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Quesito

Buona sera p. Angelo, 
la ringrazio per il suo apostolato e le auguro ogni bene.
Leggendo il prologo del Vangelo di Giovanni, mi hanno colpito due passaggi: “E noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. […]
Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Mi chiedevo se un giorno, anche molto lontano, lei potesse predicare su questo tema, spiegando cosa sono la grazia e la verità.
Nel ringraziarla nuovamente, porgo cordiali saluti,
A.


Risposta del sacerdote

Carissimo, 
1. inizio con la prima affermazione tratta da Gv 1,14: “E noi abbiamo contemplato la sua gloria”.
Commenta la Bibbia di Gerusalemme: “Come la gloria di Dio si rifletteva sul volto di Mosè dopo la sua manifestazione sul Sinai, così il volto di Cristo rifulse nel momento della trasfigurazione e i discepoli hanno così potuto vedere il riflesso della sua gloria”.
Ma è anche quella gloria di cui si parla a proposito delle nozze di Cana quando viene detto: “Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù: egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”.
La sua gloria: e cioè la sua natura e la sua potenza divina.
Quella potenza divina della quale si legge nel Salmo 24,10: “Chi è mai questo re della gloria? Il Signore degli eserciti è il re della gloria”. Vale a dire Dio.

2. San Tommaso: “Già Mosè aveva bramato di vedere questa gloria del Verbo quando disse: “fammi contemplare la tua gloria” (Es 33,18). Ma non meritò di vederla. Anzi il Signore gli disse: “tu potrai vedere solo il mio dorso” e cioè ombre e figure. Gli apostoli invece videro la luce stessa. (…).
Al contrario gli apostoli videro la luce stessa del Verbo nella presenza corporale di lui. Di qui le parole di San Paolo: “noi a viso scoperto, rispecchiando la gloria del Signore” (2 Cor 3,18). E San Luca riferisce: beati “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete, poiché molti profeti ebrei vollero vedere ciò che voi vedete e non lo videro” (Lc 10,23). Videro la gloria di Dio riflessa nelle opere compiute da Gesù”.

3. “Noi abbiamo contemplato la sua gloria”: assumendo carne umana il Verbo non ha cessato di essere Dio e gli apostoli hanno potuto vedere le sue divine perfezioni riflesse nella sua umanità. In particolare la santità di vita per la quale perfino i demoni sono stati costretti a dire: “tu sei il santo di Dio”.
Inoltre toccarlo con mano la sublimità degli insegnamenti e la testimonianza dei miracoli, in particolare il più grande di tutti: quello di essere risorto dai morti con la sua potenza divina.

4. “Gloria come di Unigenito dal Padre“. Il Verbo è detto l’Unigenito Figlio di Dio perché in lui e solo in lui c’è tutta l’essenza divina. È uguale al Padre. Non c’è niente nel Padre che non ci sia anche in lui. Per questo con il Padre è una cosa sola.
 
5. “Pieno di grazia“: tutta la grazia santificante e tutti i doni che lo Spirito Santo infonde nella mente e nel cuore degli uomini si trovano uniti in Gesù in tutta la loro perfezione.
In Gesù non c’era una grazia qualunque, ma la grazia capitale, la grazia del capo.
Tutta la grazia e tutte le grazie ricevute degli uomini in tutti i tempi sono racchiuse nell’anima di Cristo come nella loro sorgente.

6. San Tommaso, nel commento al Vangelo di San Giovanni, dice che queste parole possono avere un triplice significato.
“Primo: egli fu pieno di grazia non perché ricevette da Dio un dono gratuito speciale, ma perché egli stesso era Dio.
Secondo: perché nella sua anima ci fu la pienezza di tutte le grazie, senza limitazione alcuna. Infatti, secondo Sant’Agostino, come nelle varie membra del corpo c’è un solo senso comune a tutte, vale a dire il tatto, mentre nel capo ci sono tutti i sensi, così in Cristo, che è il capo di tutte le nature razionali e specialmente dei santi a lui uniti mediante la fede e la carità, si trovano in modo sovrabbondante tutte le virtù, tutte le grazie, tutti i doni. Negli altri santi invece c’è una varia partecipazione di doni e di grazie, anche se la carità è un dono comune a loro tutti.
Terzo: “perché compete a lui comunicare la grazia ad altri sia alle anime degli uomini, producendo in essi la virtù mediante l’infusione della grazia, sia meritando con l’insegnamento, le opere e le sofferenze della morte una grazia sovrabbondante per un numero infinito di mondi qualora esistessero”.


7. “e di verità“: di nuovo San Tommaso dice che fu pieno di verità in tre modi. 
“Primo, perché la natura umana in Cristo era unita alla stessa verità divina, ossia quell’uomo era la stessa verità divina. (…). Cristo, infatti, è la verità in persona. 
Secondo, perché la sua preziosa e beata anima conobbe fin dal momento del concepimento ogni verità, sia umana che divina come apparirà dalle parole di Pietro: “Signore, tu sai tutto” (Gv 21,17).
Terzo, Cristo fu pieno di verità in quanto attuò le figure dell’Antico Testamento e le promesse fatte ai patriarchi”.

8. Aggiunge San Tommaso: “Inoltre va denominato pieno di grazia perché il suo insegnamento e la sua compagnia erano gradevolissimi, come aveva profetizzato il salmo 44,3: di grazia sono soffuse le sue labbra. E Luca ci narra che “tutti di buon mattino andavano da lui” (Lc 21,3), ossia cercavano di avvicinarlo per tempo.
Ed era pieno di verità perché non insegnava in simboli e figure, né lusingava i vizi degli uomini; ma predicava apertamente la verità a tutti senza inganno. “Ecco tu parli apertamente” diranno i discepoli (Gv16,29)”.

9. Infine: “la legge fu data per mezzo di Mosé, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo” (Gv 1,17).
Mosè come ministro di Dio ci ha dato una legge che faceva conoscere il bene e il male, ma non dava la forza di fare il bene e di evitare il male.
Gesù invece ci ha dato la grazia rendendoci figli di Dio. Inoltre infonde in noi sentimenti di confidenza verso il Padre celeste e soprattutto ci dà la forza necessaria per poter in tutto compiere la volontà di Dio.

Ecco chi è Gesù Cristo, colui al quale per grazia di Dio andiamo dietro.
È l’orgoglio di noi cristiani. È quel tesoro nascosto di cui sentiamo l’esigenza di renderne tutti partecipi, tanto più che donandolo agli altri, non ne rimaniamo impoveriti, ma arricchisce ancora di più.

Ti benedico, ti auguro ogni bene e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo