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Quesito

Caro Padre Angelo,
Mi chiamo Pietro, con la certezza che lo Spirito Santo mi ha permesso di scriverLe per la prima volta Le pongo un quesito che  mi aiuterà, con spirito caritatevole, nella conoscenza della Verità.
Nelle dispute, sulla castità sacerdotale dei preti, in cui spesso mi ritrovo e che tale castità io difendo in modo schietto e aperto, gli interlocutori si gonfiano affermando che la Sacra Scrittura non cita nulla a proposito dell’obbligo della castità sacerdotale, dando chiaramente ad Essa una interpretazione erronea e strumentalizzando la Stessa per il proprio tornaconto anticattolico.
Le chiedo, umilmente, quale parte della Sacra Scrittura è da leggere ed interpretare affinché dia luce al nostro intelletto a tal proposito.
Le sono grato per l’eventuale risposta.
Un caro saluto in Gesù e Maria, penserò a Lei nelle mie preghiere.


Risposta del sacerdote

Caro Pietro,
1. non vi è un passo preciso della sacra Scrittura dove si parli della castità o celibato dei sacerdoti.
Per questo si dice giustamente che il celibato sacerdotale non è di diritto divino, ma di diritto ecclesiastico.
Ne è prova il fatto che nella Chiesa cattolica orientale vi sono preti uxorati e cioè sposati.
Ma la Chiesa latina (non tutta la Chiesa cattolica è di rito latino) per disciplina ecclesiastica vuole che i sacerdoti o preti siano celibi.

2. Questa disciplina ha dalla sua parte ragioni molti forti, che hanno radici nella Sacra Scrittura.
La prima ragione è questa: Gesù non era sposato nel senso comune del termine.
Gesù non è stato di più per qualcuno che per altri. Se fosse stato stato sposato sarebbe appartenuto di più alla moglie e ai figli.
È venuto per essere di ognuno e di tutti in maniera totale e indivisibile.
Il sacerdote, che all’interno del popolo cristiano è immagine viva di Gesù, è chiamato col proprio comportamento a rendere visibile l’esemplare (Cristo) anche attraverso la verginità, castità o celibato. È a disposizione di tutti, senza distinzioni. Non appartiene più a qualcuno che a qualcun altro. Ogni fedele su questo può e dovrebbe contarci.

3. I primi cristiani questo l’hanno capito.
Così come i primi cristiani hanno capito l’insegnamento del Signore quando ha detto che alcuni si rendono incapaci al matrimonio da se stessi per il Regno dei cieli.
L’espressione “Regno dei cieli” significa Lui.
Allora alcuni fin dall’inizio non hanno preso moglie per stare uniti al Signore e per la sua causa.

4. Era questo il motivo per cui San Paolo nella prima lettera ai corinzi dice: “Io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo poi lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene unito al Signore senza distrazioni (…). In conclusione, chi si sposa fa bene, ma chi non si sposa fa meglio” (l Cor 7,32-35.38).
Come vedi, sono tre le motivazioni portate da San Paolo:
la prima: essere senza preoccupazione delle cose del mondo.
Ora si addice bene lo stato di castità nel sacerdote dal momento che il suo compito è quello di essere “costituito a favore degli uomini tale nelle cose che riguardano Dio” (Eb 5,1).
E questo richiede in lui, più che ad ogni altro cristiano, un impegno continuo di distacco affettivo nei confronti dei beni di questo mondo per essere sempre e in tutto un “uomo di Dio” (1 Tm 6,11).
La seconda: per essere santi nel corpo e nello spirito e preoccuparsi delle cose del Signore.
Come non ricordare che già nell’Antico Testamento a Mosè non fu più concesso di tornare nella propria tenda (e cioè di avere rapporti coniugale con la moglie) perché il suo compito era quello di stare con il Signore, di parlare con lui a tu per tu come fa un uomo con l’amico suo e a intercedere a favore del suo popolo?
Ecco cosa scrive il testo sacro: “Quando ebbe termine la rivelazione del Sinai, Dio permise agli ebrei di ritornare alle loro tende” (Dt 5,30) e di riprendere a unirsi con le loro donne. Fu allora che Mosé domandò: “Questo comando vale forse anche per me?”. E Dio rispose: “No, tu resta qui con me” (Dt 5,30). Come dire: continua a rimanere separato dalla moglie.
La terza: per stare unito al Signore senza distrazioni. Dirà San Paolo: “Se prendi moglie non pecchi. E se una vergine si è sposata, non ha peccato; ma tali persone avranno tribolazioni nella carne, e io vorrei risparmiarvele” (1 Cor 7,28).

5. Ecco perché la Chiesa fin dall’inizio ha visto tanti suoi ministri rimanere in stato di celibato per stare uniti al Signore e poi dal secolo quarto l’ha disposto anche come disciplina.
E questo perché il sacerdote sia un uomo totalmente dedito al Dio e al suo prossimo, senza divisioni nel cuore. E, condividendo la missione di Cristo, ne condivida anche il suo stesso genere di vita.

Ti ringrazio, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo