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Per il mese di maggio proponiamo ai nostri visitatori e amici la traduzione di una prima parte dell’opera magistrale del p. Reginaldo Garrigou-Lagrange O.P. “La Mère du Sauveur et notre vie intérieure” (La Madre del Salvatore e la nostra vita interiore).
L’opera è di una elevatezza teologica tutta particolare.
Chiediamo ai nostri visitatori di resistere alla tentazione di lasciar perdere la lettura, perché troppo alta. Si accorgeranno che determinate premesse erano necessarie per comprendere la vera grandezza di Maria.
Si accorgeranno soprattutto che lo scritto del p. Garrigou-Lagrange aiuta ad amare senza misura la beata Vergine, che Dio ha voluto come Madre sua e Madre nostra.
Diamo qui una nostra traduzione dal francese e promettiamo di pubblicare il seguito in altre circostanze.

Lunedì 1 maggio

Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina

Della dottrina rivelata sulla Vergine Maria, le due grandi verità che dominano tutto come due vette e dalle quali derivano tutte le altre sono la maternità divina e la pienezza di grazia, affermate l’una e l’altra nel Vangelo e nei Concili.

Per esaminarne la loro importanza, è bene metterle a confronto cercando di vedere quella che viene prima dell’altra, quella dalla quale tutto deriva nella mariologia. È così che i teologi si sono chiesti: Qual è la realtà più grande in Maria? È la sua maternità divina, il suo titolo di Madre di Dio oppure la pienezza di grazia?


Posizione del problema

Alcuni (ad esempio Gabriel Biel) hanno detto: è la pienezza di grazia.

Essi si sono inclinati verso questa maniera di vedere perché il Vangelo riferisce che mentre Gesù passava in mezzo alla gente, una donna esclamò: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha nutrito” (Lc 11,27); e Gesù rispose: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la conservano nel cuore”. Così è sembrato a qualcuno, dopo questa risposta del Salvatore, che la pienezza di grazia e di carità, principio degli atti soprannaturali e meritori di Maria, sia superiore alla maternità divina, la quale per se stessa sarebbe di ordine corporale.

Secondo molti altri teologi, soprattutto tomisti (Contenson, Gotti, Hugon, Merkelbach), questa ragione non sarebbe concludente per molti motivi, anzitutto perché questa donna del popolo non parlava precisamente della maternità divina; essa non considerava ancora Gesù come Dio, ma piuttosto come un profeta ascoltato, ammirato e acclamato, e parlava soprattutto della maternità corporale secondo la carne e il sangue: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha nutrito”. Essa non pensava a ciò che la maternità divina comporta spiritualmente come consenso soprannaturale e meritorio al mistero dell’Incarnazione redentrice. Di qui la risposta di Nostro Signore: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la conservano nel cuore”.

Ma precisamente Maria è divenuta Madre del Salvatore ascoltando la parola di Dio, credendovi, dicendo generosamente con una perfetta conformità di volontà al beneplacito di Dio e a tutto ciò che esso comporta: “Ecco la serva del signore, si faccia di me secondo la tua parola”, e non ha cessato di conservare le parole divine nel suo cuore. Pertanto sant’Elisabetta le disse: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1,45), mentre Zaccaria è divenuto muto per non aver creduto alle parole dell’angelo Gabriele: “Ed ecco sarai muto perché non hai creduto alle mie parole” (Lc 1,20).

La questione resta intatta. Che cosa vi è di più grande in Maria: la maternità divina che si è realizzata in lei o la pienezza di grazia e di verità?


Martedì 2 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Per precisare ancora la questione, bisogna insistere su questo punto che la maternità divina presso una creatura ragionevole non è solamente la maternità secondo la carne e il sangue come per l’animale. Perché essa domanda di suo il consenso libero dato alla luce della retta ragione a un atto il cui esercizio scaturisce dalla libertà e alla luce delle leggi morali relative al matrimonio. Diversamente sarebbe un peccato.

Di più, per la maternità divina, fu necessario chiedere a Maria un consenso non solo libero, ma soprannaturale e meritorio, senza del quale secondo il piano della Provvidenza il mistero dell’Incarnazione redentrice non si sarebbe compiuto. Maria lo da, dice San Tommaso, a nome dell’umanità (Somma Teologica, III, 30,2).

Non si tratta dunque solamente di una maternità materiale, secondo la carne e il sangue, ma di una maternità che per sua stessa natura domandava il consenso soprannaturale alla realizzazione del mistero dell’Incarnazione redentrice, come doveva essere realizzata qui e ora, e a tutto ciò che comportava di sofferenze secondo le profezie messianiche, in particolare secondo quelle di Isaia ben conosciute da Maria.

Per cui non poteva trattarsi di maternità divina per Maria senza che Lei fosse, secondo il piano della Provvidenza, la degna Madre del Redentore con una perfetta conformità della volontà a quella del suo Figlio. Così la Tradizione dice che Maria ha concepito due volte il figlio, nel corpo e nello spirito; nel corpo: egli è carne della sua carne, la fiaccola della vita umana del Cristo si è illuminata nel seno della Vergine per opera dello Spirito Santo nella più perfetta purezza; nello spirito: perché era necessario il consenso espresso della Vergine affinché il Verbo si unisse in lei alla nostra natura.


Mercoledì 3 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo I La predestinazione di Maria

(nota: in teologia per predestinazione s’intende che Dio fissando un fine al di sopra delle umane capacità e dà all’uomo le risorse per raggiungerlo.

Chiediamo ai nostri visitatori di resistere nella lettura e di andare avanti).

Vediamo quale sia stato il primo obiettivo della predestinazione della santa Vergine e in quale senso essa sia stata assolutamente gratuita.

Maria è stata predestinata alla maternità divina prima ancora di essere predestinata alla pienezza di gloria e di grazia

Questo punto di dottrina può sembrare troppo elevato per essere esposto fin dall’inizio di quest’opera; ma è abbastanza facile da comprendere, inoltre è accettato unanimemente almeno in maniera implicita e illumina dall’alto tutto ciò che diremo in seguito.

Come ha detto Pio IX nella bolla Ineffabilis Deus, proclamando il dogma dell’Immacolata Concezione, con un medesimo decreto eterno Dio ha predestinato Gesù alla filiazione divina naturale, immensamente superiore alla filiazione divina adottiva, e Maria ad essere Madre di Dio; perché la predestinazione eterna del Cristo porta non solamente sull’Incarnazione, ma sulle circostanze secondo cui essa doveva realizzarsi, nel tempo e nello spazio. In particolare su questa: “E si è incarnato per opera dello Spirito Santo da Maria vergine”, come si recita nel Simbolo niceno-costantinopolitano. Con un medesimo decreto eterno, Gesù è stato predestinato a essere Figlio dell’Altissimo e Maria a essere Madre di Dio.

Pertanto come Gesù fu predestinato alla filiazione divina naturale prima di essere predestinato al più alto grado di gloria, come conseguenza della pienezza di grazia che è germe della gloria; così la beata Vergine Maria è stata predestinata anzitutto alla maternità divina, e di conseguenza ad un altissimo grado di gloria celeste, che è conseguenza alla pienezza di grazia, affinché fosse pienamente degna della missione di Madre del Salvatore.

Ugualmente come Madre doveva essere più intimamente associata di chiunque altro all’opera redentrice del suo Figlio, secondo la più perfetta conformità di volontà. Questo è quanto dice in sostanza Pio IX nella Bolla Ineffabilis Deus.


Giovedì 4 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo I La predestinazione di Maria (segue)

Da tutta l’eternità Dio Padre, predestinando il Cristo alla filiazione divina naturale, ha nello stesso tempo amato, scelto e predestinato (dilexit, elegit et praedestinavit) Maria come sua Madre, per la quale volle la pienezza di gloria e di grazia. San Tommaso dice: “Dopo Cristo, Maria ebbe la massima pienezza di grazia perché fu eletta ad essere Madre di Dio” (Ep. Ad Rom: VIII, lect. 5).

La predestinazione di Maria alla maternità divina comportava pertanto come conseguenza la predestinazione alla gloria e alla grazia perché questa maternità è una relazione così intima con Dio che esige o postula la partecipazione della natura divina. Non è possibile concepire la Madre di Dio priva della grazia. La maternità divina implica la confermazione in grazia e l’impeccabilità perché essa richiede un mutuo e perpetuo amore della Madre di Dio e del suo Figlio. Dio si obbliga a preservare sua Madre da ogni peccato che la separerebbe da lui.

E pertanto come in Gesù la dignità di Figlio di Dio o di Verbo incarnato viene prima della pienezza di grazia creata, di carità e di gloria che la sua santa anima ha ricevuto, la quale è conseguenza dell’Incarnazione o dell’unione ipostatica in lui delle due nature; così in Maria la dignità di Madre di Dio viene prima della pienezza di grazia, di carità e anche della pienezza di gloria celeste che ha ricevuto, in ragione di questa sua predestinazione eccezionale a questa maternità divina.


Venerdì 5 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo I La predestinazione di Maria (segue)

In seguito alla dottrina di San Tommaso e di molti teologi sul motivo dell’incarnazione (per la redenzione dell’umanità), la predestinazione di Maria a essere Madre del Redentore dipende dalla previsione e dalla permissione del peccato di Adamo. E questa colpa è stata permessa da Dio per un bene più grande, come spiega San Tommaso (Somma teologica, III, 1, 3, ad 3) perché “là dove ha abbondato il peccato, la grazia ha sovrabbondato” (Rm 5,20) a motivo dell’Incarnazione redentrice.

Come Dio vuole il corpo dell’uomo per l’anima e vuole l’anima per vivificare il corpo, in modo che questa non verrebbe creata se non vi fosse un corpo disposto a riceverla, così Dio ha permesso il peccato da riparare in vista di questo più grande bene che è l’Incarnazione redentrice e ha voluto questa per la rigenerazione delle anime, in modo tale che, nel piano attuale della Provvidenza, l’Incarnazione non avrebbe avuto luogo senza il peccato. Ma in questo piano tutto resta subordinato a Cristo e alla sua santa Madre, e bisogna sempre dire insieme con San Paolo: “Tutto è per voi, ma voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio” (1 Cor 3,23). La grandezza del Cristo e quella di sua Madre non sono in nulla diminuite.

Maria è stata dunque predestinata anzitutto alla maternità divina. Questa dignità appare superiore ancora se si sottolinea che la Santa Vergine, che ha potuto meritare la gloria e il cielo, non ha potuto meritare l’Incarnazione né la maternità divina, perché l’Incarnazione e questa divina maternità superano la sfera del merito dei giusti, il quale è ordinato alla visione beatifica come al suo fine ultimo.


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo I La predestinazione di Maria (segue)

Vi è per questo un’altra ragione veramente dimostrativa: ed è che il principio del merito non può essere meritato.

Ora l’Incarnazione è, dopo il peccato originale, il principio eminente di tutte le grazie e dunque di tutti i meriti dei giusti; essa non può dunque essere meritata.

Maria, per le medesime ragioni, non ha potuto meritare la sua divina maternità né per rigore di giustizia né per amicizia, perché questo sarebbe stato meritare l’Incarnazione.

Come ha detto molto esattamente San Tommaso, ciò che Maria ha potuto meritare per la pienezza iniziale di grazia che aveva gratuitamente ricevuto per i meriti futuri del proprio Figlio, è l’aumento della carità e il grado superiore di purezza e di santità che conveniva perché fosse degna Madre di Dio (Somma teologica, III, 2, 11, ad 3).

O ancora, come dice ulteriormente San Tommaso, “Maria non ha potuto meritare l’Incarnazione o la maternità divina, ma supposto il decreto dell’Incarnazione, ha potuto meritare che l’Incarnazione avvenisse in lei, non per stretto rigore di giustizia, ma per amicizia, in quanto era giusto che la Madre di Dio fosse purissima e perfettissima” (III Sent., d. IV, q. 3, a. 1, ad 6).

In altre parole ha meritato il grado di santità che conveniva alla Madre di Dio, grado che nessuna altra vergine ha meritato di fatto e ugualmente non poteva meritare, perché nessun altra aveva ricevuto né doveva ricevere la pienezza iniziale di grazia e di carità che fu il principio di tale merito.

Questa prima ragione dell’eminente dignità della Madre di Dio, tratta dalla sua predestinazione gratuita a questo titolo il più alto di tutti, è di una sorprendente chiarezza. Essa contiene tre verità che sono come delle stelle di prima grandezza nel cielo della teologia:

primo, che per un medesimo decreto Dio ha predestinato Gesù alla filiazione divina naturale e Maria alla maternità divina;

secondo, che Maria è stata dunque predestinata a questa divina maternità prima ancora di essere predestinata alla gloria e a un alto grado di gloria e di grazia;

terzo, che sebbene Maria abbia meritato per rigore di giustizia il cielo, non ha potuto meritare l’Incarnazione né la maternità divina, perché questa sorpassa assolutamente la sfera e il fine ultimo del merito dei giusti, il quale è ordinato alla vita eterna degli eletti.


Domenica 7 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo I La predestinazione di Maria (segue)


La gratuità della predestinazione di Maria

Alcune precisazioni sull’eminente predestinazione di Maria permettono di meglio comprenderne la gratuità.

Bisogna sottolineare che il Cristo è fra tutti gli uomini il primo dei predestinati, perché la sua predestinazione è l’esemplare e la causa della nostra; egli ci ha meritato di fatto tutti gli effetti della nostra predestinazione, come mostra San Tommaso (Somma teologica, III, 24, 3,e 4).

Ebbene il Cristo come uomo è stato predestinato la filiazione divina naturale, immensamente superiore alla filiazione adottiva, prima ancora di essere predestinato alla gloria e alla grazia. La sua prima predestinazione non è altro allora che il decreto stesso dell’Incarnazione, e questo decreto eterno portato non solo sull’Incarnazione astrattamente considerata, ma sulle circostanze dell’Incarnazione quale doveva realizzarsi qui e ora, in quel luogo e in quel tempo, in modo tale che il Verbo doveva incarnarsi nel seno della Vergine Maria “fidanzata ad un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe” (Lc 1,27).

La predestinazione di Gesù alla filiazione divina naturale implica così quella di Maria alla maternità divina. Da allora la predestinazione di Maria a questa divina maternità è manifestamente anteriore alla sua predestinazione alla gloria, poiché il Cristo è il primo dei predestinati. Così si conferma grandemente ciò che abbiamo detto nelle pagine precedenti.

È chiaro anche che la predestinazione di Maria come quella di Cristo è gratuita.

È chiaro, infatti, che Gesù è stato predestinato alla filiazione divina naturale indipendentemente dai suoi meriti, perché i suoi meriti suppongono la sua persona divina di Figlio di Dio, e Gesù come uomo è stato precisamente predestinato a essere Figlio di Dio per natura. È il principio di tutti i suoi meriti e questo principio non può essere dunque meritato, perché sarebbe causa ed effetto nello stesso tempo. Dice San Tommaso: “In Cristo ogni azione è seguita all’unione col Verbo; perciò nessuna sua azione ha potuto essere meritoria dell’unione (Somma teologica, III, 2, 11).

Ugualmente la predestinazione di Maria alla maternità divina è gratuita o indipendente dai meriti della santa Vergine, perché, l’abbiamo visto, non ha potuto meritare questa divina maternità. Questo sarebbe stato come meritare l’Incarnazione stessa, che è il principio eminente di tutti i meriti degli uomini dopo la caduta. È per questo che Maria dice nel Magnificat: “L’anima mia magnifica il Signore…, perché ha guardato l’umile condizione della sua serva”.

Anche la predestinazione di Maria alla gloria e alla grazia è gratuita, come conseguenza moralmente necessaria della sua predestinazione alla maternità divina. E tuttavia Maria ha meritato il cielo, perché è stato predestinata a ottenerlo con i suoi meriti.


Lunedì 8 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo I La predestinazione di Maria (segue)

Si vede allora l’ordine del piano divino:

primo, Dio ha voluto manifestare la sua bontà;

secondo, egli ha voluto il Cristo e la sua gloria di Redentore, e questo suppone la permissione simultanea del peccato originale per un più grande bene;

terzo, egli ha voluto la Beata Vergine Maria, come Madre del Dio Redentore;

quarto, egli ha voluto come conseguenza la gloria di Maria;

quinto, egli ha voluto la grazia e i meriti coi quali Maria avrebbe ottenuto questa gloria;

sesto, egli ha voluto la gloria e la grazia di tutti gli eletti.

La predestinazione di Maria appare così nella sua elevatezza. Si comprende perché la Chiesa le applichi per estensione queste parole del libro dei Proverbi: “Il Signore mi ha creato all’inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, fin d’allora. Dall’eternità sono stata costituita, fin dal principio, dagli inizi della terra… quando egli fissava i cieli, io ero là… quando disponeva le fondamenta della terra, allora io ero con lui come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante; dilettandomi sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo… Chi trova me trova la vita, e ottiene favore dal Signore” (Pr 8,22-35).

Maria è stata misteriosamente annunciata come colei che trionfa sul serpente infernale (Gn 3,15), come la Vergine che partorirà l’Emmanuele (Is 7,14); essa è stata prefigurata nell’Arca dell’Alleanza, la casa d’oro, la torre d’avorio. Tutte queste testimonianze mostrano che è stata predestinata dall’inizio a essere Madre di Dio, Madre del Redentore; la ragione per cui la pienezza della gloria e della grazia le è stata accordata è precisamente perché fosse degna Madre di Dio, “per essere resa idonea ad essere Madre di Cristo”, ha detto San Tommaso (Somma teologica, III, 27, 5, ad 2).


Martedì 9 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo I La predestinazione di Maria (segue)

Questo punto di dottrina a san Tommaso pareva certissimo, poiché diceva: “La Beata Vergine Maria si è avvicinata più di qualsiasi altro all’umanità di Cristo, poiché da lei egli ha ricevuto la natura umana. Ed è per questo che Maria ha dovuto ricevere da Cristo una pienezza di grazia che sorpassa quella di tutti i santi” (ib.).

Pio IX parla nello stesso modo all’inizio della Bolla Ineffabilis Deus: “Dio, fin dal principio e prima di tutti i secoli, scelse e preparò per il suo unico Figlio la Madre nella quale avrebbe dovuto incarnarsi e dalla quale sarebbe nato.

Amò di più lei sola che l’universo intero (prae creaturis universis) e di un amore tale da riversare in lei, in maniera singolare, le sue compiacenze più grandi. Per questo che, attingendo dai tesori della sua divinità, egli la colmò in modo meraviglioso e in misura maggiore di tutti gli spiriti angelici e di tutti i santi, perché fosse sempre completamente esente da ogni peccato e, tutta bella e perfetta, apparisse in una pienezza di innocenza e di santità tale che non se ne può concepire una più grande dopo quella di Dio e nessun altro pensiero, se non quello di Dio stesso, può comprenderne le grandezza”.


Mercoledì 10 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo II Altre ragioni dell’eminente dignità della Madre di Dio

Abbiamo visto che per il decreto stesso dell’Incarnazione ex Maria Virgine, la Santa Vergine è stata predestinata anzitutto alla maternità divina e per conseguenza alla gloria e alla grazia. Ma vi sono altre ragioni che mostrano che la maternità divina sorpassa la pienezza di grazia. Eccole.


Valore di una dignità di ordine ipostatico

(nota: ordine ipostatico significa che si tratta di un piano che tocca direttamente la Persona divina del Verbo. La parola greca ipostasi significa persona)

Bisogna considerare il termine stesso al quale la maternità divina è immediatamente ordinata. Infatti la grandezza di una relazione dipende dal termine che essa guarda e che la specifica, come negli eletti la dignità della conoscenza divina e di amore divino dipende dall’elevatezza del loro oggetto, dall’essenza divina conosciuta immediatamente.

Ora la maternità divina è per il suo termine di ordine ipostatico, che sorpassa quello della grazia e della gloria.

Maria, infatti, per la sua maternità divina ha una relazione reale col Verbo di Dio fatto carne; questa relazione ha il suo termine nella Persona increata del Verbo incarnato, perché essa è la Madre di Gesù che è Dio in persona; è lui, e non la sua umanità, che è Figlio di Maria. E dunque, come dice il Gaetano, la maternità divina “tocca le frontiere della Divinità”. Essa è di ordine ipostatico perché termina all’unione personale dell’umanità di Gesù col Verbo increato. Questo risulta dalla definizione stessa della maternità divina, come è stata formulata dal Concilio di Efeso.

Ora quest’ordine dell’unione ipostatica sorpassa immensamente quello della grazia e della gloria, come quest’ultimo sorpassa quello della natura, della natura umana o anche delle nature angeliche create e creabili.

Se i tre ordini ricordati da Pascal nei suoi Pensieri (quello del corpo, quello degli spiriti e delle loro facoltà talvolta geniali, quello della carità soprannaturale) hanno tra di loro una distanza senza misura, bisogna dire la stessa cosa tra l’ordine ipostatico e quello della grazia e della gloria espresse nei più grandi santi. “La terra e i suoi regni, il firmamento e le sue stelle non valgono il più piccolo pensiero; tutti gli spiriti insieme (e le loro facoltà naturali) non valgono il più piccolo moto di carità, perché esso è di un altro ordine, tutto soprannaturale”

Ugualmente tutti gli atti di carità dei più grandi santi, uomini o angeli, e la loro gloria in cielo restano immensamente inferiori all’unione personale o ipostatica dell’umanità di Gesù col Verbo. La maternità divina, che termina alla Persona increata del Verbo fatto carne, sorpassa senza misura la grazia, la gloria di tutti gli eletti e la pienezza di grazia e di gloria ricevuta da Maria stessa.


Giovedì 11 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo II Altre ragioni dell’eminente dignità della Madre di Dio (segue)

San Tommaso dice che “tre realtà hanno una certa dignità infinita, derivante dal bene infinito che è Dio: l’umanità di Cristo in quanto unita alla Divinità, la beatitudine creata in quanto godimento di Dio e la Beata Vergine Maria in quanto Madre di Dio. E sotto questo aspetto non può essere creato nulla di migliore, come non vi può essere nulla di migliore di Dio” (Somma teologica, I, 25, 6, ad 4).

San Bonaventura dice ugualmente: “Dio poteva fare un mondo più grande, ma non poteva fare una madre più perfetta della Madre di Dio” (Speculum, c. VIII).

Come avverte il Padre E. Hugon, O.P., “la maternità divina è per sua natura superiore alla filiazione adottiva (nota: per filiazione adottiva s’intende che l’uomo mediante la grazia è stato elevato ad essere figlio adottivo di Dio).

Questa produce una parentela spirituale e mistica, mentre la maternità della Santa Vergine stabilisce una parentela di natura, una relazione di consanguineità con Gesù Cristo e di affinità con la Santa Trinità tutta intera.

La filiazione adottiva non impegna così strettamente Dio a nostro riguardo: la maternità divina impone a Gesù Cristo quei doveri di giustizia che i figli, per una obbligazione di natura, hanno verso i loro genitori e conferisce a Maria dominio e potere su Gesù, perché vi è un diritto naturale che accompagna la dignità materna” (Marie, pleine de grâce, p. 63).

La maternità divina sorpassa per conseguenza tutte le grazie gratis datae o carismi, come sono le profezie, la conoscenza dei segreti dei cuori, il dono dei miracoli o quello delle lingue, perché questi doni in qualche modo esterni sono inferiori alla grazia santificante (cfr. Somma teologica, I-II, 111, 5). Notiamo anche che la maternità divina non si può perdere, mentre la grazia quaggiù si può perdere.


Venerdì 12 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo II Altre ragioni dell’eminente dignità della Madre di Dio (segue)

Il valore di questa eminente dignità è stato giustamente messo in rilievo da Bossuet, quando egli dice nel Sermone sulla concezione della santa Vergine (verso la fine del primo punto): “Dio ha tanto amato il mondo, dice il nostro Salvatore, che gli ha dato il suo Figlio unico” (Gv 3,16)…

Ma l’amore ineffabile che egli aveva per voi, o Maria, gli ha fatto concepire altri disegni in vostro favore. Egli ha ordinato che fosse nei vostri confronti quello che è nei confronti di se stesso, e cioè ha voluto appartenervi come appartiene a se stesso.. e per stabilire con voi questa società eterna, ha voluto che voi foste la madre del suo Figlio unico ed essere il padre del vostro figlio.

O prodigio! O abisso di carità! Quale spirito non si perderebbe nella considerazione di queste compiacenze incomprensibili che egli ha avuto per voi; dacché voi lo toccate così da vicino per questo comune Figlio, il nodo inviolabile della vostra santa alleanza, il pegno dei vostri affetti reciproci, che vi siete dati amorevolmente l’un l’altro; lui, pieno di una divinità impassibile; voi, rivestita, per obbedirgli, di una carne mortale”.

Dio Padre ha comunicato al suo Figlio unico la natura divina, Maria ha comunicato al Figlio unico di Dio la natura umana, soggetta al dolore e alla morte, per la nostra redenzione; ma è il medesimo unico Figlio, e questo è ciò che fa tutta la grandezza di Maria.


Sabato 13 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo II Altre ragioni dell’eminente dignità della Madre di Dio (segue)


La ragione di tutte le grazie accordate a Maria

L’eminente dignità della maternità divina si manifesta ancora sotto un nuovo aspetto se si considera che essa è la ragione per la quale la pienezza di grazia è stata accordata alla santa Vergine, ne è la misura e il fine. Essa gli è dunque superiore.

Se infatti Maria dal primo istante ha ricevuto questa pienezza di grazia è perché essa voglia santamente concepire l’Uomo-Dio dicendo con la più perfetta generosità il suo sì nel giorno dell’Annunciazione, malgrado tutte le sofferenze annunciate per il Messia; è perché lo partorisca rimanendo vergine, perché circondi la sua infanzia nelle cure più materiali e più sante; perché si unisca a lui in una strettissima conformità di volontà, come solo una madre santissima lo può nella vita nascosta, nella sua vita pubblica e nella sua vita dolorosa; perché dica eroicamente il suo secondo sì ai piedi della croce, con Lui, per Lui e in Lui.

Come dice il Padre E. Hugon: “La maternità divina esige un’intima amicizia con Dio. È già una legge di natura e un precetto che la madre ami suo figlio e che questi ami sua madre. Bisogna dunque che Maria e suo Figlio si amino reciprocamente, e poiché questa maternità è soprannaturale, si richiede un’amicizia del medesimo ordine, e pertanto santificante, perché deriva dal fatto che Dio ama un’anima, la rende amabile ai suoi occhi e la santifica” (De B. Virgine Maria Deipara, p. 735). Per conseguenza c’è la più stretta conformità tra la volontà di Maria e l’oblazione del suo Figlio, che fu come l’anima del sacrificio della croce.

È chiaro che questa è la ragione o il fine per cui le è stata accordata la pienezza iniziale della grazia, e poi la pienezza di grazia consumata o di gloria.

Essa ne è nello stesso tempo la misura; essa le è dunque manifestamente superiore.

Non sarà sempre possibile dedurre da questa eminente dignità ciascun privilegio ricevuto da Maria, ma tutti i privilegi tuttavia derivano dalla maternità divina.

Se infine Maria è stata predestinata da tutta l’eternità al più alto grado di gloria presso Dio, è perché era stata predestinata dall’inizio a essere la sua degnissima Madre, e a restarlo eternamente dopo esserlo stato nel tempo.

Quando in cielo i santi contemplano l’altissimo grado di gloria di Maria al di sopra di tutti gli Angeli, essi vedono che il motivo per il quale essa vi è stata predestinata è perché fosse e restasse eternamente la degnissima Madre di Dio, Mater Creatoris (Madre del Creatore), Mater Salvatoris (Madre del Salvatore), Sancta Dei genitrix (Santa Madre di Dio).

Sant’Alberto Magno lo afferma a più riprese: “è di più essere madre di Dio per natura che figlio di Dio per adozione” (Mariale, qq.140 e 141). Anche i poeti hanno cantato questo mistero.


Domenica 14 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo II Altre ragioni dell’eminente dignità della Madre di Dio (segue)


Il motivo del culto di iperdulia

La dottrina che stiamo esponendo è confermata da un’ultima considerazione proposta da molti teologi.

È a ragione della maternità divina e non tanto della pienezza di grazia che si deve a Maria un culto di iperdulia, superiore a quello dovuto ai santi, per quanto eminenti siano nel grado di grazia e di gloria.

In altri termini se questo culto di iperdulia è dovuto a Maria, non è perché è la più grande santa, ma perché è la Madre di Dio.

Esso non le sarebbe dovuto se Essa avesse lo stesso grado di gloria senza essere predestinata alla maternità divina. San Tommaso lo insegna espressamente (Somma teologica, III, 25,5).

Nelle litanie della Beata vergine, il primo titolo di gloria che viene enunciato è questo: Santa Madre di Dio, tutti gli altri seguono nel modo in cui convengono alla Madre di Dio: Santa vergine delle vergini, Madre della divina grazia, Madre purissima, Madre castissima, Madre inviolata, Madre intemerata, Madre amabile, Madre ammirabile, Madre del buon consiglio, ecc.


Lunedì 15 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo II Altre ragioni dell’eminente dignità della Madre di Dio (segue)


Conseguenze dei principi enunciati

Da quanto stiamo dicendo ne segue che la maternità divina è superiore alla pienezza di grazia sia iniziale sia finale, perché essa è per il suo termine di un ordine superiore, dell’ordine ipostatico.

Come l’anima ragionevole, che è di ordine sostanziale, anche considerata isolatamente, è più perfetta delle sue facoltà superiori d’intelligenza e di volontà, perché essa è la ragione per cui le facoltà da lei derivano, così la maternità divina, anche isolatamente considerata, è la ragione della pienezza di grazia e pertanto le è superiore.

Noi afferriamo così la forza della ragione per cui Maria è stata predestinata anzitutto a essere la Madre di Dio, prima di esserlo al più alto grado di gloria dopo Cristo.

La dignità di una relazione si prende più dal termine che essa tocca che dal suo fondamento; ora la maternità divina è relativa alla persona del Verbo fatto carne; così nell’ordine umano la madre di un re gli è più vicina che il migliore dei suoi giuristi. (…).

Dal fatto che Maria per il termine della sua maternità divina appartiene all’ordine ipostatico, ne segue che è superiore agli angeli e ai sacerdozio partecipato dei preti di Cristo. Senza dubbio, non avendo ricevuto il carattere sacerdotale, non potrebbe consacrare come fa il prete all’altare, ma la dignità eminente di madre di Dio è pertanto superiore al nostro sacerdozio e all’episcopato, perché è di ordine ipostatico; è così che Maria ci ha dato la Santa Vittima offerta sulla croce e sull’altare; ella ci ha dato anche il sacerdote principale del sacrificio della messa, e gli è stata associata più intimamente di chiunque altro, più che gli stigmatizzati e i martiri ai piedi della croce.



Martedì 16 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo II Altre ragioni dell’eminente dignità della Madre di Dio (segue)

Da questo punto di vista, l’ordinazione sacerdotale, se l’avesse ricevuta (ma non conveniva alla sua missione), le avrebbe dato qualche cosa di inferiore a ciò che esprime il titolo di Madre di Dio. Ed è il caso di ricordare la parole di Sant’Alberto Magno: “La Beata Vergine non è stata assunta nel ministero dal Signore, ma è stata assunta come consorte e aiuto per lui, secondo le parole: Le darò un aiuto simile a lui” (Mariale, 42 e 165).

Maria non è stata scelta per essere ministro del Salvatore, ma per essergli associata (in consortium) e per aiutarlo (in adiutorium) nell’opera della Redenzione.

Questa maternità divina è dunque il fondamento, la radice e la sorgente di tutte le grazie e privilegi di Maria, sia che essi la precedano come disposizione, sia che l’accompagnino o la seguano come risultante.

È in vista di questa maternità divina che Maria è l’Immacolata Concezione, preservata dalla macchia originale per i meriti futuri del suo Figlio; essa è stata da lui redenta nella maniera più perfetta possibile: non soltanto guarita, ma preservata dalla macchia originale prima di esserne sfiorata un solo istante.

È in vista di questa maternità divina che ha ricevuto la pienezza iniziale di grazia che non doveva cessare di crescere in lei fino alla pienezza perfetta.

È in vista di questa divina maternità che è stata esente da ogni peccato personale, anche veniale, e da ogni imperfezione, perché è sempre stata prontissima a seguire le ispirazioni divine, anche a quelle date per modo di consiglio.

L’eminente dignità di Madre di Dio supera dunque quella di tutti i santi riuniti.



Mercoledì 17 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo II Altre ragioni dell’eminente dignità della Madre di Dio (segue)

Pensiamo al fatto che Maria ha avuto l’autorità d’una madre sul Verbo di Dio fatto carne.

Ha contribuito pertanto non nel dargli la visione beatifica o la scienza infusa, ma a formare progressivamente la sua scienza acquisita che illuminava la prudenza acquisita per cui egli compiva atti proporzionati alle diverse età della sua vita d’infanzia e della sua vita nascosta. In questo senso il Verbo fatto carne è stato sottomesso a Maria con i più grandi sentimenti di rispetto e di amore. Come possiamo noi non avere questi sentimenti per la Madre del nostro Dio?

In uno dei più bei libri che siano stati scritti su Maria, il Trattato della vera devozione alla santa Vergine, San Luigi de Montfort dice:

“Dio fatto uomo ha trovato la sua libertà nel farsi prigioniero nel suo seno;

egli ha fatto scatenare la sua forza nel lasciarsi portare da questa piccola figlia;

egli ha trovato la sua gloria e quella del Padre suo nel nascondere i suoi splendori a tutte le creature di quaggiù per rivelarli solo a Maria;

egli ha glorificato la propria indipendenza e la propria maestà nel dipendere da questa amabile Vergine nel suo concepimento, nella sua nascita, nella sua presentazione al tempio, nella sua vita nascosta di trent’anni, fino alla sua morte, cui lei doveva assistere per fare con lei un medesimo sacrificio e per essere immolato per il suo consenso al Padre eterno, come altra volta fece Isacco con consenso di Abramo, è lei che l’ha allattato, nutrito, cresciuto e sacrificato per noi…

E infine Nostro Signore è ancora in cielo come Figlio di Maria come era sulla terra”.

È il primo motivo della devozione del culto di iperdulia che noi dobbiamo avere per lei. Per questo tutta la Tradizione e particolarmente i concili di Efeso e Costantinopoli hanno tenuto a proclamare nei confronti della Vergine Maria che è anzitutto Madre di Dio, affermazione che proclamava contro Nestorio la divinità di Cristo.



Giovedì 18 maggio


Capitolo primo – L’eminente dignità della Maternità divina (segue)

Articolo II Altre ragioni dell’eminente dignità della Madre di Dio (segue)

Notiamo, terminando questo capitolo, che per molte persone di vita interiore è talmente evidente che il titolo di Madre di Dio è il primo titolo di Maria, quello che contiene, spiega e richiama tutti gli altri, che esse non comprendono che si discuta di cose così evidenti. Ad esse pare chiaro che se noi avessimo potuto formare la nostra madre, l’avremmo arricchita di ogni dono, se questi doni fossero stati a nostra disposizione.

San Tommaso si contenta di dire: “Maria per essere la degna Madre del Verbo ha dovuto ricevere la pienezza di grazia” (Somma teologica, III, 27,5 e ad 2).

Bossuet dice la stessa cosa: “Come la provvidenza di Dio dispone tutte le cose con una perfezione ammirabile, bisognava che imprimesse nel cuore della Santa Vergine un affetto che andasse ben oltre la natura e che arrivasse fino all’ultimo grado di grazia perché avesse per suo Figlio dei sentimenti degni di una madre di Dio e degni di un uomo Dio” (Compassione della Beata Vergine, 1 punto, fine).



Venerdì 19 maggio


Capitolo II – La pienezza iniziale di grazia in Maria

Ave piena di grazia (Lc 1,28).

Dopo aver visto la grandezza di Maria in quanto Madre di Dio, grandezza che è la ragione di tutti i suoi privilegi, è bene considerare quale sia il senso e la portata delle parole che le furono dette dall’Arcangelo Gabriele nel giorno dell’Annunciazione: “Ti saluto, piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1,28). Per comprendere il senso di queste parole dette a nome di Dio, noi considereremo:

primo, le diverse pienezze di grazia;

secondo, il privilegio dell’immacolata concezione;

terzo, la grandezza della prima grazia in Maria.

Articolo primo Le diverse pienezze di grazia

In questa espressione “pienezza di grazia” si tratta, secondo il senso abituale della Scrittura che diventa sempre più esplicito nel Nuovo Testamento, della grazia propriamente detta, che si distingue realmente dalla natura, sia dalla natura umana sia dalla natura angelica, come un dono di Dio del tutto gratuito, che sorpassa le forze naturali e le esigenze di ogni natura creata e creabile.

“Piena di grazia”, soprattutto secondo il testo greco, significa “resa graditissima a Dio”.

La grazia abituale o santificante ci rende partecipi della natura stessa di Dio, della sua stessa vita intima secondo le parole di San Pietro: “Gesù Cristo ci ha donato i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi, perché diventaste per loro mezzo partecipi della natura divina” (2 Pt 1,4).

Per mezzo della grazia noi siamo diventati figli adottivi di Dio, suoi eredi e coeredi di Cristo (Rm 8,17) e “siamo nati da Dio” (Gv 1,13). La grazia ci dispone a ricevere la vita eterna come un’eredità e come la ricompensa dei meriti, di cui è principio.

È anche il germe della vita eterna, il “seme della gloria” dice la Tradizione, in quanto ci dispone già fin d’ora a vedere Dio immediatamente come lui stesso si vede e ad amarlo come si ama.



Sabato 20 maggio


Capitolo II – La pienezza iniziale di grazia in Maria (segue)

Articolo I Le diverse pienezze di grazia (segue)

Questa grazia abituale o santificante è ricevuta nell’essenza stessa della nostra anima come un innesto soprannaturale che ne sopraeleva la vitalità perché la deifica.

Da essa derivano nelle nostre facoltà virtù infuse, teologali e morali e anche i sette doni dello Spirito Santo; vale a dire tutto ciò che costituisce il nostro organismo soprannaturale, che è in noi, al modo delle virtù acquisite, come una seconda natura; di tale sorta che noi esercitiamo per connaturalità le azioni soprannaturali e meritorie delle virtù infuse e dei sette doni.

Ne segue che per mezzo della grazia santificante la Santa Trinità abita in noi come in un tempio dove essa è conosciuta e amata, dove essa è quasi sperimentalmente conoscibile, e talvolta conosciuta, allorché per una ispirazione speciale si fa sentire a noi come la vita della nostra vita, “perché abbiamo ricevuto uno Spirito di adozione che in noi grida: Abba! Padre” (Rm 8,16).

Se la grazia abituale ci fa così figli di Dio, la grazia attuale o transitoria ci dispone a divenirlo, e in seguito ci fa agire sia per mezzo delle virtù infuse, sia attraverso i doni, o insieme con le une e gli altri, come veri figli di Dio. Questa vita nuova non è altro che la vita eterna iniziata, poiché la grazia abituale e la carità devono durare eternamente.

Questa grazia, detta anche vita divina, è gratuita sia per gli angeli che per noi. Come dice Sant’Agostino: “Dio li ha creati, nello stesso tempo infondendo ad essi la natura e donando la grazia” (De Civitate Dei, 12,9). Dio, creando la loro natura ha loro accordato gratuitamente la grazia, alla quale la loro natura puramente spirituale, per quanto essa stessa sia elevata, non aveva alcun diritto, sebbene essi avessero potuto essere creati, come del resto anche noi, in uno stato puramente naturale, senza questo innesto divino che apporta una vita nuova.



Domenica 21 maggio


Capitolo II – La pienezza iniziale di grazia in Maria (segue)

Articolo I Le diverse pienezze di grazia (segue)

La grazia di cui si parla in questa parole dell’angelo: “Ave, piena di grazia” è dunque superiore alle forse naturali e alle esigenze di ogni natura creata e creabile; essendo una partecipazione della natura divina o della vita intima di Dio, essa ci fa entrare nel regno di Dio, immensamente al di sopra dei diversi regni della natura, che si possono chiamare regni minerale, vegetale, animale, umano e anche angelico.

A tal punto che San Tommaso può dire: “Il bene di grazia di uno solo è superiore al bene di natura di tutto l’universo (bonum gratiae unius maius est quam bonum naturae totius universi, Somma Teologica, I-II, 14, 3, ad 2).

Il minimo grado di grazia santificante contenuto nell’anima di un bambino dopo il battesimo vale di più che il bene naturale di tutto l’universo, più di tutte le nature create, comprese le nature angeliche. Vi è qui una partecipazione alla vita intima di Dio, che è superiore anche a tutti i miracoli e a tutti i segni esteriori della rivelazione divina e della santità dei servi di Dio.

È di questa grazia, germe della gloria, che si parla nelle parole indirizzate dall’Angelo a Maria: “Vi saluto, o piena di grazia”, e l’angelo doveva vedere, sebbene avesse la visione beatifica, che la vergine santa che egli salutava aveva un grado di grazia santificante e di carità superiore a lui, il grado che conveniva che avesse in quell’istante per divenire la degna madre di Dio.



Lunedì 22 maggio


Capitolo II – La pienezza iniziale di grazia in Maria (segue)

Articolo I Le diverse pienezze di grazia (segue)

Senza dubbio Maria ha ricevuto dall’Altissimo nella loro perfezione i doni naturali del corpo e dell’anima.

Se, anche dal punto di vista naturale, l’anima di Gesù, personalmente unita al Verbo, riunisce in sé tutto ciò che vi è di più nobile e più bello nell’anima dei più grandi artisti, poeti, pensatori di genio, degli uomini più generosi, – salvata ogni proporzione – l’anima di Maria, per la sua stessa natura, per la perfezione naturale della sua intelligenza, della sua volontà, della sua sensibilità, è un capolavoro del Creatore.

Essa sorpassa ben certamente tutto ciò che noi abbiamo potuto constatare nelle persone più dotate come penetrazione naturale e sicurezza dell’intelligenza, fora di volontà, equilibrio e armonia delle facoltà superiori e inferiori.

In lei, per il fatto che è preservata dal peccato originale e dalle sue conseguenze deprimenti, la cupidigia e l’inclinazione all’errore, il corpo non appesantiva l’anima, ma le era perfettamente sottomesso.

Se la Provvidenza, formando il corpo di un santo, ha in vista l’anima che deve vivificare questo corpo, formando il corpo di Maria, ha in vista il corpo e la santa anima del Verbo fatto carne.

Come piaceva richiamare a Sant’Alberto Magno, i santi Padri dicono che la Vergine Maria, anche dal punto di vista naturale, ha riunito la grazia di Rebecca, la bellezza di Rachele, la dolce maestà di Ester. Essi aggiungono che questa bellezza purissima non fermava mai l’attenzione a lei; ma elevava sempre le anime a Dio.

Più questi doni naturali sono perfetti, più essi mostrano la grandezza della vita invisibile della grazia che li supera senza misura.



Martedì 23 maggio


Capitolo II – La pienezza iniziale di grazia in Maria (segue)

Articolo I Le diverse pienezze di grazia (segue)

Bisogna ricordare, infine, parlando della pienezza della grazia in generale, che essa esiste a tre livelli molto differenti nel Cristo, in Maria e nei santi. San Tommaso lo spiega in diversi passi.

Vi è anzitutto la pienezza assoluta di grazia che è propria del Cristo, salvatore dell’umanità. Secondo la potenza ordinaria di Dio, non potrebbe esservi grazia più elevata e più estesa della sua. È la sorgente eminente e inesauribile di tutte le grazie che riceve l’umanità intera dopo la caduta e che riceverà nel seguito del tempo; è la sorgente anche della beatitudine degli eletti, perché Gesù ci ha meritato tutti gli effetti della nostra predestinazione (Somma teologica, III, 24, 4).

Vi è, in secondo luogo, la pienezza detta di sovrabbondanza, che è il privilegio speciale di Maria, e che viene chiamato così perché è come un fiume spirituale che, dopo 2000 anni, si riversa su tutti gli uomini.

Vi è infine la pienezza di sufficienza che è comune a tutti i santi, e che li rende capaci di compiere le azioni meritorie, normalmente sempre più perfette; che li fanno pervenire alla salvezza eterna.

Queste tre pienezze subordinate sono state giustamente paragonate a quella di una sorgente perenne, a quella di una fiume che ne procede e a quella dei canali alimentati da questo fiume per irrigare e fertilizzare le regioni attraversate, in altri termini le diverse parti della Chiesa universale nello spazio e nel tempo.



Mercoledì 24 maggio


Capitolo II – La pienezza iniziale di grazia in Maria (segue)

Articolo I Le diverse pienezze di grazia (segue)

Questo fiume di grazia proviene da Dio per mezzo del salvatore secondo la bella immagine biblica: “Rorate coeli desuper et nubes pluant iustum”; “Cieli spandete dall’alto la vostra rugiada e le nubi facciano piovere il giusto, che la terra si apra e germogli il Salvatore” (Is 45,8). Successivamente questo fiume di grazia risale, sotto forma di meriti, di preghiere e di sacrifici, verso Dio, oceano di pace.

Per seguire la stessa immagine, la pienezza della sorgente non si è accresciuta; al contrario, quella del fiume che ne deriva non ha cessato di crescere sulla terra. Per parlare senza metafore, la pienezza assoluta di grazia non è cresciuta in nostro Signore, perché essa era sovranamente perfetta già dal primo istante del suo concepimento, come conseguenza dell’unione personale al Verbo dalla quale derivava da quell’istante la luce della gloria e la visione beatifica, in modo che, come dice il secondo concilio di Costantinopoli, il Cristo non è mai divenuto migliore per il progresso delle sue azioni meritorie: “Ex profectus operum non melioratus est” (DS 434).

Al contrario, la pienezza di sovrabbondanza propria di Maria non ha cessato di crescere fino alla sua morte. È per questo che i teologi considerano generalmente in lei:

1°- la pienezza iniziale;

2°- la pienezza della seconda santificazione all’istante del concepimento del Salvatore;

3°- la pienezza finale (nell’istante del suo ingresso nella gloria), la sua estensione e la sua sovrabbondanza (Somma teologica, III, 27, 5, ad 2).



Giovedì 25 maggio


Capitolo II – La pienezza iniziale di grazia in Maria (segue)

Articolo II Il privilegio dell’Immacolata Concezione

La pienezza iniziale di grazia in Maria ci appare sotto due aspetti.

Il primo è negativo, almeno nella sua espressione: la preservazione dal peccato originale.

Il secondo è positivo: la concezione assolutamente pura e santa a motivo della perfezione stessa della grazia santificante iniziale, radice delle virtù infuse e dei sette doni dello Spirito Santo.


La definizione dogmatica

La definizione del dogma dell’Immacolata Concezione fatta da Pio IX l’8 dicembre 1854 si esprime così: “Dichiariamo, pronunciamo e definiamo che la dottrina, la quale ritiene che la beatissima vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente ed in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia della colpa originale, è rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli” (DS 2803).



Venerdì 26 maggio


Capitolo II – La pienezza iniziale di grazia in Maria (segue)

Articolo II Il privilegio dell’Immacolata Concezione (segue)

Questa definizione contiene soprattutto tre punti importanti:

1°- Si afferma che la B. V. Maria è stata preservata da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, dal momento in cui la sua anima è stata creata e unita al corpo, perché solo in questo momento vi è la persona umana. Viene detto che si tratta di un privilegio speciale e che è una grazia assolutamente singolare, effetto della onnipotenza divina.

Che cos’è il peccato originale secondo la Chiesa?

La Chiesa non ha mai definito la natura intima del peccato originale, ma ce lo fa conoscere attraverso i suoi effetti: inimicizia o maledizione divina, sporcizia dell’anima, stato di ingiustizia o di morte spirituale, servitù sotto il dominio dei demoni, assoggettamento alla legge della concupiscenza, della sofferenza e della morte corporale, considerate come pena del peccato comune.

Questi effetti suppongono la privazione della grazia santificante che Adamo aveva ricevuto con l’integrità della natura per se stesso e per noi, e che ha perso per se stesso e per noi.

Bisogna dunque dire che Maria, fin dall’istante del suo concepimento, ha potuto essere preservata dal peccato originale solo in virtù della grazia che ha ricevuto, vale a dire dello stato di giustizia e di santità, effetto dell’amicizia divina opposta alla maledizione divina, e che per conseguenza costituisce il sostrato della servitù al dominio dei demoni, all’assoggettamento alla legge della concupiscenza e anche alla sofferenza e alla morte considerate come pena del peccato di natura, sebbene in Maria come in nostro Signore, queste siano state una conseguenza della nostra natura e che sono state offerte per la nostra salvezza.



Sabato 27 maggio


Capitolo II – La pienezza iniziale di grazia in Maria (segue)

Articolo II Il privilegio dell’Immacolata Concezione (segue)

2° Si afferma che è in virtù dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, che Maria è stata preservata dal peccato originale, come aveva già dichiarato Alessandro VII nel 1661. Non si può più ammettere, come sostenevano alcuni teologi del secolo XIII, che Maria è immacolata perché non ha avuto bisogno di redenzione, e che la prima grazia in lei è indipendente dai meriti futuri del suo Figlio.

Secondo la bolla Ineffabilis Deus, Maria è stata redenta per i meriti del suo Figlio, e nel modo più perfetto: non attraverso la liberazione del peccato originale contratto, ma attraverso una redenzione preservatrice.

Già nell’ordine umano, colui che ci preserva da un colpo mortale è ancor meglio nostro Salvatore che colui che ci guarisce solamente dalle ferite riportate nel colpo.

All’idea di redenzione preservatrice si allaccia quella di Maria, figlia di Adamo, discendente da lui per via di generazione naturale, e che pertanto doveva incorrere nella macchia ereditaria, e vi sar