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Caro Padre Angelo,
al termine di una confessione, il catechismo insegna che rimangono in noi le cattive inclinazioni che precedentemente ci avevano portato al peccato, sono le cosiddette “scorie del peccato”. Per tale motivo è necessario far penitenza o in questa vita o in purgatorio. Per evitare questo è possibile sperare di ottenere dalla misericordia di Dio una completa remissione della pena attraverso una indulgenza plenaria.
Tutto ciò a peccati commessi e perdonati.
Se invece volessi combattere a monte l’attitudine a peccare? Quello che mi chiedo è: c’è un modo per attenuare in noi l’effetto della concupiscenza che ci induce a commettere i peccati, di qualsiasi specie e gravità?
Potrebbe essere l’abitudine a vivere in grazia?
Grazie per aver corrisposto con tanta disponibilità alla chiamata di evangelizzare sul web.
Le prometto un ricordo nel rosario che reciterò questa sera.
Carissima,
1. sì, c’è un modo per eliminare le inclinazioni al male ed è quello del combattimento contro le inclinazioni malate e bisognose di guarigione.
In teologia spirituale si afferma che è necessario purificare le inclinazioni disordinate perché “muovono in senso contrario alla carità” (S. Tommaso, Somma teologica, II-II, 24, 9), cioè alla santificazione.
A tale scopo si richiede un combattimento su diversi fronti.
2. Il primo combattimento spirituale deve avere per obiettivo l’eliminazione del peccato fino a provarne orrore.
È infatti un autentico abuso dei doni di Dio e come ogni abuso danneggia chi lo compie, come del resto dice anche la Sacra Scrittura: “Chi pecca, danneggia se stesso” (Sir 19,4).
In tal modo attua un disordine e talvolta anche uno sconvolgimento all’interno della persona.
Il peccato grave lascia privi della grazia di Dio e macchia l’anima.
Quello veniale fa perdere molte grazie e dispone a colpe più gravi dal momento che “chi disprezza il poco cadrà presto” (Sir 19,1).
3. Un secondo combattimento ha per oggetto le inclinazioni della nostra anima e questo perché in seguito al peccato originale hanno subito un disordine.
Ognuna infatti tende ad essere soddisfatta per se stessa senza tenere conto del bene integrale della persona, sicché facilmente si avverte in se stessi quanto diceva San Paolo: “Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto” (Rm 7,15).
Tale disordine viene rafforzato dai peccati personali, che predispongono ad altri peccati e facilmente alterano il giudizio di coscienza.
4. In particolare vi è da combattere la concupiscenza della carne e l’attaccamento al piacere.
Il grande filosofo greco Aristotele diecva che “il piacere massimamente corrompe il giudizio della prudenza, e specialmente il piacere venereo, il quale assorbe tutta l’anima e la trascina al piacere sensibile” (aristotele, Etica a Nicomaco, VI, 5, n. 5)
5. San Tommaso ricorda che sebbene tutte le facoltà dell’anima siano viziate dal peccato originale, tuttavia tre sono particolarmente colpite dall’infezione (Somma teologica, I-II, 83, 4) e sono quelle menzionate da Sant’Agostino: “la potenza generativa, il concupiscibile e il senso del tatto” (De civitate Dei, XIV, 20) a motivo dei “moti propri che sfuggono alla ragione” e che “muovono al massimo la concupiscenza” (Ib.).
6. A parte queste inclinazioni che sono nella sfera sensitiva dell’uomo, c’è un’altra inclinazione particolarmente malata.
Ed è l’amore per noi stessi, il quale amore in sé non è un male. Anzi, può essere uno stimolo a mettere a profitto degli altri i talenti ricevuti.
Ma spesso si presenta in maniera disordinata, come fosse l’obiettivo ultimo dell’uomo.
È qui che si insinua la superbia o vana gloria che è stata vista dagli autori spirituali come un piede che avanza (anche il riferimento al Sal 36,12: “non mi raggiunga il piede dei superbi”, non veniat mihi pes superbiae), che sale e si eleva per diventare il motore di tutto.
Questa inclinazione penetra anche nel compimento delle buone azioni e nell’esercizio delle virtù, sicché uno è tentato di inorgoglirsi anche della sua stessa umiltà! (S. Tommaso, Somma teologica, II-II, 162, 5, ad 3).
7. Un risvolto particolare del morire alla superbia consiste nel morire al proprio giudizio e alla propria volontà, consapevoli che i nostri pregiudizi ci impediscono di conoscere tutta la verità e che senza accorgercene portiamo il peso del tornaconto personale.
Il morire al proprio giudizio si accompagna con la purificazione attuata dalla fede.
San Tommaso dice che la purificazione del cuore è effetto della fede, la quale fa “vedere tutto dal punto di vista di Dio” (In Boetium, de Trinitate, 3, 1 ad 4) e perciò sente l’esigenza di liberarsi da pensieri e letture inutili, dalla curiosità, dalla dissipazione e dal disperdersi della mente, dai giudizi affrettati.
Circa il morire alla propria volontà San Tommaso afferma che “l’egoismo o l’amore disordinato di se stessi è all’origine di tutti i peccati” (Somma teologica, I-II, 77, 4).
Di qui procedono le tre concupiscenze di cui parla S. Giovanni (1 Gv 2,16): quella della carne, quella degli occhi, quella della superbia della vita, nelle quali si compendiano tutti i disordini.
8. Il terzo combattimento si attua con la fuga delle occasioni di peccato perché accendono le inclinazioni disordinate nel medesimo modo in cui la presenza del frutto accende il desiderio di gustarlo.
Di esse si serve il demonio per sedurre gli uomini con le medesime arti con cui sedusse i nostri progenitori.
9. C’è anche un’altra realtà, in se stessa buona, ma che può diventare un’insidia per chi progredisce nella vita spirituale ed è il cosiddetto fervore sensibile.
All’inizio della vita spirituale Dio suole comunicare alle anime di buona volontà un fervore sensibile: “Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia” (Os 11,4).
Ma spesso si va dietro al Signore solo per queste consolazioni sensibili e non ancora per amore puro verso di Lui.
Secondo San Giovanni della Croce (Notte oscura, 1, 2) sono rari i casi di morte velocissima a se stessi, di perfetta purezza di cuore, di fedeltà alla grazia e di docilità alle ispirazioni dello Spirito Santo.
La maggior parte conserva per molto tempo alcuni attaccamenti ai quali non sa rinunciare e rimane sempre con alcune nascoste inclinazioni disordinate, difficili da conoscere e ancor più difficili da sradicare.
10. Ecco quante inclinazioni malate vi sono nella nostra anima.
Tutte devono essere perfettamente guarite prima di entrare in paradiso perché nella Gerusalemme celeste non entra nulla d’impuro (Ap 21,27).
Ti ringrazio del Rosario che hai recitato per me.
A mia volta ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo