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Quesito
Salve padre Angelo,
2- per secondo punto vorrei esporle delle affermazioni del prof. Yuval Harari che ha detto che se crede in Dio è perché lo dice il suo cuore, invece se non ci crede è perché il cuore non gli dice nulla.
Quindi le persone sono in ogni caso più fedeli alle loro emozioni che ad altro (tralasciando il fatto che il professore è ateo, infatti che detto che secondo lui le religioni sono nate dalla capacità della collettività di creare un qualcosa, e dice quindi che ogni religione è un mito).
Secondo me invece è semplicemente la reazione all’incontro con Dio, come quando un ragazzo vede la ragazza che ama sente qualcosa dentro. Un credente quando entra in contatto con l’Altissimo prova quel calore che si sente nella preghiera, quella sensazione che ti fa capire che nella stanza in cui preghi non ci sei solo tu, queste sensazioni sono la conseguenza all’incontro con Dio.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. il professore da te menzionato riduce la religione ad un fatto emotivo.
E questo è profondamente sbagliato.
Quanti pensatori sono giunti proprio con l’uso della ragione alla conclusione dell’esistenza di Dio.
Nel mondo pagano abbiamo i grandi filosofi come Platone ed Aristotele.
Platone parla di Dio come del bene sommo dal quale derivano tutti quanti gli altri beni. Tutti i beni, all’infuori di Dio, sono beni partecipati, vale a dire hanno una porzione di bene.
Ma proprio perché hanno una porzione di bene significa che non ce l’hanno da se stessi. Se ce l’avessero da se stessi, infatti, l’avrebbero in maniera somma, come nella sorgente c’è tutta l’acqua che scorre nel fiume.
Aristotele è giunto invece a parlare di Dio come di un motore immobile che dà la forza di agire a tutte le realtà da lui stesso create. Ne parla come di atto puro, senza potenzialità alcuna.
Quanti altri grandi pensatori sono giunti all’esistenza di Dio partendo dalla ragione. Pensiamo ad esempio a Kant, a Cartesio, indipendentemente dalle motivazioni che hanno portato.
Affermare che la religione sia un’invenzione dell’intelligenza umana significa dire che tanti grandi pensatori sono stati a dir poco dei creduloni. E questo non manifesterebbe certamente la loro grandezza
2. Ma aldilà di questo, come si può dire che l’emozione fa incontrare Dio se prima non si ha un concetto chiaro di Dio?
Se così fosse, ognuno potrebbe chiamare Dio ciò che vuole.
San Paolo dice che alcuni chiamano Dio il loro ventre (cfr Fil 3,19). Ma questa è follia, anche solo dal punto di vista razionale.
3. Inoltre va detto che alcune emozioni impediscono di conoscere Dio.
L’antico filosofo pagano Aristotele ricordava che le emozioni, anziché far vedere più chiara la realtà, talvolta la falsificano. Le emozioni infatti ingrandiscono l’oggetto che fa provare quella particolare sensazione. Nello stesso tempo un velo sul restante del reale.
Sempre Aristotele diceva che in base a quello che uno è, tali sono anche le sue vedute (in latino: qualis unusquisque est, talis finis videtur ei).
Alcune emozioni, come quelle legate alle impurità, rendono del tutto insensibili alle cose di Dio.
4. Allora si comprende quanto ha detto Nostro Signore: “E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie.
Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate.
Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3,19-21).
Ciò significa che la purezza della vita dispone dalla conoscenza di Dio.
L’impurità e altri vizi lo impediscono.
Per questo si legge nella Sacra Scrittura di alcuni che sono stati abbandonati da Dio all’impurità del loro cuore (cfr Rm 1,24).
5. Tu dando per buona l’affermazione di quel professore dici che la religione nasce dall’emozione che si prova dall’incontro con l’Altissimo.
Ma quali sono le emozioni per cui noi diciamo che quello è l’Altissimo? Potrebbe essere solo un’illusione.
Inoltre nella vita spirituale conosciamo questo fatto: tante persone che avanzano nella santità vengono purificate da ogni emozione sensibile perché stiano unite a Dio per se stesso e non alle emozioni.
Per questo nella dottrina spirituale si parla di notte oscura dei sensi e di notte oscura dello spirito.
Queste persone non provano nessuna emozione dinanzi a Dio. Però sono certissime della sua presenza, hanno sperimentato la dolcezza della comunione, ma al momento non provano più niente e talvolta si sentono addirittura da lui respinte.
6. Pertanto per eliminare ogni illusione e ogni soggettivismo per arrivare alla certezza dell’esistenza di Dio è indispensabile percorrere la medesima strada indicata da San Tommaso quando presenta le cinque vie.
San Tommaso inizia sempre così: “È certo e consta ai sensi che..”.
In altre parole, parte sempre da dati inoppugnabili, dei quali tutti possono essere certi perché consta ai sensi.
Non parte dalle emozioni.
7. Con questo non nego che esistano le emozioni spirituali che sono dolcissime per chi le prova, come attesta Sant’Agostino: “Con quanta mia consolazione mi fu tolto a un tratto il senso dei vani piaceri!
Quei piaceri che tremavo di perdere e che adesso mi era gioia il lasciare!
Infatti eri Tu che me li cacciavi via. Tu vera e somma dolcezza; me li cacciavi, e in cambio di essi entravi Tu, più soave di ogni piacere, ma non alla carne e al sangue; Tu più luminoso di ogni luce, ma più interiore di ogni segreto” (Confessioni, IX,1).
Con l’augurio che tu possa giungere ad una conoscenza sempre più lucida e nello stesso tempo sperimentale (affettiva) di Dio, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo