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Vergine, laica domenicana (1754-1836)

Donò tutta la sua vita al servizio di Dio e del prossimo.

Catherine Jarrige nacque il 4 ottobre 1754 in Alvernia (o Cantal) nel Sud-Est della Francia nel borgo di Doumis, parrocchia di Chalvignac diocesi di Clermont allora, ora diocesi di Saint-Flour.

Ultima di sette figli, ebbe tre fratelli e tre sorelle: una numerosa famiglia di agricoltori poveri. Per abitazione un’unica stanza a pianterreno e un granaio che doveva servire anche per dormire. Visse la vita dura di una bambina di campagna: lavoro nei campi e a casa. Non frequentò la scuola ma imparò a leggere poiché, più tardi avrà il suo libro di preghiere e la sua regola di terziaria domenicana. Fu una bambina gioiosa, spontanea, anche birichina, e scherzosa. Presto però, cioè all’età di nove anni, i genitori, a causa della loro povertà, la mandarono a servizio di famiglie più ricche: ella servì successivamente più padroni con una fedeltà, una laboriosità, un’intelligenza non comuni. Verso i dodici anni ricevette la prima Comunione, divenendo più seria e fervorosa nella preghiera.

A tredici anni rimase orfana di madre e possiamo immaginare come questo evento segnasse fortemente la sua adolescenza. Crescendo imparò il mestiere di merlettaia e, all’età di vent’anni, prese residenza a Mauriac insieme a due sorelle.

Aveva anche una grande passione per la danza caratteristica di quell’ambiente rurale: la bourrée. Non tralasciava una serata dove fosse possibile praticare il suo “hobby” Ad essa rinunciò subito e totalmente quando capì che il Signore la voleva al sua servizio: questa rinuncia fu uno dei più grandi sacrifici della sua vita.

Dio solo ormai era il suo canto e la sua gioia. Le restava il diminutivo dialettale con cui era conosciuta: “Catinon” a cui si aggiungeva ora quello di “Menette” cioè “piccola monaca”. Le “menettes” erano laiche che vivevano nel mondo secondo lo spirito della famiglia religiosa a cui si aggregavano.

Catherine facendo promessa di castità scelse il Terz’Ordine di S.Domenico, forse perchè portava il nome della grande Santa senese o perché il Parroco di Mauriac, Superiore del locale Convento di Suore Domenicane, le fece conoscere la famiglia domenicana, ma senza dubbio fu attirata dallo spirito evangelico apostolico di S. Domenico.

Il servizio dei più poveri non era il miglior modo di annunciare il Vangelo? Divenuta figlia di S. Domenico con la Professione definitiva nel Terz’Ordine, Catinon-Menette si mise all’opera: per sessant’anni i poveri, i malati, gli orfani, tutti gli infelici della zona di Mauriac furono i suoi veri padroni, perché in essi scorgeva il Volto sofferente di Cristo: li servì,  li nutrì, li curò, li vestì come avrebbe curato e nutrito il Cristo. Si manteneva col suo lavoro (artigiana nella confezione di merletti, dentelles) e poi trascorreva parte delle sue giornate a questuare presso la famiglie benestanti per soccorrere i poveri.

Mostrava con uno sguardo e un sorriso le due grandi tasche del suo grembiule e diceva allegramente: “Riempite,riempite!” oppure: “Non vi preoccupate! Io tornerò ancora!” Davanti ad un bambino povero, orfano o sofferente, non resisteva, lo portava in casa sua o in casa di persone amiche, lo rifocillava, lo rivestiva, gli donava quanto aveva prima di rimandarlo.

Presso i malati svolgeva il ruolo di infermiera e di accompagnatrice spirituale perché s’interessava nello stesso tempo della guarigione dei corpi e dei cuori. Fu veramente la “menette dei poveri” ma divenne anche la “menette dei preti” nel triste periodo delle Rivoluzione francese (1789/1799)

Agli inizi del 1791 i Preti che non avevano prestato giuramento alla Costituzione civile del clero, furono cacciati dai loro impegni pastorali, interdetti dalla predicazione e dall’insegnamento, discriminati in ogni modo. Quando la rivoluzione giunse effettivamente nella regione di Cantal, Catinon si impegnò in mille modi ad aiutare il Clero clandestino rimasto fedele all’autorità della Chiesa. Generosa ed ingegnosa, riusciva a fuorviare pericoli, ricorrere a strattagemmi, ad affrontare rischi.

Trovò dei rifugi nelle caverne quasi inaccessibili delle montagne della Dordogne, nelle case, nei granai, nei casolari. Nascose per diciotto mesi, in casa sua, due Preti, sapendo di rischiare come loro, la pena di morte, se fossero stati scoperti.

Salì e scese per i cammini impervi delle montagne, di notte come di giorno, d’estate come d’inverno, pur di portare ai Ministri di Dio alimenti, vestiti e il necessario per celebrare l’Eucarestia e gli altri Sacramenti. Accompagnò alla ghigliottina l’Abbé Francois Filiol di 28 anni, e ne raccolse il sangue, come i primi Cristiani raccoglievano il sangue dei martiri. Anche lei, l’anno dopo, fu arrestata e comparve in tribunale, ma fu liberata per mancanza di prove e per insurrezione popolare a sua difesa. Del resto non temeva di morire e diceva che sulla ghigliottina avrebbe ballato la “carmagnole”, come negli anni giovanili era stata abilissima nella danza.

I1 coraggio che dona lo Spirito di Dio alle anime forti, la sostenne e la guidò in ogni suo passo.

Passato il decennio della rivoluzione, continuò ad aiutare il Clero per ricostruire la Parrocchia di Mauriac dedicata alla Madonna dei Miracoli. E continuò la sua opera a beneficio dei più disagiati, compresa l’assistenza ai carcerati e la cura di seppellire gli abbandonati, prodigando altresì le sue cure ai malati dell’Ospedale di Mauriac. All’età di 82 anni, dopo un breve malattia, Dio la chiamò a Sè alle ore dieci di lunedì, 4 luglio 1836.

La salma venne rivestita dell’abito domenicano ed una folla immensa si recò a renderle omaggio. Ne parlò persino la “Gazzetta di Francia” Proclamata ora beata anche dalla Chiesa, Catinon-Manette danza la sua festa eterna dinanzi a Colui che ama chi dona con gioia, senza dimenticare quanti ancora si rivolgono a Lei per essere guariti nell’anima e nel corpo.

Fu proclamata beata da Papa Giovanni Paolo II il 24 novembre 1996.