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Quesito

Buongiorno padre
Ultimamente, leggendo le Scritture mi sono imbattuto nel Levitico nei passi della purificazione della puerpera e in quello dei rapporti sessuali e anche nel caso del ciclo mestruale.
Ora, tenendo in considerazione il fatto che le regole scritte nel Levitico sono desuete e che valevano per i primi gruppi di ebrei, non riesco però ad immaginare come Dio abbia potuto dire a Mosè di far rimanere le donne 33 giorni a purificarsi del loro sangue se partoriscono un maschio, ma se partoriscono una femmina devono purificarsi il doppio del tempo, come se fosse una disgrazia partorire una femmina.
Chiedo pertanto delle delucidazioni in merito.
Francesco


Risposta del sacerdote

Caro Francesco,
1. va detto anzitutto che la purità e l’impurità di cui qui si parla era una condizione per poter celebrare il culto. Pertanto era solo di carattere rituale.
Non era un’impurità che macchiava l’anima, un peccato.
Queste impurità si potevano contrarre anche nel compimento di azioni buone e doverose, come ad esempio quelle dei rapporti coniugali oppure nel toccare e trattare il cadavere per la sepoltura.

2. J. McKenzie nel suo Dizionario biblico scrive: “Si incorre nelle impurità in quasi tutte le funzioni sessuali, legittime o illegittime, normali o anormali.
Un uomo o una donna che ha una perdita dagli organi sessuali è impuro (Lev 15,2ss, 16ss). Una donna è impura durante le mestruazioni (Lev 15,19ss), come durante ogni anormale perdita di sangue.
La donna è impura dopo la nascita di un figlio per sette giorni se il figlio è maschio (Lev 12,2), per 14 se è femmina (Lev 12,5); si dovrà astenere dai rapporti sessuali per altri 33 giorni dopo la nascita se il figlio è un maschio, per altri 66 sei una femmina. Alla fine dei 40 o degli 80 giorni, c’è un rito di purificazione.
I normali rapporti sessuali rendono impuri per il resto del giorno (…).
I sacerdoti, a motivo del loro contatto con gli oggetti sacri, sono soggetti a particolari obblighi di purità. Non è loro permesso di incorrere nell’impurità per il contatto con i cadaveri, a meno che si tratti dei parenti più stretti (Lev 21,1ss).
Ma il sommo sacerdote non deve incorrere in queste impurità neppure per il cadavere del padre o della madre (Lev 21,11).
Se un sacerdote incorre nelle impurità, è impuro per il resto del giorno e non potrà mangiare i cibi offerti in sacrificio (Lev 22,4ss).
(…).
Si diviene impuri non soltanto mediante il contatto con un uomo o una donna che abbia perdite dagli organi sessuali, ma anche mediante il contatto con i mobili o gli oggetti da essi toccati; ogni vaso di terracotta toccato da una persona che abbia perdite del genere sarà spezzato” (Dizionario biblico, p. 777).

3. J. McKenzie osserva che queste zone di purità e di impurità hanno a che fare con l’inizio e con la fine della vita.
E scrive: “Per gli antichi ebrei come per altre religioni semitiche, la vita e la morte sono l’area del divino, sono la regione dove il potere della divinità si manifesta più apertamente. La partecipazione umana all’inizio della vita mediante le funzioni sessuali veniva considerata una partecipazione alle funzioni della divinità; d’altro canto, colui che aveva appena terminato di vivere, era toccato, per così dire, dalla mano della divinità” (Ib., p. 778).
E aggiunge: “L’impurità, anche se interpretata come intimo contatto con i misteri della vita e della morte, non ci dice perché mai questo contatto rende inadatti alle funzioni del culto pubblico” (Ib., p. 778).

4. Padre Marco Sales nel suo Commentario al Levitico va più in là e sottolinea che “anche presso gli indiani, i persiani e gli arabi, la donna che aveva partorito, era ritenuta immonda per un certo tempo.
Presso i greci non era permesso appressarsi all’altare, e solo dopo 40 giorni poteva entrare nei templi. Tanto essa quanto il bambino dovevano lavarsi.
Analoghe osservanze vigevano pure presso i romani; il che lascia supporre che parecchie tra le leggi di Mosé fossero già osservate dal popolo ab antico e siano state ora semplicemente rinnovate.
Durante questo primo periodo non solo essa era immonda, ma comunicava anche l’immondezza a tutto ciò che toccava, e perciò doveva essere separata da tutti, anche dal marito.
Nel secondo periodo, ossia nei 33 giorni seguenti, poteva convivere con gli altri e attendere alle ordinarie occupazioni, ma non era permesso di accostarsi alle cose Sante.
Se invece di un maschio aveva partorito una femmina, il primo periodo durava due settimane il secondo, 66 giorni.
In generale si richiedono circa sei settimane, ossia 40 giorni prima che la donna che ha partorito sia completamente risanata.
Durante questo tempo non poteva prendere parte ai sacrifici, ai compiti sacri, alle cerimonie sacre, eccetera, ma doveva restare in casa.
Il maggior tempo richiesto nel caso che avesse partorito una figlia era probabilmente ordinato a ricordare agli uomini che il peccato era stato introdotto nel mondo da una donna”.

5. L’annotazione di Padre Sales è importante perché fa capire come più che essere una legge prettamente giudaica, fosse una prassi comune tra gli antichi.
Mosè l’avrebbe soltanto confermata.
Il doppio tempo previsto per la purificazione per gli ebrei aveva un riferimento biblico, quello che San Paolo avrebbe indicato con le seguenti parole: “Non Adamo fu ingannato, ma chi si rese colpevole di trasgressione fu la donna, che si lasciò sedurre!” (1 Tm 2,14).
Su questo, a quei tempi, nessuno aveva qualcosa da osservare.

Ti auguro un felice proseguimento delle feste natalizie, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo