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Beato Giuseppe Girotti

1. Con atto solenne da parte della Chiesa il 26 aprile 2014 il padre Giuseppe Girotti viene posto sopra il moggio per illuminare con la sua esemplarità tutta la casa: l’ordine di San Domenico, la diocesi di Alba, la Chiesa tutta, il mondo intero.
Alba, in provincia di Cuneo (Piemonte), è la città dove padre Girotti è nato il 19 luglio 1905 e dove ha vissuto i primi quattordici anni di vita.
Terminata da poco la prima guerra mondiale, nel gennaio del 1919 entra nella Scuola apostolica dei domenicani della provincia di San Piretro Martire a Chieri (Torino). Qui, a Chieri, nel 1922 fa il suo noviziato e il 3 agosto 1930 viene ordinato sacerdote.
Successivamente viene inviato a Gerusalemme presso l’Ècole biblique dei domenicani francesi per perfezionare i suoi studi in scienze bibliche sotto la direzione del p. Marie-Joseph Lagrange, celebre biblista di cui è in corso il processo di beatificazione e fondatore di quella Scuola.
Terminati gli studi inizia il suo insegnamento presso i domenicani di Torino e anche presso i missionari della Consolata di questa città.
Nel 1936 subentra a p. Marco Sales, domenicano piemontese e Maestro del Sacro Palazzo (oggi viene chiamato: “teologo della casa pontificia”), nella continuazione del Commentario biblico interrotto con la sua morte.
L’esegesi di Padre Girotti è sulla stessa linea di quella del padre Sales, e cioè scientifica e spirituale insieme.
Pubblica un Commento ai libri Sapienziali nel 1938 e un altro al profeta Isaia nel 1941.

2. Il Commentario ad Isaia è preceduto da una lunga e poderosa introduzione che, si potrebbe dire, costituisce un autentico volume a parte.
Qui, ma anche nelle note del testo, si rimane costantemente colti da una duplice meraviglia: quella che nasce dalla vasta e straordinaria erudizione di Padre Girotti, autentico uomo di studio, e nello stesso tempo dallo spirito soprannaturale che pervade i suoi scritti.
Lo spirito del Padre Lagrange, alla cui scuola si era formato, sembra essersi trasfuso in pieno nel nostro padre Girotti.
Di padre Lagrange è stato scritto che “gli alunni venuti a Gerusalemme per ascoltare le lezioni di un maestro hanno scoperto che questo studioso era anche un uomo di preghiera, che viveva nell’andirivieni continuo e senza divisione dal laboratorio all’oratorio.
In questo modo praticare l’esegesi biblica secondo un’esigenza scientifica ha costituito per lui un cammino spirituale; in questo modo egli è stato veramente un esegeta alla ricerca di Dio” (b. montagnes, Marie-Joseph Lagrange, p. 10).
Noi non abbiamo conosciuto padre Girotti da vivo.
Ma l’impressione che lascia in chi legge i suoi Commentari è quella di uno studioso che vive la sua comunione con Dio e che intende portare il lettore alla medesima esperienza di vita.
Come per il padre Lagrange, anche per padre Girotti, secondo la tradizione propria dei domenicani, lo studio e l’esegesi biblica non sono semplicemente un lavoro di ricerca, ma un autentico ministero apostolico, perché la verità studiata non è una parola qualunque, ma una parola che spira e suscita amore: “est verbum, non qualecumque, sed spirans amorem” (s. tommaso, Somma teologica, I, 43, 5, ad 2).

3. Padre Girotti ha dovuto passare traversie dolorose negli anni del suo insegnamento come quelle da lui stesso accennate all’inizio e al termine della prefazione al Commento di Isaia.
All’inizio scrive: “Quei che seminan tra le lacrime, nel giubilo mieteranno (Salm. 125,5).
Abbiamo speranza che il Signore nella sua bontà verifichi almeno nell’altra vita la seconda parte della divina affermazione. È certo che la prima ha la sua piena realtà nella vita presente.
Questo volume esce appunto di mezzo alle molteplici e gravi tribolazioni colle quali il Signore ha voluto visitarci: solo per la sua misericordiosissima bontà e per l’efficacissima intercessione della Vergine Santissima, Consolatrice degli afflitti, si è potuto condurre a termine l’opera che ora presentiamo al pubblico, continuando il commento alla Sacra Scrittura del Rev.mo P. M. Sales”.
È bello notare come il padre Girotti non si sia perso in mezzo a quelle molteplici e gravi tribolazioni, ma abbia saputo scorgervi una visita di Dio.
E abbia potuto sperimentare con Giobbe che quel Dio che “fa la piaga e poi la fascia” (Gb 5,18) è poi intervenuto a suo favore in maniera prodigiosa e infinitamente misericordiosa.
E questo “per l’efficacissima intercessione della Vergine Santissima, Consolatrice degli afflitti”.
Questo Commentario, come egli stesso ha scritto, non sarebbe stato condotto a termine senza un intervento divino. E anche per questo possiamo considerarlo come un bel dono di Dio alla Chiesa, meritevole di essere messo nelle mani di molti.

