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Quesito
salve padre,
adesso vorrei che mi delucidasse le idee sulla questione di accanimento terapeutico (la definizione la so). Ma nel caso concreto il discernimento è difficile: sicuramente se uno è malato terminale e si cerca di allungarli la vita con cure invasive senza prospettive questo è accanimento terapeutico.
Ma se una persona è in coma irreversibile da 10 anni e i medici dicono che non tornerà a vivere: il continuare a tenerla in vita è o non è accanimento terapeutico?
Come sempre la ringrazio
Luca
ps finalmente forse a natale mi regalo la somma teologica
Risposta del sacerdote
Caro Luca,
il caso da te proposto non è di accanimento terapeutico.
Dare a chi si trova in stato vegetativo persistente (quindi in coma) qualcosa per nutrirsi, per idratarsi e per respirare meglio non solo non è accanimento terapeutico, ma non è neanche “trattamento” terapeutico.
Anche tu ti nutri, ti disseti, respiri. E queste attività non le chiami “trattamento” terapeutico.
E questo non è “trattamento” terapeutico neanche se tu lo fai su un altro per aiutarlo.
Si tratta pertanto di cure o assistenze doverose, che non vanno mai omesse.
Tra l’altro, in sede medica molti cominciano a mettere in dubbio che chi si trova in stato vegetativo persistente non abbia alcuna forma di autocoscienza.
Il regalo natalizio che ti fai è ottimo. Complimenti!
Come sempre ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo