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Quesito
Caro Padre Angelo,
sono Giulia, una ragazza di 20 anni che da tempo ha scoperto il vostro sito e ammira la cura e la dedizione che lei e lo staff prestate.
Vengo al motivo del mio disturbo: non avrei mai pensato di trovare il coraggio di farlo ma vorrei chiederle un’opinione e se possibile un aiuto.
Sono cresciuta in un ambiente aperto al confronto, vicino alla chiesa, ma dove tuttavia la fede è vista come un adornamento della vita, non il sostentamento di essa. Amici, parenti e genitori sono persone davvero "buone", penso persino siano più utili loro al progetto di Dio di me, ma nonostante ciò sembrano non capire e non accettare che vi sia "bisogno di un di più". Non posso dire di avere un buon rapporto con Dio: per motivi con cui non voglio ulteriormente tediarla non riesco ad accettare che Lui possa amare una come me, però avverto un bisogno lancinante di dare senso alla realtà. Nella notte di Natale nel mio paese 2 miei coetanei sono morti in un incidente stradale, provocando lo smarrimento di tutti. Non li conoscevo ma certe tragedie sconvolgono le certezze perbeniste del piattume quotidiano. Ho capito da tempo che la vita assume senso solo se essa diventa "dono" (il modo con cui donare la mia mi è ancora totalmente ignoto) ma mi vedo indegna di avvicinarmi a Cristo e allo stesso tempo incapace di rendere soddisfatto chi mi sta vicino perché non mi so appagare con una bevuta o un rapporto "alla spicciolata" . Da fuori appaio pragmatica e razionale, non pretendo di valere qualcosa ma solo di poter essere minimamente utile a Lui.
Mi sento dire che chiedo troppo e cerco troppo nella vita se non mi accontento di accettare passivamente ciò che accade tutti i giorni, che in realtà sono solo una ragazzina che vagheggia ideali destinati ad esaurirsi, ma quando la crudezza della realtà stessa provoca così a fondo l’uomo, come non seguire la ferita del cuore? A volte vorrei potermi strappare di dosso questo desiderio che mi spinge alla ricerca ed adeguarmi alle soddisfazioni e alle certezze "normali". Mi creda padre io non ho tempo da perdere in vagheggiamenti, sarei fin troppo presa dai ritmi dell’università e di quelli da giovane del 2000 che deve progettare e costruire il proprio progetto di vita. Prima di lei non ho mai messo a nessuno al corrente di queste considerazioni e spero di essermi spiegata minimamente nonostante la scrittura" a fiotti". Non so come devo relazionarmi con questo bisogno di dono e nemmeno con Cristo. Ho provato a "togliere di mezzo" Dio, a fare esattamente come fanno tanti miei compagni, sono arrivata ad odiarmi più di prima e a nascondere tutto, ad adeguare tutto ai canoni prestabiliti, che comunque cedono di fronte ai fatti più tragici.
Mi scuso per la perdita di tempo che le ha comportato la lettura di questa mail e la ringrazio, promettendole di ricordarla nella mia seppur inutile preghiera.
Giulia
Risposta del sacerdote
Cara Giulia,
1. penso che ogni persona che rifletta un tantino non sappia capacitarsi del perché Dio la ami tanto perdutamente.
Non è solo il tuo stupore, ma è anche il mio stupore e, credo, di chiunque altro.
2. Ma se si riflette un pò più a fondo si capisce che Dio non è come noi.
Proprio perché è Dio è capace di un amore così longanime, così eterno, così premuroso, così infinito per ognuno di noi, per quanto miserabile.
3. È un amore che vuole mettere a disposizione di ciascuno di noi tutti i beni del Paradiso, a cominciare dal bene più grande che è Lui stesso, la sua presenza, la comunione di vita con Lui.
È un amore che ci vuole eterni come è Lui, felici come è Lui, capaci di amare e di essere nella gioia come è Lui.
4. Sì, ci si sente confusi di fronte a tanto amore, perché è del tutto gratuito e del tutto preveniente.
5. Talvolta si sente l’esigenza di dirgli come San Pietro: “Allontanati da me Signore perché sono un peccatore” (Lc 5,8).
Ma poi ci si domanda: se Lui si allontana da me che cosa faccio, che senso ha la mia vita, dove vado?
Dovrei stare in balìa dei demoni, in balìa del non senso assoluto di tutte le cose, in balìa degli eventi…
E ancora: dove trovare aiuto, dove un punto d’appoggio nelle lotte e nelle difficoltà, dove approdare?
E allora ci si rivolge di nuovo al Signore con altre parole, ancora con quelle di San Pietro: “Da chi andremo noi, Signore. Tu solo hai parole di vita eterna” (Gv 6,68).
Tanto più che “la sua compagnia non dà amarezza, né dolore la sua convivenza, ma contentezza e gioia” (Sap 8,16).
6. A questo punto non mi rimane che esortarti a stare con Lui.
Con Lui comprendi il senso di tutto, anche della morte improvvisa di due ragazzi nella notte di Natale.
Ma puoi stare con Lui solo con il cuore purificato attraverso l’umile e sacramentale confessione dei tuoi peccati.
Qui, in questo sacramento, il Signore realizza per te quanto ha promesso attraverso il profeta Ezechiele: “Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli” (Ez 36,25).
Ed è la prima cosa che ti esorto a fare.
Quando si pulisce bene il vetro, si vede bene ciò che è oltre il vetro.
La stessa cosa succede quando si purifica la coscienza. Si vede bene nel fondo di se stessi e si vede bene anche al di là di tutte le cose che ci circondano.
Comincia dunque di qui. Siamo vicini a Pasqua. Siamo nel tempo favorevole.
Ti ringrazio per la tua preghiera, che non è inutile, Dio l’ascolta sempre.
Ti assicuro la mia e ti benedico.
Padre Angelo