4. Al termine della prefazione padre Girotti torna sulle sue vicissitudini e scrive: “Torino, Chiesa di S. Domenico, 20 giugno 1941, Festa della Vergine della Consolata che, anni or sono, in questo giorno benedetto, ci salvò da estreme angustie e ci fece il dono più prezioso, più bello, più grande che mai potessimo desiderare.
A Lei quindi è dovuto il presente lavoro e di fatto a Lei lo doniamo quale tenue espressione d’un immenso affetto”.
Sapremo di là quali siano state queste estreme angustie e solo di là potremo soddisfare la curiosità di sapere quale sia stato per lui il dono più prezioso, più bello, più grande che mai potesse desiderare che la Madonna gli ha fatto.
Ma sarebbe sufficiente questa chiosa per scoprire la delicatezza e la profondità dei suoi sentimenti, espressi costantemente con i fatti in quella grande carità che lo ha portato al martirio.
A posteriori viene da pensare che il Signore attraverso quelle estreme angustie lo abbia preparato a vivere la sua ultima passione iniziata il 29 agosto 1944 e conclusasi il 1° aprirle 1945 con un’iniezione letale la mattina di Pasqua, giorno della risurrezione.

5. Possiamo dire che quanto che ha detto ai suoi confratelli: “tutto quello che faccio è solo per carità” sia stato in qualche modo il filo conduttore della sua vita, del suo studio, delle sue lezioni e soprattutto della sua azione a favore dei perseguitati.
E lo ha fatto con una carità così grande che lo ha spinto durante la seconda guerra mondiale ad esporre ripetutamente, ogni giorno, la sua vita a favore di altri, soprattutto dei “numerosissimi israeliti” che ricorrevano a lui, come ha deposto l’avv. Salvatore Fubini (egli stesso discriminato a motivo della sua razza ebraica), “i quali senza il suo soccorso avrebbero trovato morte certa nei campi di concentramento”.
Traduceva così nella propria vita quanto imparava dal suo Maestro quando celebrava la Messa e quando studiava le Scritture, in particolare quando commentava le parole di Isaia sul Messia “È stato offerto perché egli stesso ha voluto” (Is 53,7): “Si spiega ora con qual cuore generoso, con quanto entusiasmo il Messia subisca per noi ogni sorta di tormenti: con piena libertà, con somma mansuetudine permette che lo strazi, lo si uccida senza che si difenda, senza opporre la più piccola resistenza”.
Il commento di Padre Girotti a questo versetto sembra la sintesi della sua vita e della sua opera.

6. Carlo Manziana, suo compagno nel campo di concentramento a Dachau, insigne liturgista e poi vescovo di Crema, disse di Padre Girotti: “Mentre il suo comportamento nel campo di Dachau non aveva nulla di eccepibile, ritengo che quello che ha caratterizzato la personalità di Girotti sia soprattutto il suo impegno nel salvare gli Ebrei. Ha confermato nella sofferenza quello che aveva anteriormente operato nell’esercizio della carità. Edificante come religioso e sacerdote, semplice, buono e umile, era dotato di un’intelligenza e competenza eccezionali”.
Un particolare molto significativo di quel lungo e duro periodo lo rivela un sacerdote piemontese, internato come lui, Don Angelo Dalmasso: “Una sera il famoso priore domenicano di Colonia, padre Roth, portò al suo confratello un piccolo supplemento di cibo, un pezzetto di formaggio. Padre Girotti mi chiamò in disparte e me lo consegnò dicendo: Prendi, tu sei giovane, ne hai più bisogno di me”.
Questa era la carità che nel cuore di Padre Girotti bruciava ogni imperfezione e lo rendeva gradito a Dio giorno per giorno quando abitava nel convento di san Domenico in Torino, prima ancora di essere deportato a Dachau.
Ha potuto dire con Cristo a favore di molti: “E per loro io consacro me stesso” (Gv 17,19).

7. Siamo contenti di pubblicare per intero in questo nostro sito “amicidomenicani” il dottissimo studio che padre Girotti premette al commento del profeta Isaia.
Stare giorno per giorno a contatto con questo suo scritto sia per noi come una “tenue espressione d’un immenso affetto” per Lui che ha dato la vita per Cristo e per i suoi fratelli con una carità eroica fino al sangue.
E sia per noi anche una quotidiana benedizione che riceviamo da questo nuovo beato e da questo nostro Confratello, ben consapevoli che i santi stanno davanti a Dio accompagnati dalle loro opere (Ap 14,13) che la misericordia di Dio mette per sempre a disposizione di tutti perché le rende eterne e universali.

fr. Angelo Bellon, o.p.