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Quesito
Buongiorno carissimo Padre Angelo.
Le chiedo dei chiarimenti riguardo qualcosa che ho letto e che mi ha lasciato in dubbio se credervi o no. Ho letto che la Chiesa cattolica proibiva al popolo di avere la Bibbia in casa, e addirittura, durante l’inquisizione, metteva al rogo chi pubblicava una Bibbia, come avrebbe fatto anche con William Tyndall. Tutto questo è vero? E se sì, quali furono le motivazioni che spinsero la Chiesa addirittura a condannare al rogo chi pubblicava una Bibbia?
Grazie in anticipo per la risposta.
Ave Maria
Gent.mo Padre Angelo Bellon,
ho sempre sentito dire, da più parti che prima del Concilio Vaticano II era sconsigliato, se non addirittura proibito, leggere la Bibbia.
La cosa, se ho capito bene, risale alle disposizioni del Concilio di Trento, tenutosi immediatamente dopo la scissione protestante. Lutero sosteneva che tutti devono leggere la Bibbia e interpretarla secondo la propria coscienza. E quindi la Chiesa Cattolica ha stabilito, in allora, che la Bibbia potevano leggerla solo persone formate (il clero ed altri con formazione adeguata).
Come stanno effettivamente le cose?
Risposta del sacerdote
Carissimi,
1. prima dell’invenzione della stampa era difficile che una persona possedesse tutta la Bibbia. Al massimo ne possedeva solo qualche libro.
In ogni caso la Chiesa non muoveva alcuna obiezione e si compiaceva che qualcuno potesse leggere e possedere qualche parte del testo sacro.
Il problema nacque con la stampa della Bibbia e con la traduzione nelle lingue locali e soprattutto da parte degli eretici.
Di fatto questi eretici erano i protestanti che interpretano la Bibbia secondo il criterio del cosiddetto “libero esame” con il rischio di interpretarla in maniera sbagliata.
Con il criterio del libero esame sono sotto gli occhi di tutti i frutti del protestantesimo che è suddiviso in tantissimi rivoli, ma tutti accomunati dall’errore fondamentale: ognuno interpreta le Sacre Scritture a proprio il talento con l’unico criterio di non interpretarla secondo quell’interpretazione che le hanno dato gli apostoli e che è conservata dalla Sacra Tradizione.
Questo è l’errore che separa i protestanti tanto dai cattolici quanto dagli ortodossi secondo i quali la Divina Rivelazione si è espressa non solo nella Scrittura ma anche attraverso la Sacra Tradizione, che le è antecedente.
2. È stato con l’invenzione della stampa e con la traduzione e la diffusione della Bibbia da parte degli eretici che il Magistero della Chiesa è intervenuto per mettere in guardia dalla lettura della Sacra Scrittura fatta in maniera soggettivistica, in particolare da alcune pagine dell’Antico Testamento.
3. Va ricordato che i protestanti facevano un’opera insistente di proselitismo.
Per questo nelle Regole Tridentine per la proibizione dei libri, confermate dalla costituzione Dominici gregis custodiae del 24 marzo 1564 si legge: “Le traduzioni dei libri dell’Antico Testamento potranno essere concesse solo a uomini dotti e pii, a giudizio del vescovo, purché tali traduzioni vengano usate come spiegazione dell’edizione della Volgata per comprendere la Sacra Scrittura e non invece come un testo in sé autosufficiente.
Le traduzioni del Nuovo Testamento fatte da autori condannati non siano concesse a nessuno, perché dalla loro lettura è solito derivare ai lettori ben poco di utilità, moltissimo invece di pericolo” (DS 1853).
4. Inoltre: “Poiché è manifesto per via di esperienza che, se si permette la sacra Bibbia dovunque senza discernimento in lingua volgare, a causa della temerità degli uomini ne consegue più un danno che è un vantaggio, su questo problema spetta al giudizio del vescovo o dell’Inquisizione stessa, concedere la lettura della Bibbia tradotta in lingua volgare da autori cattolici a coloro che su consiglio del parroco o del confessore da una tale lettura possono ricevere non un danno ma un accrescimento della fede e della pietà (DS 1854).
5. In un nuovo momento di forte proselitismo da parte dei protestanti Gregorio XVI nella prima metà del secolo XIX nell’enciclica Inter precipuas machinationes dell’8 maggio 1844 scrive: “Non ignorate quanta diligenza e sapienza occorrono per tradurre fedelmente in altra lingua le parole del Signore: niente è più facile succedere che il moltiplicarsi di gravissimi errori inseriti per frode o per ignoranza introdotti da tanti interpreti nelle versioni procurate dalle società bibliche (dei protestanti). Ma poco importa a dette società quali errori si bevano i lettori di siffatte versioni, perché a poco a poco si avvezzano a giudicare arditamente del senso delle Scritture, a disprezzare le tradizioni divine custodite diligentemente della Chiesa secondo la dottrina dei Padre e a ripudiare il magistero della Chiesa stessa” (DS 2771).
6. Oggi, grazie a Dio, è agevole per tutti procurarsi traduzioni della Sacra Scrittura approvate dal magistero della Chiesa. Tali traduzioni sono sempre corredate in maniera più o meno ampia da introduzioni e da note.
Per questo il concilio Vaticano II nella costituzione dogmatica Dei Verbum a proposito della Necessità di traduzioni appropriate e corrette dichiara: “È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla sacra Scrittura.
Per questo motivo, la Chiesa fin dagli inizi fece sua l’antichissima traduzione greca del Vecchio Testamento detta dei Settanta, e ha sempre in onore le altre versioni orientali e le versioni latine, particolarmente quella che è detta Volgata.
Poiché, però, la parola di Dio deve essere a disposizione di tutti in ogni tempo, la Chiesa cura con materna sollecitudine che si facciano traduzioni appropriate e corrette nelle varie lingue, di preferenza a partire dai testi originali dei sacri libri. Se, per una ragione di opportunità e col consenso dell’autorità della Chiesa, queste saranno fatte in collaborazione con i fratelli separati, potranno essere usate da tutti i cristiani” (Costituzione dogmatica Dei Verbum, 22).
7. E “Perciò è necessario che i chierici, in primo luogo i sacerdoti di Cristo e quanti come i diaconi o i catechisti si dedicano legittimamente al ministero della parola stiano in contatto con le Scritture mediante la sacra lettura assidua e lo studio accurato, affinché non diventi vano predicatore della parola di Dio all’esterno con lui che non l’ascolta dal di dentro (Sant’Agostino), mentre deve comunicare ai fedeli a lui affidati le sovrabbondanti ricchezze della parola divina specialmente nella sacra liturgia” (Dei Verbum, 25).
Con l’augurio che la parola di Dio diventi il nutrimento quotidiano della vostra vita spirituale vi benedico e vi ricordo nella preghiera.
Padre Angelo