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Quesito
Caro Padre Bellon,
Le volevo sottoporre alcuni miei "problemi", se così si possono definire.
Mi ritengo una persona mediamente colta, ho una laurea, conosco il greco antico e il latino, e ho una vera "passione" per la lettura, lo studio non solo dei testi sacri, ma anche degli sterminati scritti della tradizione patristica e scolastica.
Lei è un domenicano, figlio di Tommaso, e gli scritti dell’Angelico, specialmente grazie al benemerito sforzo delle Edizioni Studio Domenicano, sono qui a casa mia, letti, riletti e straletti.
Ebbene, vorrei da Lei una parola, una "luce" su questo. Mentre sento che la mia fede non può prescindere dalla lettura, dallo studio, da un approccio quindi oserei dire quasi "filologico" con la Scrittura e con la Tradizione, sto avendo oramai da molti anni un distacco, un’incapacità di vivere la dimensione comunitaria del cattolicesimo. Non vorrei sembrarLe altezzoso, ma è possibile che ciò sia dipeso anche dalla mia "cultura"? Vado regolarmente a Messa la domenica, ma noto che sta diventando sempre più una "sofferenza", una routine quasi scarna, apatica, senza nessuna gioia. Gioia che invece avverto nell’accostarmi al Commento al Vangelo di Giovanni di S. Agostino, per citarne uno tra i molti.
Recentemente sono stato con mia moglie e mia suocera in pellegrinaggio presso San Giovanni Rotondo; mia suocera essendo devotissima e alla Chiesa e a San Pio. Ebbene, per mia suocera e per mia moglie (per loro non era la prima volta da Padre Pio, per me sì) quella giornata è stata ricca di spiritualità, di gioia, di fede. A me non ha lasciato nulla. Non solo non ho sentito nulla in quei luoghi, ma quasi ho avvertito un sentimento di disagio.
Riesco a vivere la mia fede solo "chiuso in una biblioteca" e non a contatto con il cosiddetto popolo.
La domanda è: che fare? Risposte semplici, del tipo "sforzati", "la vita cattolica comunitaria è fondamentale" ecc ecc le ho già sentite, e non mi hanno fatto nessun effetto. Alle processioni che si fanno per i nostri paesi, con in testa la statua del Santo o di Maria, non ci vado più. Per anni (e non anni adolescenziali), ci sono andato senza nessun tipo di interesse, emozione, senza un senso. Poi magari corro a casa, apro i Nomi Divini dello PseudoDionigi e mi ci "perdo" per ore… Citando Umberto Eco, sono questi "miei atti d’orgoglio che la mia fierezza intellettuale" mi fa compiere?
La ringrazio e mi scuso per il tempo che le sottraggo
Michele
Risposta del sacerdote
Carissimo Michele,
sono contento per la passione che nutri per i santi Padri e in particolare per il nostro San Tommaso d’Aquino.
1. Ti comprendo benissimo: accanto a quei testi trovi un nutrimento sostanzioso, ti senti unito a Dio, nel mondo vero.
Inoltre la vita ecclesiale oggi, almeno da qualche parte, potrebbe lasciar a desiderare perché sembra rivolta all’organizzazione, al fare. Mentre la parte più importante e preziosa è un’altra, quella scelta da Maria di Betania, a differenza di Marta presa dai pur doverosi servizi.
Ho l’impressione che a lungo andare – se vi va avanti di questo passo – ci sia il rischio di svuotare il cristianesimo e che proprio per questo perda il suo fascino: “Se il sale perde il suo sapore…”.
Il fascino della vita cristiana sta in ciò che è nascosto, e cioè nel mistero, vale a dire nella comunione con Dio, nel rivivere i misteri della vita di Cristo in noi.
Ho letto in questi giorni una bell’affermazione di un grande domenicano francese del secolo scorso, il padre Marie-Ètienne Vayssière: “il Rosario è la mia comunione serale”. A quei tempi non c’era la Messa vespertina, né si poteva fare la S. Comunione oltre l’una del pomeriggio.
Ebbene questo Padre, che era un vero contemplativo, viveva la Comunione serale con Cristo proprio col suo Rosario (ed era ben più di una terza parte).
2. Con tutto questo però io ti direi di partecipare alle processioni per solidarizzare con la fede dei semplici, nel medesimo modo con cui hai accompagnato i tuoi cari da Padre Pio.
Partècipavi da contemplativo, tenendo lo sguardo fisso sul Signore, con la mente occupata in qualche sua parola.
Partècipavi anche come per impreziosire con un sacrificio personale la tua preghiera di intercessione per le necessità delle persone che sono lì presenti, per le necessità della Comunità, della Chiesa e del mondo.
Partècipavi anche come un atto di carità verso coloro che sono contenti della tua presenza alla festa.
Partècipavi anche per conformare la tua vita a Cristo che ha espresso il suo culto al Padre sia ritirandosi in luoghi solitari sia partecipando al culto insieme con la gente, soprattutto in occasione delle feste.
San Giovanni Crisostomo dice che Gesù, al termine delle feste, prendeva gli apostoli e li portava in un luogo in disparte (spesso nell’orto degli ulivi) e lì rivelava loro i significati arcani di quello che avevano vissuto.
Fà qualche cosa di analogo anche tu, partecipando alla festa e poi tornandovi sopra da vero contemplativo, assaporando tutto quello che il Signore ha comunicato alla gente in festa.
Così la tua fede diventerà profonda e semplice nello stesso tempo.
Ti assicuro la mia preghiera e ti cuore ti benedico.
Padre Angelo