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Quesito

Caro Padre Angelo,
le scriviamo a proposito di una curiosità su cui a volte ci capita di discutere, a proposito delle persone con sindrome di Down o comunque gravemente handicappate. Ne conosciamo alcune, e guardandole in questa vita, capita di chiederci se risorgeranno sane. Da un lato, secondo me sì perché la malattia è un’imperfezione non voluta dal Signore; dall’altro, secondo mio fratello se risorgessero sane non sarebbero più la stessa persona, per cui risorgeranno perfette nell’amore ma con il corpo e l’intelligenza che hanno adesso. A me sembra che non sia giusto dire che “non sarebbero più la stessa persona”, come se l’identità venisse meno qualora non ci fosse più la malattia, perché una malattia non può essere essenziale per determinare l’identità di una persona, ma è solo una condizione in cui viene vissuta la vita. Secondo mio fratello, però, noi risorgeremo con questo corpo e non con un altro, e non è detto che quella che sembra imperfezione in questa vita lo sia anche nell’altra, dove saremo comunque perfetti nell’amore. Ci può per favore chiarire la questione?
Intanto la ringraziamo per questo sito che abbiamo scoperto da poco e soprattutto per la gentilezza con cui risponde a tutte le domande e per la vicinanza che sempre esprime a coloro che le porgono.
Emanuela e Francesco


Risposta del sacerdote

Carissimi Emanuela e Francesco,
devo dire che in questa disputa ha ragione Emanuela.

1. La divisione dell’anima dal corpo è dovuta alla ferita del peccato originale.
La risurrezione dei corpi si configura come la guarigione di una profonda e dolorosissima ferita.
In questa guarigione che per intervento dell’onnipotenza divina rimette insieme l’anima con il nostro corpo vengono eliminate anche tutte le penalità patite dal corpo a causa della ferita originale.
Chi è nato cieco non risorgerà cieco e chi è nato Down non risorgerà Down, ma avrà un corpo perfetto.

2. Ti trascrivo una pagina molto bella del Catechismo Romano (del Concilio di Trento) sull’oggetto della disputa con tuo fratello.
§ 135. Integrità del corpo risorto
“La risurrezione del corpo va intesa nel senso che, con esso, sarà richiamato in vita anche tutto ciò che appartiene alla realtà della natura corporea e tutto ciò che è esigenza del decoro e della completezza dell’uomo. Ecco come ne parla sant’Agostino: «Non vi sarà allora nei corpi ombra alcuna di difetto; se taluni in vita erano troppo pingui e grassi non riprenderanno l’intera mole del corpo, ma la parte superiore a quella ordinaria sarà considerata superflua. Al contrario, tutto ciò che la malattia o la vecchiaia avrà consumato nel corpo sarà riparato per la virtù divina di Cristo, come avverrà per coloro che fossero stati gracili o magri. Poiché Cristo non solo ci riparerà il corpo, ma reintegrerà pure tutto quello che ci fu tolto dalla miseria e dalla deficienza della nostra vita » (De civitate Dei, 22,19). E altrove lo stesso Agostino precisa: «L’uomo non riprenderà i capelli che aveva, ma quelli che converranno a lui secondo ciò che diceva Cristo: “Tutti i capelli del vostro capo sono numerati”» (De civitate Dei, 22,19).
In primo luogo, ci saranno ridonate tutte le membra del corpo, essendo esse parte integrante della natura dell’uomo. Chi perciò, per difetto di nascita o per malattia, fosse stato privo dei suoi occhi, gli storpi o gli zoppi o comunque i minorati risorgeranno con il corpo integro e perfetto; in caso contrario, infatti, non sarebbe soddisfatto il desiderio dell’anima di riunirsi al corpo, desiderio che tutti sappiamo con certezza che dovrà essere appagato.
È certo inoltre che la risurrezione dei corpi, come la loro creazione, va annoverata fra le più stupende opere di Dio. Come quindi all’inizio della creazione tutte le cose uscirono perfette dalle mani di Dio, così avverrà anche nella risurrezione finale. A proposito dei martiri, sant’Agostino scrive: «Essi non saranno privi di quelle membra; tale mutilazione sarebbe disonorevole per il corpo (i martiri che furono decapitati dovrebbero infatti risorgere senza la testa). Rimarranno però nelle loro membra le cicatrici gloriose della spada, più splendenti dell’oro e delle gemme preziose, come lo sono le cicatrici delle ferite di Cristo» (De civitate Dei, 22,19).
Questo vale anche per i peccatori, anche se le loro membra, nel caso specifico, siano state amputate per una colpa personale. L’acutezza, infatti, della loro sofferenza sarà in proporzione delle membra da essi possedute; perciò quella restituzione delle membra non ritornerà a loro vantaggio, ma a loro disgrazia e miseria. Il merito e il castigo non sono attribuiti alle membra, ma alla persona che le possiede; pertanto esse saranno integralmente restituite ai buoni in premio e ai cattivi in supplizio”.

3. Infine ecco il pensiero stringato di san Tommaso d’Aquino: “Tra i requisiti della beatitudine totalmente perfetta (quella del Paradiso) c’è anche la buona disposizione del corpo, sia come condizione previa, sia come conseguenza.
Come condizione previa poiché, al dire di S. Agostino [De Gen ad litt. 12, 35], «se il corpo è tale da rendere difficile e gravoso il suo governo, come lo è una carne che si corrompe e che aggrava l’anima, la mente viene distratta dalla visione del cielo supremo». Quindi conclude: «Quando questo corpo non sarà più animale, ma spirituale, allora l’anima sarà uguale agli angeli, e ciò che era un fardello sarà per lei una gloria».
Come conseguenza perché dalla beatitudine dell’anima deriva al corpo, per ridondanza, il raggiungimento della sua perfezione. S. Agostino [Epist. 118,3] infatti scrive: «Dio ha fatto l’anima di una natura così potente da far ridondare dalla pienezza della sua felicità il vigore dell’incorruzione sulla natura inferiore»” (Somma teologica, I-II, 4, 7).

Vi ringrazio per l’apprezzamento verso il nostro sito e mi complimento per le vostre dispute teologiche!
È bello tenere lo sguardo sollevato verso l’alto e contemplare le realtà future che ci attendono e costituiranno la nostra eternità.
Vi prometto un ricorso nella preghiera e mentre vi saluto cordialmente vi benedico.
Padre Angelo