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Quesito
Caro Padre Angelo,
le scrivo per commentare una sua risposta che mi ha lasciato parecchio perplesso. Mi riferisco alla domanda sulla pratica penitenziale del venerdì datata 23.02.2008 nella parte in cui dice:
“Ma al di là del precetto, c’è il significato particolare del venerdì, giorno in cui i credenti ricordano la passione e la morte del Signore e ravvivano la consapevolezza di dover completare nella propria carne ciò che manca alla passione di Cristo a favore della Chiesa.”
Con questa frase sembrerebbe che alla passione di Cristo possa mancare qualcosa, e ciò non renderebbe Cristo solo ed unico Redentore dell’umanità…
Da quel poco che so, noi, con le pratiche penitenziali e le nostre sofferenze partecipiamo a questa Sua passione come Chiesa e quindi come suo Corpo Mistico, guadagnandoci dei meriti per la nostra vita dopo la morte ed elevandoci spiritualmente durante la vita nel mondo terreno….
La pregherei di risolvere questo dubbio perchè l’argomento è assai rilevante e potrebbe creare confusione in chi legge.
La ringrazio ancora per la sua opera di evangelizzazione sempre costante e intensa.
Christian
Risposta del sacerdote
Caro Christian,
1. l’espressione da me usata è tratta direttamente da San Paolo il quale dice: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).
2. Ci si può domandare se manchi qualcosa alla passione di Cristo.
Da un punto di vista oggettivo non manca senz’altro niente. La passione di Cristo è stata più che sufficiente per la redenzione dell’uomo.
Cristo infatti ha compiuto l’opera affidatagli dal Padre (Gv 17,4) e ha attestato dalla croce che ha compiuto tutto (Gv 19,30).
3. Quando San Paolo fa questa affermazione non vuole dire che la passione di Cristo sia stata imperfetta o incompleta o che ad essa si debba aggiungere qualcosa.
Egli considera la Chiesa come un solo corpo (un corpo mistico) con il Signore. Di questo corpo Gesù è il capo e noi le sue membra.
Che cosa manca dunque?
Manca questo: che la passione, che per ora si è compiuta nel corpo fisico di Gesù, si prolunghi anche nelle sue membra.
E questa partecipazione alla passione di Cristo è meritoria non solo per il soggetto che soffre o fa penitenza, ma anche per le altre membra del corpo mistico.
San Paolo dice infatti che soffre a favore del suo corpo che è la Chiesa.
4. Occorre ricordare che Dio salva gli uomini non come un “deus ex machina”, ma attraverso la loro cooperazione personale e vicendevole.
Come nessuno viene al mondo senza la mediazione dei genitori, così analogamente nessuno entra in Paradiso senza la mediazione della Chiesa.
Il Signore ci chiama ad essere suoi collaboratori di Dio. San Paolo usa quest’espressione: “Siamo infatti collaboratori di Dio” (1Cor 3,9), “abbiamo inviato Timòteo, nostro fratello e collaboratore di Dio nel vangelo di Cristo” (1 Ts 3,2).
Dice Pio XII nella Mystici Corporis: “Mistero certamente tremendo né mai sufficientemente meditato, come cioè la salvezza di molti dipenda dalle preghiere e dalle volontarie mortificazioni a questo scopo intraprese dalle membra del mistico corpo di Gesù Cristo” (MC 42).
5. È vero che Cristo è l’unico Redentore.
Ma Cristo ci rende partecipi della redenzione: e non solo nel senso che la riceviamo, ma anche perché con le nostre penitenze ci facciamo ministri o canali dei meriti infiniti della sua passione.
Si tratta di un discorso analogo a quello della regalità di Gesù. Gesù è l’unico Re dell’universo. Ma vuole che tutti noi regniamo insieme con lui: “preparo per voi un regno” (Lc 22,29), “e regneranno nei secoli dei secoli” (Ap 22,5).
6. Come tu stesso osservi alla fine della tua e-mail “l’argomento è assai rilevante”. Lo è senz’altro per noi e per quelli che si salvano per la nostra cooperazione ai patimenti di Cristo.
Ti ringrazio di aver attirato l’attenzione di tutti su questo punto, ti ricordo nelle mie preghiere e ti benedico.
Padre Angelo.