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Quesito
Caro padre Angelo,
solitamente mi trovo impegnato a rispondere alle obiezioni mosse alla fede cattolica da parte di persone non credenti, ma in alcune circostanze non riesco a spiegarmi bene, e quindi non riesco a dare una spiegazione chiara di certi aspetti. Vorrei sottoporle altri due argomenti ai quali non riesco a dare spiegazioni esaurienti:
Mi si dice che la scienza è il mondo della dimostrazione, mentre la religione è il mondo dell’indimostrabile, e che quindi è aleatorio e puramente atto di fede. Come posso spiegare che anche la filosofia e la teologia è un ambito in cui esiste l’incontrovertibilità?
Per ultimo vorrei chiederle se conosce un documento intitolato “quia quorundam”, di Giovanni XXII, nel quale secondo molti detrattori viene definita “dottrina del diavolo” l’infallibilità pontificia, mentre secondo altri si cambia una definizione di fede data da un predecessore del pontefice, riguardo la disputa sulla povertà evangelica, confutando implicitamente l’infallibilità del pontefice.
Confido in una sua risposta..
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. forse c’è un equivoco nella prima domanda, perché si pensa che sia dimostrabile tutto ciò che cade sotto i sensi.
Ma vi sono tante realtà che non cadono sotto i sensi e che sono incontrovertibili e dimostrabili con logica ferrea.
Pensa agli argomenti riguardanti l’esistenza di Dio o anche ad alcuni suoi attributi. È sufficiente il ragionamento e l’uso della logica.
2. Inoltre tante verità di fede hanno un dato incontrovertibile in ciò che si apprende dai sensi e dalle testimonianze della storia.
Quando san Tommaso porta le prova dell’esistenza di Dio inizia sempre così: certum est et sensu constat (è certo e consta ai sensi). Poi da questi dati, attraverso la logica e il ragionamento, giunge alla conclusione.
3. Richiamandosi al decreto Exiit qui seminat di Niccolò III del 14 ag. 1279, dove si legge: “Affermiamo che una tale rinuncia, sia privata che comunitaria, per amore di Dio alla proprietà di tutte le cose è meritoria e santa: anche Cristo t’insegnò con la sua parola e la confermò col suo esempio, mostrando la via della perfezione” alcuni dicevano che doveva considerarsi eretico chi affermava che Cristo aveva posseduto qualcosa.
Giovanni XXII nella bolla Quia quorundam sostiene la tesi contraria e lo fa anche con la Costituzione Cum inter nonnullos del 12 nov. 1323. È sciocco opporre i due documenti papali per negare l’infallibilità del papa. È innegabile che Cristo e gli apostoli abbiano avuto una cassa in comune. Giuda era l’incaricato, come emerge dal vangelo. Ma è altrettanto innegabile che il Signore ha avuto perfetto distacco dai beni di questo mondo.
4. I due papi trattano del medesimo argomento sotto due profili diversi. Nicolo III sotto il profilo del perfetto distacco. Per cui anche se c’era una cassa in comune nessuno osava dire che qualcosa gli apparteneva.
Giovanni XXII, Vangelo alla mano, vuole insegnare che non è contrario all’insegnamento e all’esempio di Cristo possedere alcuni beni almeno per provvedere ai bisogni immediati, tra i quali c’era anche quello di dare abbondati elemosine. Pur possedendo qualcosa in comune, vivevano in perfetto distacco.
Ecco che cosa il dice il papa:
“Dal momento che presso non pochi maestri della scuola capita spesso che venga messo in dubbio se si debba considerare eretico l’affermare con pertinacia che il nostro Redentore e Signore Gesù Cristo e i suoi apostoli, non hanno mai posseduto nulla, né in privato e nemmeno in comune, a coloro che pensano cose diverse e anche contrarie in ordine a questo:
Noi, desiderando porre fine a questa disputa, secondo il consiglio dei Nostri fratelli, con questo editto di carattere generale, dichiariamo che una tate pertinace affermazione, da questo momento in poi, dovrà essere ritenuta erronea ed eretica, – dal momento che contraddice chiaramente la sacra Scrittura che in parecchi luoghi afferma che costoro hanno posseduto alcune cose… –.
E così anche, per l’avvenire, (deve essere ritenuto erroneo ed eretico) affermare con pertinacia che al Redentore nostro sopra nominato e ai suoi Apostoli non sia spettato in alcun modo il diritto di usare quelle cose che la sacra Scrittura attesta che essi stessi possedevano, e che essi non abbiano avuto neppure il diritto di venderle o donarle o anche di acquistare con queste altre cose, e questo invece, in riferimento alle cose suddette, la sacra Scrittura attesta che loro stessi hanno fatto, o afferma chiaramente che avrebbero potuto fare;
dal momento che una tale affermazione include in modo evidente un comportamento e azioni degli stessi, nelle cose prima dette, non conformi a verità…
dichiariamo, secondo il consiglio dei Nostri fratelli, che questa stessa pertinace affermazione, dovrà essere ritenuta a buon diritto, d’ora in avanti, erronea ed eretica” (DS 930-931).
Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo