartire il Sacramento dell’Estrema Unzione?
Nel ringraziarla ancora una volta per la sua grande disponibilità e per il prezioso servizio che svolge attraverso la sua rubrica, desidererei lanciare un appello a tutti i visitatori del sito: in questo frangente così drammatico, in cui il Santo Padre è fatto oggetto di violenti e inqualificabili attacchi, intensifichiamo la nostra preghiera per il Papa !
Cordiali saluti in Cristo Re,
Pietro D.
Risposta del sacerdote
Caro Pietro,
1. per ricevere validamente un sacramento della Chiesa si richiede che il soggetto sia “sciens et volens”, vale a dire consapevole e volente.
Infatti ci si congiunge a Cristo solo nella libertà, che è la condizione minima perché si possa parlare di amore. Se uno non è libero, non può dare un’adesione piena d’ amore, ma vi è costretto.
2. Tu mi hai posto un quesito di ordine generale, ma partendo da un evento, quello della morte di Oriana Fallaci, che è stata battezzata e poi si è definita atea.
Noi sappiamo con certezza che mediante il Battesimo Dio aveva infuso in lei la luce della fede. Questa fede poi, al dire del soggetto, si è spenta.
È difficile, se non impossibile, per noi diagnosticarne i motivi. Tante volte i figli vengono battezzati per tradizione o altri motivi. Ma poi non ci si cura di alimentare il germe introdotto dal Signore. La vita di certi bambini o giovani purtroppo assomiglia a un terreno simile alla strada. Nel Battesimo il Signore semina, ma la semente non penetra e diventa facile preda degli uccelli del cielo o viene calpestata dai passanti.
3. Venendo adesso alla tua domanda bisogna dire che se il soggetto ha manifestato chiaramente la volontà di non ricevere i sacramenti, non glieli si deve conferire.
E questo per un duplice motivo:
primo, per il rispetto della volontà del soggetto.
Secondo, per evitare di profanare un sacramento che, in assenza della volontà del soggetto, viene esposto all’invalidità e non può comunicare la grazia.
Nel caso citato, mons. Fisichella era stato voluto dalla paziente accanto al proprio letto. E volle proprio lui perché lei era certa che avrebbe rispettato fino in fondo la sua volontà di non celebrare alcun sacramento. Mons. Fisichella si è comportato in maniera onesta e non ha tradito il patto.
4. Tu domandi: ma quando Oriana ha perso coscienza, non poteva aveva amministrare il Sacramento dell’Unzione degli infermi, sapendo che questo sacramento rimette anche i peccati gravi se uno non può confessarli?
No, non poteva, perché l’ultima volontà di Oriana era di non ricevere il Sacramento, e quella volontà permaneva anche nello stato di incoscienza. Se avesse agito diversamente, mons. Fisichella avrebbe profanato il sacramento.
5. Che cosa può fare dunque un sacerdote quando viene chiamato in extremis dal paziente stesso o dai suoi familiari?
Può e deve pregare per quella persona, accompagnandola verso l’incontro col Signore, raccomandandola alla Sua misericordia.
6. Nel caso specifico di Oriana Fallaci: visto che si definiva atea cristiana (sebbene con le precisazioni da te fatte) e considerato che in punto di morte aveva voluto accanto a sé un sacerdote, e sebbene mons. Fisichella obiettivamente non potesse amministrare il sacramento dell’Unzione, tuttavia poteva impartirle segretamente un’assoluzione sub conditione (sotto condizione).
L’assoluzione sub conditione vuol dire questo: che mons. Fisichella intendeva dare l’assoluzione nel caso che Oriana dall’interno della propria coscienza avesse espresso pentimento per i peccati.
Noi non sappiamo se mons. Fisichella l’abbia fatto. Personalmente sono portato a credere che l’abbia fatto, anche perché ha detto di aver affidato Oriana alla misericordia del Signore.
E se l’ha fatto, ha fatto bene a non manifestarlo per rispettare l’ultima volontà espressa esternamente dalla paziente, volontà custodita così scrupolosamente anche dai congiunti.
Tra parentesi, l’assoluzione non è il sacramento dell’Unzione degli infermi. E pertanto alla domanda precisa se abbia conferito il Sacramento dell’Unzione, mons. Fisichella ha detto di non averlo conferito.
Sarebbe stato diverso se gli avessero chiesto se aveva dato l’assoluzione sub conditione. Ma anche in questo caso avrebbe potuto benissimo rispondere di no, perché non era tenuto a dire ciò che aveva fatto segretamente dall’interno del suo cuore.
Si sarebbe trattato di una restrizione mentale, non avendo i giornalisti il diritto di conoscere i segreti del suo cuore e non avendo lui il dovere di esternare ciò che intende conservare come segreto del suo cuore.
Ti ringrazio della stima e della benevolenza nei confronti del nostro sito.
Ti seguo con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo.