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Quesito

Caro Padre,
questa domenica mi sono confessato, per necessità, da un prete non appartenente alla parrocchia che frequento, con il quale non mi ero mai confessato precedentemente. E lui mi ha assolto dicendo solo “E io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (almeno che le altre parole non siano state pronunciate in maniera talmente flebile da non averle sentite mentre recitavo l’atto di dolore, ma mi pare improbabile).
Dato che in un quesito precedente ha detto che, per un sinonimo, l’assoluzione rimane valida, anche nel mio caso non ci sono problemi?
Inoltre, egli non mi ha dato neanche la penitenza in preghiere particolari come fanno di solito gli altri sacerdoti… mi ha detto solo di impegnarmi nella vita di preghiera per ricevere la pazienza adatta ad esser buono con gli altri (avevo accusato infatti di aver reagito male con il mio prossimo)… e sinceramente sembrava più un consiglio, che una penitenza… lei che ne pensa? A me quest’ultima cosa è venuta in mente dopo, a cena, sennò sarei tornato a chiedere delucidazioni.
Io comunque, personalmente le dico che ho sentito la stessa pace della confessione di sempre. Ma per sicurezza preferisco sapere di che parere è lei.
La saluto affidando alla Madonna anche la sua ripresa nell’attività scolastica
Lorenzo


Risposta del sacerdote

Caro Lorenzo,
l’assoluzione è valida perché ha pronunciato le parole necessarie ad validitatem.
Può darsi che abbia pronunciato le altre sottovoce mentre tu dicevi l’atto di dolore.
Oppure può darsi anche che abbia proferito solo le parole necessarie ad validitatem. E se c’è un giusto motivo, questo è consentito.
Non devi pertanto farti scrupolo.
Inoltre, è vero che non ti ha dato la penitenza, ma puoi prendere il consiglio che ti ha dato come penitenza. E vedrai che si tratta di una penitenza abbastanza impegnativa. Forse il Signore ti vuole parlare anche in questo modo.

Ti ringrazio degli auguri che ricambio per i tuoi studi.
Ti accompagno con al preghiera e ti benedico.
Padre Angelo