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Caro Padre Angelo
se possibile vorrei una sua risposta ad un quesito riguardante un peccato in effetti molto comune purtroppo: la mormorazione.
Le chiedo anche quando si tratta di peccato veniale oppure di peccato mortale.
Un caloroso saluto, la ricordo in preghiera.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. la mormorazione è un peccato che va contro la carità perché se questa virtù mira a portare bene al nostro prossimo, la mormorazione ha come obiettivo la denigrazione altrui.
Ma è anche un peccato contro la giustizia e per questo obbliga alla riparazione.

2. Ti riporto quanto dice San Tommaso: “La mormorazione e la maldicenza coincidono nella materia, e anche nella forma, cioè nell’espressione verbale: poiché l’una e l’altra consistono nel dir male del prossimo a sua insaputa. E per questa somiglianza talora si scambiano l’una con l’altra. Per cui quando l’Ecclesiastico (Sir 5,14) dice: "Non ti meritare il titolo di mormoratore", la Glossa aggiunge: "Cioè di maldicente".
Esse però differiscono nel fine. Poiché il maldicente mira a denigrare la fama del prossimo: e quindi insiste specialmente nel presentare quei difetti che possono infamare una persona, o almeno sminuirne la fama.
Invece il mormoratore mira a distruggere l’amicizia, come risulta dalla Glossa citata (nell’argomento in contrario) e da quel passo dei Proverbi (26,20): "Se non c’è il mormoratore, il litigio si calma".
Perciò il mormoratore insiste nel presentare quei difetti che possono eccitare contro una persona l’animo di chi ascolta, secondo le parole della Scrittura (Sir 28,9): "Un uomo peccatore semina discordia tra gli amici e tra persone pacificheinsinua l’inimicizia" (Somma teologica, II-II, 74,2).

3. Il catechismo della Chiesa Cattolica ne tratta a proposito dei peccati che vanno contro l’ottavo comandamento: non dire falsa testimonianza.
Ecco che cosa scrive:
“Il rispetto della reputazione delle persone rende illecito ogni atteggiamento ed ogni parola che possano causare un ingiusto danno.
Si rende colpevole:
– di giudizio temerario colui che, anche solo tacitamente, ammette come vera, senza sufficiente fondamento, una colpa morale nel prossimo;
– di maldicenza colui che, senza un motivo oggettivamente valido, rivela i difetti e le mancanze altrui a persone che li ignorano (Cf Sir 21,28);
– di calunnia colui che, con affermazioni contrarie alla verità, nuoce alla reputazione degli altri e dà occasione a erronei giudizi sul loro conto” (CCC 2477).

4. “Per evitare il giudizio temerario, ciascuno cercherà di interpretare, per quanto è possibile, in un senso favorevole i pensieri, le parole e le azioni del suo prossimo:
«Ogni buon cristiano deve essere più disposto a salvare l’affermazione del prossimo che a condannarla; e se non la possa salvare, cerchi di sapere quale significato egli le dia; e, se le desse un significato erroneo, lo corregga con amore; e, se non basta, cerchi tutti i mezzi adatti perché, dandole il significato giusto, si salvi» (Sant’Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, 22)” (CCC 2478).

5. “Maldicenze e calunnie distruggono la reputazione e l’onore del prossimo.
Ora, l’onore è la testimonianza sociale resa alla dignità umana, e ognuno gode di un diritto naturale all’onore del proprio nome, alla propria reputazione e al rispetto.
Ecco perché la maldicenza e la calunnia offendono le virtù della giustizia e della carità” (CCC 2479).

6. La gravità della detrazione si misura dall’importanza del fatto divulgato o falsamente imputato e dal danno causato al prossimo.
Non si possono dunque stabilire criteri apodittici che si possano applicare ad ogni caso.
Per Sant’Ignazio di Lodola la rivelazione di un peccato grave occulto di una determinata persona, se non vi è motivo per rivelarlo, è un peccato grave.
Se si tratta di rivelare fatti risaputi o che a breve lo saranno non si supera il peccato veniale.

7. Dalla maldicenza differisce nettamente il dovere grave di manifestare eventuali difetti del prossimo per evitare danni rilevanti alla comunità. Se si evita la voglia di diffamare o qualunque altro affetto disordinato, questa denuncia si configura come un caso di volontario indiretto, perché l’obiettivo che si intende perseguire non è la maldicenza, ma la preservazione del bene comune.
Pertanto,ad esempio, è lecito e doveroso informare i genitori di quanto i figli hanno compiuto. Così pure potrebbe essere doveroso rivelare anche pubblicamente, per mezzo della stampa, le incongruenze o i delitti di un candidato a posti di responsabilità.

Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo