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Quesito

Gentilissimo Padre Angelo,
ieri sera, parlando con una cara amica credente, molto sensibile alla tematica matrimoniale e, con suo grande dolore, abbandonata dal fidanzato a pochi mesi dalle nozze già fissate, mi ha posto la solita domanda, che effettivamente mi ha lasciato un pò turbato, non soltanto per non avere i mezzi per rispondere, ma soprattutto nel timore di essere poco comprensivo nei confronti di chi potrebbe subire la situazione descritta.
La domanda è questa: perchè una moglie, od un marito, se vengono abbandonati dal proprio coniuge, traditi, maltrattati, percossi o violentati, non potrebbero contemplare l’opportunità del divorzio e quindi cercare di trovare la serenità con un’altra persona.
Effettivamente, quando non c’è reciprocità nella colpa (e accade spesso, specie per le sbandate di certi uomini) perchè la sofferenza dell’altro deve protrarsi per tutta la vita?
Grazie per la preziosa risposta.
Un caro saluto,
Lorenzo


Risposta del sacerdote

Caro Lorenzo,
1. la cosa che dobbiamo tenere sempre presente anche quando si parla di matrimonio è l’obiettivo.
E l’obiettivo è la santità, la piena conformità dei nostri sentimenti con quelli di Cristo.
Se si dimentica l’obiettivo, i conti non tornano più. E allora di fronte a domande: perché dopo aver fallito un matrimonio, uno non può ricostruirsi una nuova vita? c’è il rischio di dire semplicemente: perché non si può. E questo è moralismo.
Ora quando un uomo e una donna si sposano davanti all’altare si impegnano in un cammino di santità e si dicono l’un l’altro apertamente e pubblicamente che intendono essere con il loro comportamento l’immagine viva dell’amore di Dio per l’uomo e di Cristo per la Chiesa.
E come Dio dona tutto se stesso a ogni persona, così anche nel matrimonio i coniugi fanno la stessa cosa l’uno verso l’altro.
In questa donazione reciproca c’è una sorta di esproprio. Ci si dona totalmente, al punto che nei singoli non rimane alcun appiglio per una possibile revoca del dono. Si è dell’altro nella buona e nella cattiva sorte.
Può succedere che la Chiesa sia infedele al suo Sposo. Ma Cristo rimane fedele e continua a donarsi a lei, anche se questa rifiutasse il suo amore.
Così anche nel matrimonio. Capisci che se fosse possibile “rifarsi una vita”, come intende la gente, il sacramento verrebbe espropriato del suo contenuto. Rimarrebbe solo una formalità (e purtroppo forse per molti è così).
Per sacramento s’intende un segno sacro. E gli sposi con le nozze cristiane intendono essere l’uno per l’altro un segno sacro, visibile, tangibile dell’amore fedele e indissolubile di Dio per l’uomo e di Cristo per la Chiesa.
Questa loro volontà viene sigillata dalla parole di Cristo: “E l’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto” (Mc 10,9).
Penso che questo corrisponda anche alla volontà dei coniugi almeno nel giorno delle loro nozze. Sicché se uno per caso dicesse: “io ti lascerò”, l’altro risponderebbe: “io invece non ti lascerò mai. Mi dono a te per sempre e la mia volontà rimane irrevocabile”.
È perseverando per questa strada che ci si rende conformi ai sentimenti di Cristo e si attinge la santità.

2. Come vedi, caro Lorenzo, ti ho portato motivazioni evangeliche mescolate a motivazioni umane. Questo fa capire che la cosa è comprensibile anche al di qua del Vangelo.
Ma ci vuole una forza evangelica e soprannaturale per rimanere fedeli anche quando l’altro diventa infedele. Ma è così che si conosce attraverso l’esperienza della propria vita come sia fatto l’amore di Dio per l’uomo e l’amore di Cristo per la Chiesa.
Si tratta di un percorso difficile, ma certamente meritorio e santificante.
Tu mi dici: ma una persona deve vivere così nella sofferenza per tutto il resto della vita?
No, non è così. Perché in questo percorso Cristo non abbandona e concede alla parte fedele illuminazioni, gioie e consolazioni che nessuna persona umana può dare. Il Signore rimane fedele alle sue promesse. E se un coniuge abbandona, Cristo non abbandona mai. Anzi si direbbe che la sua presenza diventi ancora più forte e più tangibile.

Ti ringrazio per il quesito, ti seguo con la preghiera e ti benedico,
Padre Angelo