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Quesito

Buonasera, Rev. Padre Angelo.
Sono Francesco e ho 20 anni.
Volevo avere delle delucidazioni sulla dottrina dell’Inferno e come avviene la condanna.
Ho sempre letto, non solo nelle sue risposte ma in generale in molti articoli, che sostanzialmente l’andare all’inferno è un’autocondanna.
Ma leggendo dei pezzi della “Summa contra Gentiles” di San Tommaso d’Aquino sembrerebbe non essere così, o perlomeno non solo.
Tommaso dice infatti che si tratta sì di un’autocondanna, ma che anche Dio fa la sua parte, assicurandosi che la pena che il condannato riceve sia giusta.
Lascio qui alcuni stralci che ho trovato in rete.
Le ho trovate in inglese, pertanto le ho tradotte con la funzione “Traduci” di Google e le ho copia-incollate qui sotto.
Vol III, Cap 145, N°1: “Coloro che peccano contro Dio devono essere puniti non solo con la loro esclusione dalla felicità perpetua, ma anche con l’esperienza di qualcosa di doloroso. La punizione dovrebbe corrispondere proporzionalmente alla colpa[…]. Nella colpa, tuttavia, la mente non solo è distolta dal fine ultimo, ma è anche impropriamente rivolta ad altre cose, che diventano fini. Quindi, il peccatore non deve essere punito solo con l’esclusione dalla sua fine, ma deve essere punito anche patendo dolore da queste altre cose” (…).
Vol III, Cap 145, N°9: “Con questo mettiamo da parte l’errore di alcune persone che affermano che Dio non punisce”.
Quindi da quello che mi pare di capire, per Tommaso è sbagliato dire che Dio non punisce.
Certamente si deve ammettere che la colpa è nostra, ma Dio si assicura che la punizione che il condannato riceve sia proporzionale al male compiuto.
Così come un salvato riceve il premio in base alle opere, lo stesso lo si dovrebbe dire per i condannati.
E questo sarebbe un bene, dato che la punizione data al condannato scaturirebbe dalla Pienezza del Bene che Dio rappresenta.
Dio è anche Giustizia Perfetta, quindi le punizioni che infligge ai condannati sono sommamente giuste.
La conseguenza di tutto ciò è che l’esistenza dell’Inferno, seppur di origine demoniaca e non divina, sia comunque accettata da Dio poiché magari conforme al suo Piano.
Ora, io non vorrei aver distorto ciò che ha detto San Tommaso e non vorrei aver detto cose contrarie alla retta dottrina, però mi sembra che il ragionamento sia questo.
Lei cosa ne pensa quindi? Ho letto in una sua risposta che a quanto pare “Dio non condanna, ma siamo noi che ci autocondanniamo”.
Pare però essere proprio ciò che San Tommaso non condivide.
È corretto quindi dire che Dio condanna e punisce coloro che devono ricevere la loro pena all’inferno?
La ringrazio per il suo ministero e pregherò per lei.
Francesco


Risposta del sacerdote

Caro Francesco,
1. si può dire che Dio punisce nel medesimo modo in cui se metto la mano sul fuoco mi brucio.
È legge di natura, ultimamente stabilita da Dio, che chi mette la mano sul fuoco si brucia.
Ma non possiamo dire che Dio l’abbia castigato. È una sentenza intrinseca all’atto compiuto.

2. Non si può fare l’equazione dicendo: come Dio salva, così Dio condanna.
Perché la salvezza consiste nell’essere assunti ad una vita soprannaturale e divina, al di sopra della nostra portata. Nessuno può arrivarci da solo, ma solo chi accoglie l’azione di Dio.
Per andare all’inferno, non è necessaria l’azione divina. È sufficiente che la si rifiuti, che ci si separi da lui.

3. Per questo il Catechismo della Chiesa Cattolica parla di auto esclusione (cfr. CCC1033).

4. È vero che parlando del giudizio universale Gesù dichiara che ai dannati verrà detto: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (Mt 25,41).
Chi, però, ha preparato il fuoco eterno?
San Tommaso riferisce il pensiero di Origene il quale afferma che “Dio non ha fatto le pene per gli uomini, ma essi stessi si procurano la morte con le loro mani”.
Il fuoco eterno, dunque, è la pena che gli angeli ribelli si sono preparati da se stessi, ed è la pena che gli uomini si preparano da se stessi quando rifiutano la comunione con Dio.

5. Circa la condanna che verrà comminata ai dannati vanno ricordate le parole del Signore: “Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3,17).
E ancora: “Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno” (Gv 12,47-48).
Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi?” (Rm 8,34). 

6. Gesù dunque non condanna. È pura salvezza.
La perdizione non viene decisa da lui, ma da chi decide di rifiutare la sua comunione.
Questa autopunizione o autoesclusione è secondo giustizia. È intrinseca al rifiuto di Dio.
Non c’è bisogno che il Signore aumenti il castigo per chi si autoesclude.
Anche San Tommaso quando parla dei castighi di Dio usa il linguaggio antropomorfico, lo stesso linguaggio usato da Gesù e presente abbondantemente nella Sacra Scrittura.

7. Piuttosto, dice San Tommaso, la sua misericordia si esprime anche nei confronti dei dannati perché non vengono puniti quanto meriterebbero.
Ecco che cosa dice: “Dio per parte sua ha misericordia di tutti: siccome però la sua misericordia è regolata secondo l’ordine della saggezza, non si estende a coloro i quali si sono resi indegni di riceverla, come sono appunto i demoni e i dannati, che sono ostinati nel male. 
Tuttavia si può dire che anche verso costoro viene usata la misericordia, in quanto sono puniti meno di quanto meriterebbero: mai però al punto da essere del tutto liberati dalla pena” (Supplemento alla Somma teologica, 99,2, ad 1).
E ancora: “Poiché la pena non verrà eliminata del tutto, ma mentre essa perdura la misericordia interverrà a diminuirla” (Ib., ad 2).

Ti ringrazio di cuore per la preghiera che mi hai assicurato. La contraccambierò tra breve nella celebrazione della Santa Messa e nella recita del Santo Rosario.
Ti auguro ogni bene e ti benedico.
Padre Angelo