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Quesito

Caro Padre Angelo, sono Giuseppe.
Vorrei porle alcune domande per i miei dubbi sul fare del bene al prossimo.
Nel Vangelo di Matteo capitolo 5, Nostro Signore Gesù dopo le beatitudini dice di
1. Non voltare le spalle a chi ti chiede un prestito
2. Se qualcuno ti costringe a fare un miglio tu fanne due
3. Dai a chi ti chiede, ecc.
Se ho interpretato bene questi versetti, il Signore fa capire che noi dobbiamo fare sempre del bene ed essere sempre disponibili al nostro prossimo, ("chi vuole essere grande nel regno dei cieli si faccia servo del suo prossimo").
Padre mi aiuti a interpretare bene il modo di fare del bene al nostro prossimo, perchè io faccio molta confusione su questo e che il Signore mi perdoni se pecco su questo modo mio di pensare:
Io sia con i familiari sia con amici, cerco per quanto è possibile di essere sempre disponibile quando mi chiedono qualcosa, ubbidendo e mettendo in pratica (non riuscendo proprio in modo perfetto) quello che Nostro Signore ci ha insegnato.
Però il mio dubbio è questo: mi da fastidio fare del bene a persone che chiedono un piacere in modo malizioso, approfittandosi che uno non ha la forza di dire di no, e non lo chiedono perchè hanno veramente bisogno e si trovano con le spalle al muro, ma semplicemente perchè se ne approfittano. Come a chi chiede un pacchetto di sigarette dicendo che non ha soldi per comprarli e poi te ne accorgi che ne ha uno nascosto in un calzino).
Allora quando faccio del bene a queste persone (familiari o estranei che siano), non mi sento appagato in spirito, diversamente quando si
vede la gioia di una persona che ne ha avuto bisogno e gli hai fatto del bene, come si dice "c’e’ piu’ gioia nel dare che ricevere".
Anche se è sempre un’opera di carità, però io vedo una grande differenza fra il primo caso e il secondo. Mi sento come il cosiddetto proverbio che dice (scusi l’espressione): Non andrebbe avanti il "dritto" se non esisterebbe il "fesso", e io mi sento proprio (il secondo).
La prego Padre mi aiuti lei a capire e mi dia un consiglio su come comportarmi quando mi capitano queste prove.
La ringrazio di cuore per la sua disponibilità e preghi per me, io faccio altrettanto per lei (anche se sono un povero peccatore).
Che Nostro Signore Gesù la benedica e la protegga sempre.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. non dare nulla a chi ti chiede per strada se non sai che fine farà il tuo aiuto.
Non è lecito dare l’elemosina a chi per pigrizia non vuol lavorare.
Dice S. Paolo: “Chi non vuol lavorare, neppure mangi” (2 Ts 3,10).
Quello di San Paolo è un ordine che ci viene da Dio. Ognuno deve mantenersi col proprio lavoro ed essere in grado di far del bene agli altri.

2. È sbagliato alimentare in alcune persone il convincimento di poter vivere di accattonaggio.
Un conto è essere senza lavoro perché è stata chiusa l’azienda o si è stati licenziati per difficoltà economiche o anche perché si è profughi. E allora per queste persone ci si deve fare in quattro per aiutare loro e le loro famiglie.

3. Ma un altro conto è essere senza lavoro perché non si vuole lavorare e si è deciso di vivere esclusivamente in ordine al proprio egoismo senza dedicarsi a nessuno.
Che vita è quella in cui non si ama nessuno e non ci si dedica a nessuno?
Non pochi di quelli che chiedono per strada sono così. C’è da chiedersi: come potranno salvarsi se non amano e non si dedicano a nessuno?
Molto spesso sono persone che non hanno nessuna cura neanche della loro anima.

4. San Giuseppe Benedetto Cottolengo era generoso nelle elemosine.
Ma a quelli che gliele domandavano, per quanto si fosse nei giorni feriali e non festivi, chiedeva prima: sei stato a Messa oggi?
Se rispondevano no, diceva: “Vai nella tal Chiesa, ascolta la Messa e poi torna. Vedrai che ti tratterò bene”.

5. È interessante il commento di San Giovanni Crisostomo alle parole di Gesù: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40): “Non mi sembra che l’abbia detto in generale dei poveri, ma di quelli che sono poveri nello spirito, ai quali stendendo le mani aveva detto: “I miei fratelli sono quelli che fanno la volontà del Padre mio” (Mt 12,50). (…).
Il battesimo e la comunicazione dei misteri rendono fratelli” (Commento a Mt 25,40).

6. Identico è il commento di san Tommaso:
Sono fratelli quelli che fanno la volontà di Dio; così ha detto in Mt 12,48..
In questo va notato che deve essere dato ai buoni secondo quanto si legge in Sir 12,4: Fa’ doni all’uomo pio e non dare aiuto al peccatore.
E quando allora può essere dato al peccatore?
Quando è in estrema necessità, ma anche qui si deve dare prima ai giusti; per questo dice ai miei fratelli.
Molti infatti vengono, ma non sono fratelli di Dio. Dice a questo proposito San Giovanni: “Ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio” (1 Gv 4,3).

– Quindi, a parità di condizioni, dobbiamo fare del bene ai buoni.
Tuttavia nel momento del bisogno deve essere dato anche ai cattivi, non per favorire il peccato, ma per una necessità di natura.

– Allora tutti sono fratelli di Dio?
Sì; ma alcuni secondo natura, altri invece secondo la grazia.
Secondo la natura tutti sono fratelli: i buoni e i cattivi (san Paolo parla di pericoli derivanti da falsi fratelli, 2 Cor 11,26).
Secondo la grazia sono fratelli sono i buoni. In questo senso Cristo è il primogenito tra molti fratelli (Rm 8,29).
A questi principalmente si deve dare assistenza e soccorso. Per questo San Paolo dice ai Galati: “Operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede” (Gal 6,10)” (Commento a Mt 25,40).

7. Riepilogando, secondo san Tommaso a quelli che intendono vivere solo di accattonaggio, si deve dare solo in caso di estrema necessità.
Ed evidentemente per la loro sussistenza e non per le loro voglie (discoteca, droga, alcool, fumo e altro).
Per questo un antico scritto cristiano, la Didaké, dice: “La tua elemosina sudi sulla tua mano finché tu non sappia a chi la devi dare”.

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo