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Quesito
Carissimo Padre Angelo,
io e mio marito leggiamo spesso le risposte che dà ai vari quesiti che le persone le pongono e attingiamo da queste per poter essere sempre sulla linea che il Signore ci indica. Grazie dunque a lei per questa sua disponibilità.
Una frase, che lei cita spesso quando le chiedono della liceità del piacere che si ha nell’incontro sessuale, è questa: “il pregio della temperanza non sta nel reprimere i piaceri, ma nel signoreggiarli”.
Ecco io non capisco a pieno il significato di queste parole, o meglio ne capisco il significato ma non so capire se il mio/nostro comportamento è in linea con queste parole.
Mi spiego. Io sono una casalinga quarantenne, sposata da 15 anni con mio marito che invece lavora fuori casa tutto il giorno (esce di casa al mattino e rientra dopo le 20) e madre di due bimbi di 5 e 3 anni. Quando mio marito esce di casa per andare a lavoro e baciandomi mi dice di non prendermi impegni per la sera perchè quella sera sarò tutta sua, in me comincia a nascere un desiderio che mi accompagna per tutta la giornata, a mano a mano che si avvicina l’ora del suo arrivo io sento che il mio corpo si prepara all’incontro con il suo, mi piace essere bella, i figli impegnano molto del mio tempo però riesco a rubare loro dei momenti per farmi una doccia, truccarmi un po’, mettermi la biancheria che so piacere tantissimo a lui, magari un bel vestitino non troppo complicato da togliere e, dopo che abbiamo cenato e rimesso in ordine la cucina, non vedo l’ora che i bimbi crollino dal sonno ( e a volte sembra che proprio non ne vogliano sapere di dormire). Finalmente soli! Inizia il corteggiamento e a me questo piace tantissimo poi comincia a farmi star bene ed io godo di questo piacere e vorrei che lui prolungasse questi momenti all’infinito prima di entrare dentro di me. Quando mi sveglio il mattino successivo porto ancora dentro di me il dolce sapore della nostra unione e per tutto il giorno successivo, ripensando a quei momenti, provo ancora un certo piacere psicologico che mi fa affrontare tutta la giornata con un’ottica diversa più serena: so che il mio sposo è tutto per me ed io sono tutta sua. Ecco io Padre godo del piacere che mi dona mio marito, ne godo anche nei momenti successivi col pensiero, quindi forse non sono brava a signoreggiarli come dice lei, però da questi nostri incontri io traggo l’energia per essere sempre positiva, gentile, accogliente con tutti, io sento che il nostro amore è sopra ogni cosa e per sempre, ecco il piacere che provo nell’incontro coniugale con mio marito mi dà la certezza del “per sempre contro ogni avversità”.
Le chiedo dunque Padre una sua considerazione sul mio comportamento e di chiarirmi cosa intende per signoreggiare i piaceri.
Nell’attesa sappia che noi preghiamo sempre per lei e per tutte quelle persone che ci guidano nel nostro cammino di sposi fedeli all’insegnamento del Vangelo.
Con affetto
Paola
Risposta del sacerdote
Cara Paola,
1. “signoreggiare i piaceri” significa metterli a servizio della persona.
Nel tuo caso si tratta di metterli a servizio dell’autentico amore nei confronti di tuo marito.
C’è autentico amore quando l’intimità coniugale non è falsificata dalla contraccezione, nella quale si finge si donarsi, ma non ci si vuole donarsi in totalità.
Sarebbe già sufficiente questo per dire come si signoreggia il piacere. piaceri.
2. A proposito della distensione nel piacere senza diventarne schiavi, anzi signoreggiandolo, ti presento l’insegnamento di san Francesco di Sales, dottore della Chiesa, il qual fa un’analogia con il cibo.
Dice che si può mangiare perché si ha fame ed è una cosa buona: così anche nel matrimonio ci si unisce nell’intimità coniugale in ordine alla procreazione.
Ma talvolta si mangia non tanto perché si ha fame ma “per il piacere di continuare ad intrattenerci con gli altri e scambiare con essi cortesie”. E questa – continua il santo – “è cosa molto giusta e onesta: allo stesso modo, la reciproca e legittima soddisfazione delle parti nel santo matrimonio è chiamato da S. Paolo dovere”.
Si può mangiare infine per ingordigia, e questo non è bello. Così non è bella quell’intimità in cui si prevarica dalla legge di Dio facendo emerge solo la libidine.
3. Il tuo modo di agire rientra nel secondo: qui la donazione è totale.
Ed è totale anche perché si accetta che questi atti rimangano aperti alla vita, anche qualora si fosse certi che non nasceranno figli a motivo del periodo infertile della donna.
L’accettazione della loro potenzialità procreativa è motivo per dire che si vuole rimanere aderenti al progetto di Dio perché anche quell’atto cooperi infine all’unione con Dio, alla santificazione.
4. Come puoi vedere, si coglie anche in questo la bellezza della legge di Dio il quale vuole che l’intimità coniugale sia vera, autentica, non falsificata o avvelenata dall’incontenibile concupiscenza della carne.
Benedetto XVI ha detto che “se l’esercizio della sessualità si trasforma in una droga che vuole assoggettare il partner ai propri desideri e interessi, senza rispettare i tempi della persona amata, allora ciò che si deve difendere non è più solo il vero concetto dell’amore, ma in primo luogo la dignità della persona stessa.
Come credenti non potremmo mai permettere che il dominio della tecnica abbia ad inficiare la qualità dell’amore e la sacralità della vita” (10.5.2008).
5. Papa Benedetto ha detto anche che il rispetto della legge di Dio all’interno del matrimonio è “un grande sì alla bellezza dell’amore” (Benedetto XVI, Messaggio a 40 anni dalla pubblicazione dell’enciclica, 6.10.2008).
Augurandoti di crescere sempre più nell’obiettivo ultimo del matrimonio e dei suoi atti che è quello della santificazione vicendevole, ti assicuro il mio ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo