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Quesito

Caro Padre Angelo,
le ho già scritto qualche giorno fa dopo aver scoperto il suo utilissimo sito, ma nel frattempo mi è venuto un altro dubbio riguardante la contraccezione.
La Chiesa condanna il ricorso a preservativo/pillola eccetera, ed incoraggia l’impiego di metodi naturali. Ma il fatto stesso di impiegare un metodo per evitare una nascita (anche se naturale), non è esso stesso contrario alla morale religiosa? Il seme maschile prodotto durante un rapporto sessuale avuto in seguito alla conferma della non fertilità della donna in quel giorno non ha finalità riproduttiva: di più, viene prodotto dall’uomo nel corso di un rapporto proprio perché vi è la sicurezza che il suo seme quel giorno non servirà a creare una vita. Non è questo uno spreco del seme? E che differenza c’è tra un rapporto tra un uomo e una donna che usino un metodo naturale e tra un uomo e una donna che invece prende la pillola? La finalità del rapporto è comunque diversa dalla riproduzione. Capisco poi le preoccupazioni riguardo alla salute della donna che prende la pillola. Ma negli ultimi anni sono stati messi in commercio contraccettivi ormonali non orali.
La ringrazio se vorrà rispondere alle mie domande
Alessandra


Risposta del sacerdote

Cara Alessandra,
1. Vi è una notevole differenza tra un atto coniugale che rimane aperto alla vita e di cui si accetta la sua potenzialità procreativa da un atto contraccettivo.
Nel primo caso ci si dona in totalità, nel secondo no.
Per questo motivo il magistero della Chiesa dice che un atto contraccettivo cessa di essere un atto di autentico amore.

2. Tu dici che un atto che intende evitare una nascita dovrebbe essere contrario alla morale religiosa.
Faccio notare che si tratta di etica prima ancora che di morale religiosa.
Quella di cui parliamo è una norma della Chiesa, ma è legge di Dio scritta nella natura stessa dell’uomo e della donna e degli atti propri del matrimonio.
Andare contro questa legge significa andare contro se stessi.
Appartengono invece alla morale religiosa le norme derivanti dalla Chiesa o dalle singole religioni, come ad esempio l’osservanza del digiuno e dell’astinenza in determinati giorni o periodi dell’anno.

3. Inoltre: perché evitare una nascita dovrebbe essere contro la morale?
Pio XII aveva detto che vi possono essere giustificati motivi che suggeriscono ai coniugi di non procreare per un determinato tempo o anche per tutta la vita.
Tuttavia, decidere di non mettere al mondo dei figli non significa che si possa usare del matrimonio contraddicendo la sua stessa natura.

4. Tu dici che nel periodo di infertilità della donna il gamete maschile “non ha finalità riproduttiva”. Attenzione: se dici che non procrea, sono d’accordo. Ma in se stesso conserva intatta la sua capacità procreativa.
Il fatto che non procrei non dipende da lui, ma altre circostanze. Come quando tu accendi un fiammifero: non brucia niente se non gli metti vicino un pezzo di carta. Ma non per questo perde la sua capacità di bruciare.

5. Parli di spreco di seme.
La Chiesa non ha mai posto la questione in simili termini.
Piuttosto ricorda che l’atto coniugale non ha solo una finalità procreativa.
Anzi, afferma che ha una finalità procreativa proprio perché ne realizza un’altra: quella della donazione totale e reciproca dei coniugi.
Questa è l’intrinseca differenza tra un atto sessuale compiuto tra persone umane, tra due coniugi e un atto sessuale compiuto da animali. In quest’ultimo caso, proprio perché non si tratta di atto personale, vi è un puro accoppiamento ordinato alla riproduzione. Ma per le persone umane non è così.

6. Per questo motivo il Concilio Vaticano II ha detto che la sessualità umana e la connessa facoltà di generare “è meravigliosamente superiore a quanto avviene negli stadi inferiori della vita” (Gaudium et spes 51).
Giovanni Paolo II ricorda che l’atto coniugale “non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l’intimo nucleo della persona umana come tale” (Familiaris consortio 11).

7. Chiedi ancora quale sia la differenza c’è tra un rapporto tra un uomo e una donna che usino un metodo naturale e tra un uomo e una donna che invece prende la pillola.
Si tratta di una differenza enorme che coinvolge due modi fra loro opposti di pensare alla persona e alla sessualità.
Giovanni Paolo II afferma che fra i due metodi vi è “una differenza assai più vasta e profonda di quanto abitualmente non si pensi e che coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità umana tra loro irriducibili” (Familiaris consortio 32),

8. Ti ricordo solo qualcuna di queste diversità:
Nella contraccezione i coniugi “si comportano come arbitri del disegno divino” (HV 13). Di fatto si sostituiscono a lui nel determinare quale sia il significato del corpo e dei suoi atti. Ne emerge la coscienza di essere padroni o proprietari di se stessi, che corrisponde più o meno allo slogan: “Il corpo è mio, e ne faccio quello che voglio io”.
Nella continenza periodica invece si usufruisce del matrimonio riconoscendo una legge trascendente e facendosene ministri. Di fatto, accettando il significato intrinseco degli atti e il ritmo di fertilità stabilito da Dio, si riconosce di essere creature, di non essere padroni di noi stessi, secondo l’espressione di S. Paolo: “O non sapete che non appartenete a voi stessi” (1 Cor 6,19).

Nella contraccezione si frustra la capacità procreativa degli organi genitali. Essi, che nel loro linguaggio nativo sono ordinati a suscitare la vita, vengono contraddetti nel loro più intimo significato.
Questo, al dire di Giovanni Paolo II, fa sì che “gli sposi si attribuiscano un potere che appartiene solo a Dio: il potere di decidere in ultima istanza la venuta all’esistenza di una persona umana. Si attribuiscono la qualifica di essere non i co-operatori del potere creativo di Dio, ma i depositari ultimi della sorgente della vita umana. In questa prospettiva la contraccezione è da giudicare oggettivamente così profondamente illecita da non potere mai, per nessuna ragione, essere giustificata.
Pensare o dire il contrario, equivale a ritenere che nella vita umana si possano dare situazioni nelle quali sia lecito non riconoscere Dio come Dio” (17.9.1983).
Si tratta, come disse in un’altra occasione il medesimo Pontefice, di un ateismo pratico, dove Dio non c’entra.
Nella continenza periodica, invece, si riconosce fin dall’inizio un potenziale significato procreativo agli atti coniugali. Se dall’unione non segue di fatto la procreazione, ciò dipende in ultima analisi dalla volontà di Dio che ha disposto nella sua sapienza legislatrice che non ogni incontro nell’ambito del matrimonio risulti di fatto fecondo. Qui i coniugi, nel loro comportamento, sono alleati della divina Sapienza. Nei loro atti di amore Dio non è escluso, anzi è ben presente.

– Nella contraccezione l’amore coniugale viene falsificato.
Infatti mentre si compie un gesto che esprime la totalità del dono, ci si riserva di donare una componente importante della vita umana, la propria capacità di diventare padre o madre.
“Così al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè di non donarsi all’altro in totalità.
Ne deriva, non soltanto il positivo rifiuto all’apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell’interiore verità dell’amore coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale” (FC 32c).
Si tratta, in altre parole, di una bugia.
Eliminando intenzionalmente la capacità riproduttiva, i coniugi uniscono certo i loro corpi, ma il gesto sessuale è privato del suo significato più profondo: il donarsi e l’accogliersi in totalità.
La castità coniugale, invece, non attua nessuna falsificazione, nessuna bugia. Non dà adito a sospetto tra i coniugi. Nel caso di concepimento non desiderato, essi si sentono ambedue responsabili “in solido”, disposti ad accettare il nascituro. L’apertura alla vita dell’atto coniugale è garanzia dell’impegno a mantenersi nella logica del dono.

La contraccezione favorisce la mancanza di dominio su se stessi, sulle proprie passioni, sui propri istinti. Gli atti coniugali vengono reclamati ogni volta che se ne avverte il ‘‘bisogno’, senza guardare le esigenze dell’altro.
Nella continenza periodica, invece, i coniugi, se non vogliono procreare, sanno astenersi per qualche giorno, anche se lo stimolo è più forte o prepotente.
E così la castità accresce quell’autodominio che è il segreto della libertà interiore. Nello stesso tempo gli istinti vengono valorizzati perché messi a servizio della persona, rimuovendo la possibilità che avvenga il contrario.
Inoltre i coniugi, ammirando la capacità di autodominio, crescono nella stima reciproca, perché non si sentono cercati per libidine.
Astenendosi nei giorni di fertilità, essi si dicono l’un l’altro che le relazioni sessuali non sono il tutto della loro vita, il bene cui si deve sacrificare ogni cosa (salute compresa).
Infine la castità favorisce la fiducia vicendevole in ordine all’impegno nella vita sociale ed ecclesiale. Quando si vede nel coniuge la capacità di resistere agli istinti nell’ambito matrimoniale, non si dubita che saprà vincersi anche nelle eventuali tentazioni extrafamiliari.

La contraccezione va a toccare l’intimo nucleo della persona, qual è quello della sessualità. E poiché la vita umana è un tutto unitario, la mancanza di autodominio in questo settore facilmente si riflette in un’assenza di autodominio anche in altri settori, come nel bere, nel parlare, nell’osservare i propri doveri religiosi, nel sopportare pazientemente i disagi e i rovesci della vita…
La castità coniugale, invece, fa sì che una persona sia signora di se stessa innanzitutto nella sfera più fragile ed intima, qual è quella dei sentimenti e dello stimolo sessuale, e poi quasi per dilatazione di cerchi concentrici in tutto il resto: nel parlare, che non sarà mai sciocco e volgare; nelle relazioni con gli altri, mai ridotti a strumento di libido; nella capacità di farsi dono nei confronti di tutti; nella fedeltà ai propri doveri familiari, civili, religiosi; nel mangiare e nel bere. In una parola, in tutta la vita personale e di relazione.

La contraccezione, poiché modifica interiormente il significato del gesto coniugale trasformandolo da mutuo regalo o dono a rapporto che appaga l’attrazione fisica, facilmente può bloccare l’amore nell’orizzonte della sensualità, che ne diventa in definitiva la tomba.
E, quando nel rapporto sponsale viene a mancare il di più, risulta facile trovare conforto, dialogo, stima e comprensione nelle relazioni extraconiugali.
La castità, invece, favorisce il dialogo, l’ascolto dell’altro, un imparare ad attendere i suoi tempi, dato che l’altro non sempre si trova disponibile all’unione coniugale.
Quando i coniugi avvertono lo stimolo sessuale e non possono attualizzarlo, sono indotti a cercare altre espressioni di affetto, quali ad esempio il parlare insieme, pregare…
Giovanni Paolo II osserva che la castità arricchisce l’amore, facendolo diventare più grande: “Se la castità coniugale (e la castità in genere) si manifesta dapprima come capacità di resistere alla concupiscenza della carne, in seguito essa gradualmente si rivela quale singolare capacità di percepire, amare e attuare quei significati del ‘‘linguaggio del corpo’, che rimangono del tutto sconosciuti alla concupiscenza stessa e che progressivamente arricchiscono il dialogo sponsale dei coniugi, purificandolo, approfondendolo ed insieme semplificandolo.
Perciò quell’ascesi della continenza, di cui parla l’enciclica (HV 21), non comporta l’impoverimento delle ‘‘manifestazioni affettive, anzi le rende più intense spiritualmente, e quindi ne comporta l’arricchimento” (24.10.1984).

– Circa i danni fisici derivanti dalla contraccezione: la Chiesa non spende una parola su questo problema. Questo è un compito che tocca direttamente i medici, i ginecologi, i farmacisti, le ditte farmaceutiche…
La Chiesa fa la sua parte, rilevando il danno a livello etico, il male che ne deriva alla persona e al rapporto interpersonale.
Tuttavia non dobbiamo coltivare troppe illusioni sull’assenza di conseguenze della contraccezione anche a livello fisico, se un vecchio proverbio sentenzia così: “Dio perdona sempre, l’uomo qualche volta, la natura mai”. L’organismo umano reagisce e si difende ogni qual volta gli si fa violenza o non si osserva l’ordine sapientissimo della natura.

Ti ringrazio del quesito e della stima per il nostro sito.
Ti saluto cordialmente, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo