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Quesito

Caro Padre Angelo,
Ho letto che in confessione non si è tenuti a dire i peccati che non si è commessi con certezza, e che non si assolve abitualmente da peccati dubbi: che cosa significa con certezza? In un’altra rubrica mi pare di aver letto di confessare i propri peccati dubbi, perché se si confessa qualcosa che non si è commesso, allora è tanto meglio. Mi può chiarire questa contraddizione?
La ringrazio per la Sua pazienza, e Le chiedo sempre di ricordare me e i miei cari nelle sue preghiere
Francesco


Risposta del sacerdote

Caro Francesco,
la certezza esclude il dubbio. Qui evidentemente ci si riferisce a quella certezza che in teologia si dice morale, per la quale uno agisce secondo i criteri normali della prudenza. Ad esempio: prendo il treno per andare in un determinato posto per lavorare. Non ho la certezza assoluta che il treno arrivi puntuale. Vi può essere un imprevisto… Ma non mi può essere fatta causa di essere arrivato in ritardo perché da parte mia ho fatto quello che comunemente si richiede per arrivare puntuale.
Circa ancora i dubbi relativi alla confessione:
Il dubbio può riguardare il peccato in tre modi: se è stato commesso; se sia grave; se, commesso e grave, sia già stato confessato.
Se si dubita che il peccato sia stato commesso: non si è tenuti a confessarlo sia perché il Concilio di Trento obbliga a confessare i peccati di cui si ha coscienza (e si presume “certa”, perché la coscienza è un giudizio, non un’opinione) sia perché non si dà regolarmente l’assoluzione di un peccato dubbio.
Tuttavia, poiché la situazione di dubbio non è ottimale, si è tenuti in qualche modo a chiedere consiglio se sia lecito compiere determinate azioni, per evitarle, in caso negativo.
Se il dubbio riguarda la gravità del peccato commesso o se sia già stato confessato: comunemente molti autori pensano che non sia necessario confessarlo. Questo è il criterio seguito da P. Palazzini e da molti altri moralisti (cfr. p. palazzini, Vita sacramentale, parte II, pp. 72-74). Infatti “Lex dubia non obligat” (la legge dubbia non obbliga).
Siccome però la situazione di dubbio non è la migliore e la nostra mente per sua natura desidera veder chiaro in ogni situazione, si può tenere la sentenza di San Tommaso, il quale dice: “Quando uno è nel dubbio che un peccato sia mortale, è tenuto a confessarlo, finché è nel dubbio. Tuttavia egli non deve asserire che il suo peccato è mortale, ma parlare in forma dubitativa, lasciando il giudizio al sacerdote cui spetta distinguere ‘‘tra lebbra e lebbra’ (Dt 17,8)” (Somma Teologica, Suppl. 6,4, ad 3).

Ti ringrazio delle preghiere che contraccambio, ti saluto e ti benedico
Padre Angelo