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Quesito
Caro Padre Angelo,
sono Teo.
Ecco la terza domanda: La confessione auricolare al sacerdote è biblica? E’ sempre stata praticata sin dai tempi della chiesa antica? Se sì, perché negli atti degli apostoli leggiamo che pubblicamente alcuni riconoscevano i loro peccati e rigettavano le pratiche magiche?
La saluto e spero di avere chiarimenti da Lei.
Iddio La benedica.
Risposta del sacerdote
Caro Teo,
1. L’istituzione del sacramento della penitenza è espressa chiaramente in tre testi evangelici.
Innanzitutto la promessa fatta da Cristo a Pietro: “A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,19).
Poi la promessa fatta agli apostoli, che anch’essi
parteciperanno dei poteri di Pietro: “In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo” (Mt 18,18).
Ed infine, la
sera della risurrezione, la realizzazione della promessa: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” (Gv 20,23).
Il Vangelo è quindi molto chiaro ed esplicito circa il fatto dell’istituzione di questo sacramento: gli apostoli ed i loro successori hanno il potere di rimettere i peccati o di ritenerli, di assolvere o
di non assolvere con sentenza efficace.
Il Vangelo però non indica le circostanze in cui sarà attuata questa remissione dei peccati.
È chiaro che, dal momento che si dovrà pronunciare una sentenza, ci dovrà essere un previo giudizio, e quindi una conoscenza delle colpe attuata attraverso l’accusa dei peccati.
2. Fin dai primi secoli i cristiani hanno la convinzione che essi devono confessare i loro peccati ai pastori stabiliti da Dio per riceverne il perdono.
Chi normalmente riceve queste confessioni è il capo della comunità cristiana, il
vescovo. Ma, come è avvenuto per gli altri sacramenti, il vescovo affida ben presto anche questo compito ai sacerdoti.
L’accusa dei peccati non era pubblica, anche se non si può escludere il caso che alcuni per umiliarsi di più volessero manifestare il proprio peccato alla comunità davanti al vescovo e ai suoi sacerdoti.
Talvolta è successo, nel caso di colpe già note e scandalose, che il confessore esortasse o anche obbligasse il peccatore a dichiarare pubblicamente in che cosa egli avesse offeso Dio e scandalizzato la gente. Era una sorta di riparazione allo scandalo pubblico inferto alla comunità.
3. Molto presto venne fatta una classificazione dei peccati tra peccati, ma non tanto in ordine alle conseguenze per la vita di chi ha peccato, ma piuttosto in vista della difficoltà della remissione.
Si distinguono così dei peccati leggeri, che la preghiera e le buone opere sono sufficienti a cancellare.
Vi sono i peccati più gravi, segreti o pubblici, di cui è necessario accusarsi davanti al vescovo, il quale concede il perdono dopo una penitenza appropriata.
Vi sono infine i peccati molto gravi, detti a volte persino irremissibili, il cui perdono è per così dire riservato a Dio. Questi ultimi sono tre: l’idolatria, l’omicidio, l’adulterio. Chi ha avuto la sventura di commetterli non viene perdonato subito. Il vescovo a volte gli comanda di accusarsene prima davanti a tutta la comunità. In seguito il peccatore deve sottomettersi a penitenze pubbliche molto dure e umilianti, che spesso si prolungava per anni interi. Solo alla fine di questo tempo di prova si poteva essere riconciliati con la Chiesa e riprendere il proprio posto nell’assemblea dei cristiani.
Inoltre se capitava di ricadere in quella stessa colpa, veniva negata la riconciliazione. Come il
battesimo non si rinnova, così neanche la penitenza pubblica. Sant’Ambrogio diceva: come uno è il battesimo, così una sola è la Penitenza (come sacramento) (Sicut unum baptisma, ita una poenitentia, S. Ambrogio).
Solo in punto di morte
gli viene data l’assoluzione.
4. Questa Penitenza viene chiamata Penitenza pubblica e canonica.
La sua prassi, notevolmente dura, ha avuto alcune conseguenze.
La prima è stata quella di ritardare l’età del Battesimo, per non sciupare la prima tavola della salvezza. Infatti sciupata col peccato grave, ne sarebbe rimasta solo un’altra. E sciupata anche quest’altra si rimaneva esposti a non essere più riconciliati con gravissime conseguenze per la propria salvezza eterna.
Questo modo di celebrare la Penitenza durò per diversi secoli, anche quando ad un certo momento subentrerà il rito della confessione auricolare, e cioè fatta all’orecchie del sacerdote, ricevuta tutte le volte che si vuole nel corso della propria vita.
5. Ma come è entrata nella Chiesa la confessione auricolare?
Intanto dalla distinzione fatta sulla remissibilità dei peccati, come ho accennato, c’erano dei peccati gravi che uno andava a dire al Vescovo senza fare la penitenza pubblica.
Così è certo che nei primi secoli si usò pure la “confessione privata”, la quale non si concludeva con la penitenza pubblica seguita dalla riconciliazione solenne, ma soltanto con una assoluzione privata.
6. Inoltre, dall’inizio della Chiesa, a fianco della gerarchia c’era una categoria di persone, chiamate anche spirituali, dotate di carismi. Queste persone godevano di un grande prestigio e ad esse volentieri si affidava la direzione delle coscienze.
Soprattutto in oriente il confessore era un padre spirituale.
Quando la vita monastica si sviluppò largamente, i fedeli trovavano nei monaci sacerdoti i migliori padri spirituali. La vita ascetica che conducevano attribuiva loro un grande prestigio al confronto dei sacerdoti secolari, sposati e talvolta non molto stimati.
7. Va ricordato anche che nella vita monastica cenobitica (comunitaria) i monaci ricevevano dall’Abate l’assoluzione delle loro colpe tutte le volte che lo desideravano.
Questa prassi della confessione auricolare, come ce l’abbiamo oggi, fu praticata dunque nell’ambiente monastico in oriente e anche in occidente.
Alla fine del sesto secolo Papa San Gregorio Magno chiamò i monaci irlandesi a rievangelizzare la Francia. Infatti dopo che re Clodoveo ricevette il Battesimo, tutti i franchi si fecero battezzare, ma rimanendo ancora pagani nei loro costumi.
Questi monaci portarono con sé la prassi monastica di confessarsi tutte le volte che volevano alle orecchie del confessore.
Subito questo modo di celebrare il Sacramento della Penitenza dilagò e dalla Francia si estese dappertutto, soppiantando qualche secolo dopo la prassi più rigorosa della Penitenza pubblica e canonica.
Ecco dunque la genesi della confessione auricolare, testimoniata da sempre nell’esperienza della Chiesa.
8. Nella tua email fai riferimento ad At 19,18: “Molti di quelli che avevano abbracciato la fede venivano a confessare in pubblico le loro pratiche di magia”.
La traduzione italiana dice: venivano a confessare e a manifestare in pubblico. Il testo latino dice che confessavano e manifestavano (confitentes et annuntiantes) i loro peccati. Non dice espressamente che li dicevano in pubblico.
Sicché in un Commentario biblico leggo: “Dal testo non si può arguire se si tratti di confessione pubblica o privata, benché comunemente si ritenga che si tratti di una confessione sacramentale”.
Il testo greco ha “anangéllontes” che significa: dire, proclamare. Informare, fare relazione, predicare.
Per questo è precisa l’annotazione del Commentario che ti ho riferito.
Ti saluto anch’io, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo