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Quesito

Gentile Reverendo Padre Angelo Bellon
Un ultima domanda:
che differenza c’è tra bugia, restrizione mentale e dissimulazione? La menzogna non è mai lecita ed è un peccato: veniale o mortale.
Però mi viene in mente il caso di un poliziotto che si infiltra in un covo di banditi fingendo di essere uno di loro. E’ chiaro che in tale frangente è costretto a dire delle menzogne o almeno frasi a doppio senso, ma non penso possa essere un peccato in tale situazione.
La ringrazio in anticipo delle risposte.
Sarò felice di ricordarla nelle mie preghiere.
Distinti Saluti.
Marchesini


Risposta del sacerdote

Caro Marchesini
ti riporto quanto ho scritto nelle mie dispense a proposito della restrizione mentale, della simulazione e della dissimulazione.

1. Mentire non è mai lecito. Tuttavia vi sono situazioni in cui occultare la verità non solo è lecito, ma addirittura doveroso. È il caso in cui si fa uso della cosiddetta “restrizione mentale” che consiste nel cambiare dentro di sé il significato che la frase ha presso l’interlocutore.
Si distingue tra restrizione mentale stretta (quando assolutamente non è possibile, da ciò che si dice, conoscere la verità) e restrizione mentale larga (quando è possibile conoscere la verità che rimane solo velata).
La restrizione mentale stretta non è lecita ed è stata condannata dal S. Ufficio (DS 2126-2128).
È lecita invece la restrizione mentale larga. Non essendoci altro modo per esprimersi, si applica il principio del volontario indiretto: per un fine buono si tollera che dalla propria azione ne esca anche un effetto cattivo, inferiore all’effetto buono. Il Palazzini dice che in questo caso la restrizione mentale non è causa, ma occasione dell’inganno altrui.
I motivi della liceità sono i seguenti:
– la restrizione mentale larga non è una vera e propria bugia (ad esempio; la segretaria dice che il padrone non è in casa, sottintendendo che non può o non vuole ricevere);
– a volte è assolutamente obbligatorio celare la verità;
– sembra che Gesù Cristo abbia usato delle restrizioni mentali quando disse: “Nessuno, neanche il Figlio dell’uomo, conosce l’ora del giudizio” (Mc 13,22): qui è sottinteso che il Figlio non lo sa allo scopo di rivelarlo agli altri.
Perciò il confessore che viene interrogato su materia di confessione, deve rispondere di non sapere assolutamente niente. Intendendo dire che non sa nulla che possa rivelare. Così pure devono fare talvolta gli infermieri, i medici , gli avvocati…

2. I teologi ricorrono anche alla distinzione tra simulazione e dissimulazione.
Nel primo caso si tratta di indicare una finta res absens (cosa assente).
È il caso, ad esempio, di un poliziotto che simula di essere un malvivente. Non compie un’azione malvagia, ma la simula. E questo sotto il profilo morale non tale azione non è né bene né male come nel medesimo modo gli attori simulano di essere il papa, il re o tutto quello che si vuole.
La simulazione può identificarsi con una bugia, ma non sempre è così.
Giuda, ad esempio, ha compiuto una simulazione che era un’autentica bugia quando ha dato un bacio al Signore. La sua intenzione non era quella di manifestare affetto per Gesù, ma di farlo individuare e arrestare.
Il poliziotto, invece, che simula di esser un malvivente per arrestare i malviventi, compie un’azione per porre termine al male che il malvivente ha in animo di fare. L’azione, di suo neutra, viene specificata moralmente dal fine buono.
Nel caso della dissimulazione invece si tratta del nascondimento prudenziale di una res praesens (cosa presente). È il caso, ad esempio, del sacerdote che fa un segno di croce sul penitente per nascondere la negazione dell’assoluzione sacramentale, cosa che esporrebbe il penitente al disonore nei confronti di quelli che osservano i gesti del sacerdote.

Ti ringrazio delle preghiere promesse. Ci tengo.
Prometto di ricambiarle e ti benedico.
Padre Angelo

Sul dovere di dire la verità ai malati, cfr. il trattato di bioetica.